'Putin come Stalin, vuole riscrivere la verità sull'Urss' Cronaca di Rosalba Castelletti, Irene Soave intervista lo storico Boris Belenkin
Testata:La Repubblica - Corriere della Sera Autore: Rosalba Castelletti - Irene Soave Titolo: «Da Putin colpo di grazia all’opposizione, chiusa la ong fondata da Sakharov - Il fondatore: 'Putin come Stalin, vuole riscrivere la verità sull'Urss'»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 29/12/2021, a pag.19, con il titolo "Da Putin colpo di grazia all’opposizione, chiusa la ong fondata da Sakharov", la cronaca di Rosalba Castelletti; dal CORRIERE della SERA, a apag. 16, l'intervista di Irene Soave dal titolo "Il fondatore: 'Putin come Stalin, vuole riscrivere la verità sull'Urss' ".
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA - Rosalba Castelletti: "Da Putin colpo di grazia all’opposizione, chiusa la ong fondata da Sakharov"
Rosalba Castelletti
È il colpo di grazia, una campana a morto per gli ultimi scampoli di società civile rimasti dopo un anno segnato dalla repressione più dura di ogni voce indipendente: la Corte suprema ha decretato la chiusura di Memorial, la più longeva organizzazione per i diritti umani in Russia. Quando fu fondata nel 1989 dal Nobel per la pace Andrej Sakharov e altri dissidenti sovietici, Memorial divenne il simbolo della glasnost , di un’Unione Sovietica al tramonto che non aveva paura di confrontarsi con le pagine più oscure del suo passato. Per oltre trent’anni ha indagato sulle purghe staliniane prima e documentato poi la repressione della Russia contemporanea di Vladimir Putin per diventarne ieri una vittima essa stessa. La sua soppressione è l’ultimo atto di un regime che ha riscritto il passato per nascondere i crimini di Josip Stalin e celebrarne la grandezza e i traguardi, come la sconfitta del nazismo, e promuovere così l’orgoglio nazionale. Non a caso, ieri in tribunale, il procuratore generale Aleksej Jafiarov ha accusato l’Ong di «creare una falsa immagine dell’Urss come Stato terrorista» e di «insudiciare la memoria» della seconda guerra mondiale cercando di «riabilitare i criminali nazisti». Parole che facevano eco a quelle del 9 dicembre dello stesso Putin che aveva criticato Memorial per aver erroneamente classificato alcuni collaboratori nazisti come vittime della repressione staliniana nel suo archivio contenente tre milioni di nomi. L’alibi ufficiale per prendere di mira la storica organizzazione è stato però ancora una volta il controverso status di “agente straniero”, marchio d’infamia che ricorda il “nemico del popolo” di sovietica memoria. Affibbiato a ogni organizzazione “contraria agli interessi russi” che riceva fondi dall’estero, porta discredito, molesti controlli governativi e fastidiosi obblighi amministrativi, come quello di contrassegnare ogni materiale con la disonorevole etichetta. Cosa che, secondo la procura, Memorial avrebbe omesso più volte di fare da quando è stata bollata nel 2014. Da qui la richiesta di “liquidare” l’Ong, accolta ieri dal giudice. E oggi, in un processo parallelo, rischia la chiusura anche l’organizzazione gemella, “Memorial per i diritti umani”, accusata anche di tollerare «terrorismo ed estremismo». Tutte accuse «politicamente motivate» secondo l’organizzazione che ha annunciato ricorso e promesso che «troverà ogni mezzo legale per continuare» il suo lavoro. «Memorial — si legge in un comunicato — rappresenta il bisogno di verità dei russi sul loro tragico passato. E nessuno può “liquidare” questo bisogno». Un «giorno nero per la società civile », l’ha definito il Consiglio d’Europa, mentre Amnesty international ha denunciato un «insulto» alla memoria delle vittime dei Gulag. «Porre fine alla persecuzione di voci indipendenti e difensori dei diritti umani», è stato l’appello a Mosca del Dipartimento di Stato Usa. Immediate anche le reazioni di Parigi e Berlino. Solo l’Italia «è stata tra i pochi Paesi a non aver presentato le proprie rimostranze», ha denunciato Memorial Italia chiedendo un incontro alla Farnesina. “Pozor”, “Vergogna”, è stata la prima parola risuonata alla pronuncia del verdetto tra i manifestanti radunati davanti al tribunale, almeno sei dei quali sono stati arrestati. Il verdetto di ieri arriva al termine di un anno iniziato con la condanna a due anni e mezzo di carcere di Aleksej Navalnyj e contrassegnato da pressioni inedite nei confronti di Ong, media e attivisti, costretti a tacere o a scegliere tra l’esilio e il carcere. Lo stop di sabato alle attività di Ovd-info, l’Ong che assiste i manifestanti incarcerati, l’aumento di pena da 13 a 15 anni per Jurij Dmitriev, storico dei Gulag a capo di Memorial in Carelia, decretato lunedì, e i cinque collaboratori di Navalnyj arrestati ieri sono il segnale che la stretta non è finita. «Il sistema — ha commentato ieri un manifestante — non riesce più a fermarsi ».
