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La Repubblica Rassegna Stampa
27.12.2021 Una dichiarazione universale per salvare le statue
Commento di Francesco Merlo

Testata: La Repubblica
Data: 27 dicembre 2021
Pagina: 28
Autore: Francesco Merlo
Titolo: «Una dichiarazione universale per salvare le statue»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/12/2021, a pag. 28 il commento di Francesco Merlo dal titolo "Una dichiarazione universale per salvare le statue".

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Francesco Merlo

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Il partito comunista cinese ha chiuso tutti i giornali indipendenti di Hong Kong, ha arrestato i leader democratici, ha vietato le manifestazioni, ha cambiato la legge elettorale…, ma nessuna ordinaria ferocia ci ha scosso e commosso quanto l’abbattimento della statua che nell’atrio dell’università ricordava la strage di piazza Tienanmen, un groviglio di 50 corpi di bronzo deformati dal dolore. E forse ci vorrebbe una Convenzione di Ginevra a protezione delle statue o per lo meno una dichiarazione universale dei loro diritti fondamentali. Ovviamente nessuna simbolica sanzione internazionale avrebbe impaurito i cinesi, ma se l’inviolabilità delle statue diventasse senso comune, forse persino a Hong Kong si calmerebbe quella furia che le abbatte con la distopia di rimuovere la storia. E si sa che l’Isis farebbe esplodere con la dinamite anche le Piramidi, la casa del (loro) profeta e tutta la storia antica senza sapere che è un concetto romano anche la devastazione fisica e simbolica che non ha rimedio: la tabula rasa. Ecco perché, se diventasse universalmente condivisa l’idea che una statua, finita l’urgenza per la quale venne eretta, non celebra ma racconta, e che ogni monumento è solo un documento, forse si esaurirebbe questa smania vendicatrice di abbattere, rimuovere, sporcare e in qualche caso addirittura decapitare come accadde a Tripoli all’effigie di Gheddafi ma anche a Boston dove a Cristoforo Colombo fu mozzata la testa, massimo dell’oltraggio anche nella pietra. E si sa che la storia è piena di statue di re e dittatori che solo quando furono abbattute cominciarono a essere rimpiante. Accade spesso che l’abbattimento, come una cerimonia d’onore o un titolo di prestigio, alla fine benedica il diavolo. Solo ora che l’abbiamo persa scopriamo che nell’università di Hong Kong c’era un pezzo della nostra identità occidentale; solo ora che non c’è più, tutti sappiamo che c’era e dov’era. Insomma, l’ottusità del regime cinese, condannando la statua per “attentato alla sicurezza nazionale”, ha restituito il documento alla sua origine di monumento. Ma è ottusità, nel mondo libero, anche l’esecuzione in effigie a New York di Thomas Jefferson, che possedeva schiavi pur essendo un padre della patria, con l’aggravante che giustiziare una statua in nome del politicamente corretto significa inventarsi la figura del fanatico ragionevole, dell’estremista per bene. Ho comprato a Bristol per 35 sterline una delle 1600 magliette che Banksy ha dedicato all’abbattimento della statua di Edward Colston, il mercante di schiavi che rese moderna la città regalandole ospedali, scuole e strade. La statua, che era stata gettata in mare, è stata recuperata ed esposta nel museo, imbrattata e coricata, ammonimento al monumento. E intanto le magliette, piuttosto bruttine, solo un mese dopo stanno su eBay con offerte sino a 9mila sterline, monumento all’abbattimento del monumento.

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