Alla fine lui muore
Alberto Caviglia
Giuntina euro 14
“Un divertentissimo flusso di coscienza, una riflessione lucida ed esilarante sulla sacralità del sentirsi sempre fuori posto” (Paola Minaccioni)
La copertina (Giuntina ed.)
Regista, sceneggiatore e autore satirico Alberto Caviglia ha il pregio di affrontare temi scottanti e di stringente attualità con una ironia spiazzante. Con il suo debutto alla regia, “Pecore in erba” del 2015, un esperimento estremo in cui emerge l’ipocrisia che genera pregiudizio, Caviglia affronta il tema dell’antisemitismo utilizzando la satira, mentre nel primo romanzo “Olocaustico” (Giuntina, 2019) ragiona in modo ironico e surreale sul ruolo fondamentale che la Memoria ricopre nell’epoca postmoderna, dando vita a un libro profondo e intenso. Riflessioni profonde e umorismo sono la cifra stilistica anche dell’ultima fatica di Alberto Caviglia, “Alla fine lui muore” (Giuntina, 2021) un romanzo che osserva con la consueta ironia la generazione di “giovani vecchi”, quella dei trenta/quarantenni che, scrive l’autore, “è incompresa sia dai giovanissimi, che sono molto più capaci di affrontare i nuovi tempi, più a loro agio col digitale, e quindi li considerano vecchi, e quella dei genitori, che in gioventù avevano avuto modo di trovare uno spazio, di costruirsi, di realizzarsi”. Duccio Contini, il protagonista di “Alla fine lui muore” è un giovane alla soglia dei trent’anni che dopo aver scritto un libro di successo, Il talismano del ghetto, apprezzato dai lettori e dai critici deve ora mettersi alla prova con un nuovo romanzo che confermi il suo talento di scrittore. Più facile a dirsi che a farsi. Perché Duccio si ritrova in un vero e proprio stallo, un blocco che non è solo creativo. Da qualche tempo infatti vive una condizione di apatia che permea ogni aspetto della sua esistenza: funestato da dolori lombari, insonnia, asma e mancanza di energia, una mattina si sveglia ritrovandosi vecchio! Come un qualsiasi Gregor Samsa che si sveglia trasformato in insetto. “…non pensavo che una cosa del genere potesse accadere davvero. E non pensavo che un avvenimento di quella portata potesse capitare proprio a me. Non pensavo che all’alba dei miei trent’anni, potessi già essere diventato vecchio”.
Una scoperta però che Duccio vede come un’opportunità e che gli fa capire che può fare a meno del successo e gli fa dire “Ma perché scrivere il libro del secolo? ...forse per impressionare quei quattro gatti che scrivono recensioni lusinghiere su un blog seguito principalmente dalle loro zie?” Da quel momento smette di affannarsi per “trovare il coraggio di essere vecchio” e incomincia a frequentare assiduamente la farmacia diventando amico del farmacista Carlo, si reca con un carrellino per la spesa a visitare i cantieri, mette a confronto tutte le religioni esistenti per scegliere quella cui affidarsi prima che sia troppo tardi e in un capitolo davvero esilarante Caviglia ci mostra il nostro eroe alle prese con la scelta della religione “migliore” come se si trattasse di un’offerta telefonica. Benchè ebreo Duccio non disdegna di frequentare l’oratorio e la messa dei cristiani; si informa su vari culti e “sfogliando il depliant dell’oltretomba” si imbatte, fra le altre, anche nella setta del “Grande Castoro” che, avvisiamo i lettori curiosi, tornerà in modo rocambolesco nelle ultime pagine del libro. Sentendosi ufficialmente vecchio il protagonista decide infine di pianificare il suo funerale che dovrà essere come una grande festa a Villa Miani, il tempio della ricca borghesia romana, cui invitare quegli amici e parenti che la sua nuova condizione di “vecchio”, desideroso di quiete e tranquillità, gli aveva fatto allontanare. Ma qualcosa scombina i suoi piani e quando ormai si era rassegnato a lasciare questo mondo un incontro inaspettato gli farà scoprire nuovamente il gusto per la vita. Peccato solo che arrivi troppo tardi perché “alla fine lui muore” …. oppure no? Anche se già il titolo è un simpatico spoiler le ultime pagine di questo libro esilarante e spiazzante sono tutte da scoprire.
Sotto la patina dell’ironia e del sarcasmo Alberto Caviglia trascina il lettore in un libro che è sì divertente e ci fa ridere ma è anche provocatorio per la capacità dell’autore di riflettere sulla generazione dei trenta/quarantenni di oggi che vivono un costante senso di inadeguatezza per tutte le aspettative e i condizionamenti sociali che li opprimono. Per contro Caviglia mette in ridicolo la generazione degli over sessanta che impadronitisi dei social network da TiK Tok a Facebook (come i genitori di Duccio completamente “assorbiti dalle loro identità digitali” tanto da essere citati con dei nickname) non riescono a vivere il loro status di persone “non più giovani” con il giusto senso della misura. Ancora una volta Alberto Caviglia fotografa con senso critico un pezzo della nostra società e dei tempi difficili che sta attraversando e riesce a raccontare con umorismo e intelligenza i vizi, le abitudini e le manie che fanno parte della vita di ciascuno di noi.
Giorgia Greco