CORRIERE della SERA - Irene Soave: "Il fondatore: 'Putin come Stalin, vuole riscrivere la verità sull'Urss' "
Boris Belenkin
“Tutti i regimi russi si somigliano», come le famiglie infelici di Tolstoj: sarebbe così, «vedendo le somiglianze tra gli anni di Putin e l'era di Stalin, ma pure di Brezhnev e di Andropov, che si spiega il desiderio del potere odierno di riscrivere la storia». Lo storico Boris Belenkin, classe 1953, autore di più di trenta saggi e studi sulla storia dell'opposizione in Russia, è direttore della biblioteca di Memorial dal 1990, cioè dalla fondazione, e fa parte del direttivo. Per lui il vero motivo della condanna «è stato dichiarato ieri dal procuratore, per la prima volta. Formalmente, Memorial non ha indicato alcuni materiali come "provenienti da agente straniero". Il nostro vero reato è che "diamo un'immagine falsa della storia della Russia sovietica" e che "portiamo avanti critiche ai corpi dello Stato". Che per i suoi rappresentanti oggi è sopra ogni critica».
Vladimir Putin ha detto di recente che lo scioglimento dell'Urss è stata «una disgrazia geopolltica». «II presidente e i suoi usano la storia come ogni regime autoritario, al proprio servizio, per costruire un'identità, galvanizzare le masse».
L'oppositore Sergei Mitrokhin ieri ha commentato la sentenza dicendo che in Russia oggi vige «uno stalinismo un po' più blando».
E' così? «Certo che è così. Come detto, i regimi russi si somigliano tutti. Rifiuto delle libertà civili, persecuzioni dei dissidenti, censura. Tutte storie che conosciamo, e che servono da ispirazione per il regime di Putin».
Memorial custodisce fl più grande archivio sui gulag, i campi di concentramento per oppositori nati proprio nell'Urss. Cosa contiene? «Lettere, diari, foto, documenti dei detenuti e una collezione di opere d'arte fatte da loro. Ma anche copie di materiali dagli archivi di Stato. Non sono tutti documenti unici ma è unico il loro insieme. E un corpus più prezioso della somma dei suoi pezzi».
L'archivio è in pericolo? «Non essendo di proprietà di Memorial International, l'associazione sciolta ieri, non viene liquidato. E i documenti che contiene sono pubblici. Ma per prudenza stiamo digitalizzando tutto, e il nostro obiettivo immediato è rendere tutto consultabile online».
Nei gulag finirono 20 milioni di russi dagli anni di Lenin alla perestrojka, con massima ferocia tra il 1929 e la morte di Stalin nel 1953. Per le persone comuni quanto è intensa questa memoria? «I sopravvissuti quasi se ne sono andati tutti, restano ancora i loro discendenti. C'è la letteratura, le testimonianze di Aleksandr Solzhenitsyn, di Varlam Shalamov. E anche Memorial ha fatto il suo, in trent'anni di attivismo. No, non credo che i gulag saranno dimenticati».
Come si può sostenere la vostra causa dall'estero? «Divulgandola, raccontando chi siamo e che ci stanno chiudendo. Mettendosi in contatto con Memorial Italia (associazione ispirata ai temi e ai valori di Memorial, ndr)».
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