I due punti deboli nella lotta contro il virus Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 02 gennaio 2022 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «I due punti deboli nella lotta contro il virus»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/01/2022, a pag. 1, con il titolo "I due punti deboli nella lotta contro il virus", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Superato il secondo Capodanno segnato dal Covid-19 è lecito chiedersi quanto le sofferenze patite e le vittime subite, a livello globale e nazionale, hanno generato difese sufficienti per proteggerci dal rischio di una nuova pandemia innescata da un virus tipo-Sars ovvero che penetra attraverso le vie aree. L’interrogativo è legittimo perché il Covid-19 ha già dimostrato di poterci continuare ad aggredire, nel 2020 e 2021, con le sue varianti e non possiamo escludere che, proprio come avvenuto per la Sars del 2002-2004, possa essere seguito in un prossimo futuro da un virus dello stesso ceppo ma assai più pericoloso per tutti gli esseri umani. Ovvero, quanto oggi possiamo davvero dirci più sicuri rispetto al momento in cui il Covid-19 aggredì le nostre esistenze?
La risposta deve partire dalle maggiori protezioni che oggi abbiamo: vaccini e terapie. La scienza ci ha fornito in tempo record una nuova tipologia di vaccini che riduce al minimo gli effetti del Covid-19, salva in grandissima parte le vite dei contagiati e consente quindi di gestire le risorse ospedaliere per assicurare il massimo aiuto ai pazienti più probabili, i non vaccinati. Al contempo sono in arrivo all’esame della Fda negli Stati Uniti e dell’Ema nell’Ue - terapie e medicinali americani, europei ed israeliani capaci di trasformare la lotta al Covid-19 in una sorta di sfida a seri raffreddori di stagione. Si tratta di progressi significativi, che molto devono allo sviluppo delle biotecnologie ed all’impegno di una moltitudine di scienziati in più continenti. Ma se non bastano per farci sentire al sicuro da nuove variabili del Covid e pandemie tipo-Sars è per due ragioni: non c’è ancora chiarezza a livello internazionale sulla genesi del Covid-19 e manca un approccio vincente - da parte dei singoli Paesi - contro l’opposizione dei No Vax. Si tratta di due serie carenze strategiche nella lotta alla pandemia. L’assenza di certezza sull’origine del Covid-19 ci rende meno preparati ad affrontare future crisi perché è il risultato della carenza di collaborazione scientifica fra le due potenze globali - Stati Uniti e Cina - che devono invece lavorare assieme per proteggere la Terra da futuri disastri simili. L’immagine plastica di tale disaccordo è quella delle piccole fiale di saliva di pipistrello conservate oggi in un laboratorio di Wuhan, in Cina, raccolte grazie ai finanziamenti Usa ma inaccessibili agli scienziati non cinesi. Il motivo è che Pechino permette indagini sul Covid sul proprio territorio solo all’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ma esita anche in questo caso a condividere i dati in possesso. Questa carenza di trasparenza impedisce agli scienziati di altri Paesi di cercare le origini del Covid-19 in Cina e solleva dubbi sui possibili rischi che proprio dalla Cina - già fonte di Sars e Covid-19 - possano originarsi nuove pandemie. «Non possiamo difenderci da questi pericoli senza la Cina» taglia corto Dannis Carroll, ex capo di un programma sulle minacce pandemiche dell’Agenzia per la cooperazione allo sviluppo Usa. In particolare la Cina non solo ostacola gli sforzi degli scienziati di più Paesi di identificare se il Covid-19 si è generato con un passaggio animale-uomo sul suo territorio ma continua ad affermare che la pandemia si sarebbe originata altrove, in particolare in un laboratorio militare Usa nello Stato del Maryland. È interessante notare che a inizio dicembre sul giornale scientifico Nature il capo del Centro cinese per il Controllo e la Prevenzione delle malattie - George Gao - si è detto a favore di una “più stretta collaborazione internazionale per trovare le varianti del virus” e di “più informazioni su come la pandemia è iniziata”. Ciò significa che a Pechino qualcosa inizia a muoversi, a dispetto delle evidenti resistenze delle autorità centrali, ponendo le premesse di una maggiore cooperazione scientifica contro il virus come auspicato dal presidente Usa, Joe Biden, e richiesto dalle conclusioni del G20 presieduto da Mario Draghi. L’altra debolezza contro il Covid-19 viene dai No Vax: nei Paesi dove le vaccinazioni sono più estese - in Nordamerica ed Europa - il numero di coloro che le rifiutano ondeggia fra il 5 e l’8 per cento, impedendo di raggiungere l’immunità di gregge e creando nella società dei varchi dove il virus riesce facilmente a penetrare vittime e difficoltà alle strutture sanitarie locali. La tolleranza nei confronti dei No Vax da parte delle società democratiche si sta rivelando un boomerang perché impedisce la sconfitta della pandemia ed allunga i tempi della ripresa economica. Da qui la necessità di scelte difficili per impedire che la tutela della libertà individuale di non vaccinarsi finisca per mettere a rischio la sicurezza collettiva della maggioranza dei cittadini. È un passaggio delicato ma non più rinviabile anche perché i No Vax sono in realtà i cittadini più vulnerabili al virus che lo Stato ha la responsabilità e il dovere di proteggere, al pari di tutti gli altri.