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Il nuovo presidente del Cile è una vittoria per l'Iran
Analisi di Emanuele Ottolenghi
Gabriel Boric Il centro culturale iraniano a Santiago del Cile è difficile da individuare. Situato all'interno di un'abitazione privata in un quartiere residenziale, non reca alcuna indicazione evidente a segnalarne la presenza. Non ci sono né minareto né cupola. Proprio come le operazioni di influenza iraniana in altre parti dell'America Latina, ha un basso profilo. Ma tutto questo sta per cambiare. Domenica scorsa, i cileni hanno eletto come loro presidente, Gabriel Boric, un giovane, ex studente attivista per la giustizia sociale. Lui è il politico più di sinistra a governare il Paese fin dai tempi di Salvador Allende, che governò dal 1970 al 1973.
Dato che i mercati sono crollati e la valuta cilena si è svalutata, gli osservatori stranieri si sono preoccupati per la sua visione economica. In effetti, è la politica estera che dovrebbero tenere d'occhio. L'agenda interna progressista del presidente Boric dovrà fare i conti con la sua mancanza di una maggioranza parlamentare. Non ci saranno vincoli simili sulla politica estera, dove i suoi istinti di sinistra, sostenuti da un forte elettorato interno anti-israeliano, probabilmente lo metteranno in sintonia con le operazioni di influenza iraniana in America Latina. Per l'Iran, l'elezione di Boric rappresenta un'occasione per migliorare la propria visibilità e proteggere le sue attività in questo remoto angolo dell'America Latina, in un momento in cui una marea crescente di populismo di sinistra sta tornando al potere in tutta la regione. L’Iran ha due centri culturali in Cile. Quello nella capitale Santiago è gestito da un religioso di Hezbollah dell’Area delle Tre Frontiere di Argentina, Brasile e Paraguay, che è imparentato con sanzionati finanziatori di Hezbollah ed che ha forti legami personali con le operazioni di raccolta fondi e reclutamento di Hezbollah in Africa occidentale. Eppure, per anni, lui e i suoi colleghi sono stati in grado di inserirsi nel dibattito pubblico cileno, vestendo i panni di studiosi religiosi devoti al dialogo interreligioso e dipingendo l'Islam sciita dell’Iran come un baluardo moderato contro l'estremismo salafita e come un modello di convivenza religiosa.
Il centro ha anche organizzato marce annuali per la Giornata Internazionale di al-Quds a Santiago, sfruttando l'opportunità di stringere alleanze con attivisti palestinesi locali. Mentre predicava la tolleranza, i suoi surrogati hanno diffuso una virulenta propaganda pro-Iran e anti-Israele. Le reti di finanziamento illecito di Hezbollah operano anche in Cile, facilitando il traffico di droga e le operazioni di riciclaggio di denaro. Nonostante vi sia una presenza ben documentata di quasi due decenni - comprese le sanzioni del Tesoro degli Stati Uniti contro le società gestite da Hezbollah con sede in Cile - il Paese sudamericano si è finora astenuto dal designare Hezbollah come organizzazione terroristica. C'era la speranza che ciò potesse cambiare, dopo che tra il luglio del 2019 e gennaio del 2020 si erano così espressi Argentina, Paraguay, Guatemala, Honduras e Colombia. Con Boric al potere, è improbabile che ciò accada. Dopo Perù e Honduras, probabilmente è altrettanto cruciale per l'Iran che il Cile sia il terzo Paese quest'anno ad eleggere un presidente di sinistra, Colombia e Brasile potrebbero presto essere i prossimi. Questa crescente marea rossa offre all'Iran la possibilità di rafforzare le sue operazioni di influenza guadagnando l’ascolto di chi è al potere. L’Iran ha già un punto d'appoggio in ogni Paese della regione, grazie ai centri culturali che ha contribuito a creare. Ha coltivato politici locali sobillatori e movimenti di estrema sinistra o nazionalisti. Ha reclutato attivisti, giornalisti e accademici, facendo proselitismo, in modo mirato, tra i personaggi pubblici più influenti. Ha anche dato voce a rivendicazioni indigene – il suo centro in Cile, ad esempio, ha pubblicato brani selezionati del Corano in mapuche, la lingua indigena locale – e alle cause di sinistra attraverso le sue piattaforme mediatiche, tra cui Hispan TV, il canale in lingua spagnola che l’Iran ha lanciato nel 2012 per diffondere la sua propaganda nell'emisfero occidentale. Per l'Iran, il Cile non è diverso, in questo senso, dagli altri Paesi della regione, tranne che per un elemento di criticità: lì vive la più grande diaspora palestinese del mondo. Questa comunità in gran parte cristiana, le cui origini risalgono all'immigrazione durante l'epoca ottomana, detiene posizioni asfissianti e radicali sul conflitto israelo-palestinese – e Boric le ha abbracciate.
Durante la sua campagna elettorale, si era impegnato a sostenere la legislazione sul boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS) contro le imprese israeliane in Cisgiordania, un impegno che la leadership della comunità cileno-palestinese gli ha già chiesto di onorare. Ha anche pubblicamente e gratuitamente redarguito la comunità ebraica locale, sventolando contro di essa lo stereotipo della doppia lealtà. Quando i leader della comunità ebraica locale gli hanno inviato del miele come regalo per il capodanno ebraico nel 2019, lui ha deriso il loro impegno per una società tollerante e inclusiva invitandoli pubblicamente a sconfessare Israele e le sue politiche per dimostrare la loro buona fede. I surrogati iraniani non hanno perso tempo a celebrare la vittoria di Boric ricordando ai loro seguaci le sue provocazioni su Twitter alla comunità ebraica locale. Il Centro islamico iraniano di Santiago si è già congratulato con Boric, invitando il nuovo presidente ad aprire le sue porte agli emissari dell’Iran. Boric potrebbe semplicemente offrire un’adesione di facciata alle cause palestinesi e iraniane: dopo tutto, il commercio del Cile con l'Iran è trascurabile e il Medio Oriente è lontano. Ma può abbracciare la loro retorica con significative conseguenze politiche, dato che ora parlerà come presidente. Fare proprie e sostenere le richieste più radicali dei palestinesi è al centro dell'agenda rivoluzionaria iraniana e il cavallo di Troia che ha spesso utilizzato per ottenere sostenitori in tutta l'America Latina. Il Cile ha sempre offerto un terreno propizio, data la sua vasta diaspora palestinese. E ora, l'ascesa al potere di un politico millennial che ha sposato queste stesse opinioni radicali anti-israeliane, offre all'Iran una grande opportunità.
Emanuele Ottolenghi |
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