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Bet Magazine Rassegna Stampa
06.01.2022 'Mai più': la Giornata della Memoria nel libro Ugo Volli
Recensione di Fiona Diwan

Testata: Bet Magazine
Data: 06 gennaio 2022
Pagina: 17
Autore: Fiona Diwan
Titolo: «Di che cosa parliamo quando diciamo 'mai più'»
Riprendiamo dal BOLLETTINO della Comunità ebraica di Milano, gennaio 2022, a pag.17, la recensione dal titolo "Di che cosa parliamo quando diciamo 'mai più' " di Fiona Diwan.

A destra: la copertina (Sonda ed.)

Vita e sogni, poesia e regole: l'etica della riconoscenza nel Talmud |  Kolòt-Voci
Fiona Diwan

Bisogna ricordare in maniera non notarile, non burocratica, non occasionale, non retorica, soprattutto non strumentale. Bisogna comprendere in profondità un fenomeno che coinvolge l’identità europea e occidentale ma anche quella islamica». Queste le parole con cui lo studioso Ugo Volli conclude la puntuale e appassionante disamina sul tema della memoria nel suo ultimo saggio, Mai più - Usi e abusi del Giorno della Memoria, Sonda, una riflessione illuminante che fa il punto su una delle ricorrenze più significative degli ultimi vent’anni. Inflazionato, inutile, esclusivista, celebrativo e retorico. Ma anche imprescindibile, doveroso, necessario, irrinunciabile... Negli ultimi anni il Giorno della Memoria è stato oggetto di critiche serrate e di difese appassionate, ne è stato messo in dubbio il senso e ne è stata ribadita la dolente necessità.

Ugo Volli racconta il teatro della politica
Ugo Volli

Volli riflette su uno degli appuntamenti civili e storico-politici più importanti di oggi con un testo chiarificatore e efficace che ne ricostruisce la genesi, ne analizza il senso, le derive, i significati profondi, le implicazioni, l’utilità e si interroga su che cosa sia adesso la memoria collettiva, che differenza vi sia tra il concetto di memoria ebraica, specie in merito alla Shoah, e quella corrente in Europa. Lo studioso ripercorre con appassionato vigore storico-filosofico e documentario le origini del Giorno della Memoria e il fatto che molti politici, pensatori, gente comune, percepirono «con urgenza drammatica una mancanza, un vuoto nella coscienza europea, un’ignoranza crescente, il senso di una rimozione, nonostante gesti clamorosi come la richiesta di scusa in ginocchio di Willi Brandt sulle rovine del ghetto di Varsavia, nel dicembre del 1970. “Di fronte all’abisso della storia tedesca - ha ricordato poi - e sotto il peso di milioni di esseri assassinati, feci quel che gli uomini fanno quando la parola viene a mancare”. Fu un gesto simbolico essenziale, che mancò in molti altri casi, per esempio in quello del genocidio armeno. Ma evidentemente esso era insufficiente e la memoria del male andava rafforzata e istituzionalizzata perché la sua condanna restasse attuale. Per questo è nato il Giorno della Memoria: per riempire un’assenza, una mancanza, un’amnesia, una rimozione», scrive Volli.Da questo lavoro di scavo emergono alcune conclusioni significative: l’importanza di applicare alla giornata la definizione di antisemitismo dell’IHRA, considerando lo stato di Israele come il presidio contro la ripetizione della Shoà; l’errore di voler unificare il ricordo di ogni forma di persecuzione sotto l’etichetta del Giorno della Memoria, la necessità di considerare il terrorismo e l’antisemitismo contemporaneo fra i temi da ricordare nella giornata. «... non si può condannare la Shoah senza accettare la necessità e la legittimità dello Stato di Israele. Che gli ebrei siano stati per secoli condannati dall’ostilità dei poteri politici e religiosi a vagare senza patria, che questa condizione sia stata usata contro di loro per disprezzare il loro sradicamento e cosmopolitismo e che ora invece, riacquistato un territorio e uno stato, questo rinnovato radicamento sia condannato come violenza e «furto» è intollerabile: è la semplice prosecuzione dell’ideologia e del pregiudizio che ha portato alla Shoah», scrive Volli. Un testo che è quasi un vaccino, un testo importante, chiaro, attualissimo che si confronta con il negazionismo, il relativismo, il “politicamente corretto” e con i molteplici usi dell’oblio a cui la nostra realtà “fluida” ci sta pericolosamente abituando.

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