L'iraniano accusato per l'attentato del 1994 all'AMIA di Buenos Aires dovrebbe affrontare la giustizia
Analisi di Emanuele Ottolenghi e Toby Dershowitz
(Traduzione di Yehudit Weisz)
A destra: Mohsen Rezaee
L’8 gennaio, un executive jet Dassault Falcon 900EX (numero di coda EP-IGC ) di proprietà del governo iraniano è decollato da Teheran, diretto a Ovest. A bordo dell'aereo c'era una delegazione iraniana in viaggio verso Managua, la capitale del Nicaragua, dove il dittatore locale, Daniel Ortega, due giorni dopo si sarebbe insediato come Presidente al suo quarto mandato. Ma questa non era una normale delegazione. Alla sua guida c'era Mohsen Rezaee, l'ex comandante in capo del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) e attuale vicepresidente per gli affari economici di Teheran, che ha contribuito a pianificare l'attentato del 1994 all'AMIA, il Centro Culturale Ebraico di Buenos Aires. È stato l'attacco terroristico più sanguinoso nell'emisfero occidentale prima dell'11 settembre, avendo causato la morte di 85 persone e avendone ferite altre 229. Le famiglie delle vittime stanno aspettando che giustizia sia fatta da ventotto anni. Rezaee deve stare in un'aula di tribunale, non ad un'inaugurazione presidenziale. I Paesi non dovrebbero dargli il benvenuto; dovrebbero arrestarlo. Nel 2007, l'Interpol aveva diramato un codice rosso emesso a nome di Rezaee per “omicidio aggravato e danni”, dopo che, nel 2006, l'Argentina aveva emesso un mandato d'arresto internazionale per il suo ruolo nell'attentato dell'AMIA. Nel 2019 anche l'Argentina lo aveva aggiunto alla sua lista di terroristi. Nel 2020, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti aveva sanzionato Rezaee. Nel 2019 Washington aveva definito l'IRGC come un’organizzazione terroristica straniera. Questi sviluppi potrebbero spiegare perché l'aereo di Rezaee abbia compiuto un viaggio tortuoso. Ha prima attraversato lo spazio aereo della Turchia e della Grecia, quindi ha sorvolato l'Italia meridionale, poi la Tunisia e l'Algeria prima di entrare nello spazio aereo della Mauritania. Dopo una sosta a terra di meno di due ore, il Dassault Falcon è decollato di nuovo. Destinazione: Caracas, Venezuela. La sua traiettoria di volo evitava accuratamente la Repubblica di Capo Verde. Da Caracas, l'aereo di Rezaee è volato a Managua, questa volta evitando lo spazio aereo della Colombia. Le stranezze della traiettoria di volo suggeriscono che Rezaee temesse che alcuni Paesi avrebbero costretto il suo aereo ad atterrare per arrestarlo. Un evento del genere avrebbe dei precedenti. Nel giugno del 2020, Alex Saab, colluso con il regime venezuelano incaricato del coordinamento per evitare le sanzioni nei confronti dell'Iran, era stato arrestato durante uno scalo tecnico a Capo Verde mentre si recava in Iran. Pochi mesi dopo, nell'ottobre del 2020, le autorità di Capo Verde hanno impedito l'atterraggio di un aereo cargo iraniano di proprietà dell'IRGC. La compagnia aerea stava probabilmente trasportando armi dall'Iran al Venezuela. Mentre scriviamo, i siti web di monitoraggio dei voli indicano che l’executive jet di Rezaee è ancora sulla pista dell'aeroporto internazionale di Managua. Ma la sua presenza a Managua è diventata di pubblico dominio e ha innescato la condanna del governo argentino. Il suo viaggio di ritorno, anche se senza scali, deve attraversare lo spazio aereo sovrano di numerosi Paesi dei Caraibi e del Mediterraneo. Molti sono alleati degli Stati Uniti. Tutti sono membri dell'Interpol. Gli negheranno i diritti di transito o lo costringeranno ad atterrare in modo che possa essere arrestato e finalmente affrontare il processo? Gli Stati Uniti, l'unico Paese con la capacità e i mezzi per produrre un tale risultato, useranno la loro influenza diplomatica per garantire che il viaggio di ritorno di Rezaee non avvenga mai? O l'amministrazione Biden, coinvolta attualmente in una corsa per concludere i negoziati sul nucleare con il regime clericale in cui presta servizio Rezaee, sceglierà di lasciarlo andare? L'Iran sta mettendo alla prova non solo la volontà degli Stati Uniti, ma anche quella della comunità internazionale. Se Rezaee potrà viaggiare impunemente, l'Iran cercherà di spostare ulteriormente i limiti e legittimare l'accusato nello stesso modo in cui lo ha fatto quasi impunemente nel fascicolo sul nucleare. È in gioco anche la credibilità dell'Interpol. Nei precedenti round diplomatici con Teheran, Washington ha sacrificato i principi e ha compromesso la giustizia, con scarsi benefici tangibili. Durante la corsa all'accordo sul nucleare del 2015 con l'Iran, ufficialmente noto come il Piano Congiunto d'Azione Globale, Washington ha rallentato e insabbiato le indagini contro le attività di narcotraffico e riciclaggio di denaro di Hezbollah in America Latina, sostenute dall'Iran, per paura di intralciare i negoziatori iraniani. Negli ultimi mesi, l'amministrazione Biden non è riuscita a imporre sanzioni risolutive contro l'Iran e a imporre conseguenze militari significative per le provocazioni iraniane contro le forze statunitensi in Medio Oriente. Criminali come Rezaee non dovrebbero ricevere un pass gratuito per il jet set. Che Nicaragua e Venezuela, due stretti alleati di Teheran e loro stessi regimi canaglia guidati da dittatori brutali, gli stiano dando carta bianca per viaggiare, c'è da aspettarselo. Ma gli Stati Uniti, e quelle nazioni che dovrebbero dargli il permesso di volare attraverso il loro spazio aereo, dovrebbero assicurarsi invece che un ricercato in fuga affronti la giustizia.
Emanuele Ottolenghi
Toby Dershowitz