Il Presidente di cui ha bisogno il Paese Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 19 dicembre 2021 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «Il Presidente di cui ha bisogno il Paese»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/12/2021, a pag. 1, con il titolo "Il Presidente di cui ha bisogno il Paese", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Sergio Mattarella
In vista dell’elezione del nuovo Capo dello Stato da parte di Parlamento e delegati regionali è legittimo e necessario chiedersi di quale Presidente abbia bisogno la Repubblica nella turbolenta fase di insicurezza collettiva che ci troviamo ad attraversare, causata dalla simultanea emergenza della perdurante pandemia e della ricostruzione economia. La risposta deve partire dalla Costituzione repubblicana, del quale il presidente è chiamato ad essere custode e garante, rappresentando l’unità della nazione attorno ai principi da cui nacque nel 1948 all’indomani della sconfitta del nazifascismo e del referendum contro la monarchia.
Per custodire gelosamente quel patto fra laici e cattolici è il primo, irrinunciabile, tassello del profilo di un Capo dello Stato chiamato a incarnare principi e valori della democrazia repubblicana. A rappresentare il patriottismo costituzionale. Perché l’identità di una nazione è tanto più forte quanto salde sono le sue radici. Tale indispensabile caratteristica - che ritroviamo nel profilo dei 12 Presidenti finora avuti - deve accompagnarsi ad una qualità necessaria per affrontare le due emergenze del presente, pandemia e ricostruzione economica, ovvero saper garantire un punto di riferimento al più vasto schieramento politico al fine di potersi rivolgere a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione, per sostenerli sulla strada di una coesione indispensabile per arrivare a battere il virus ed a far decollare la ricostruzione del sistema produttivo grazie ad un corretto uso dei fondi Ue. E sotto questo punto di vista l’eredità di Sergio Mattarella si presenta come un modello di coesione da seguire perché ha consentito di tenere il Paese unito a dispetto di sconvolgimenti imprevedibili: prima nel 2018 davanti al populismo partorito dalle urne e poi nel 2020 di fronte al Covid-19 arrivato da Wuhan. Rivelandosi come l’alleato più importante dei governi Conte I, Conte II e Draghi. Ma non è tutto perché, oltre al ruolo di custode dei principi fondamentali e di garante della coesione nazionale in tempi di grave emergenza, il nuovo Capo dello Stato dovrà saper esprimere anche la vocazione di un Paese che - dalla scienza alle arti, dalla ricerca al volontariato - ha bisogno di innovare, di guardare lontano, di essere protagonista di un mondo che cambia grazie a nuove generazioni impegnate a misurarsi su difesa del clima, esplorazione del cosmo, allungamento della vita umana. Per le forze politiche che, attraverso il Parlamento, eleggeranno il XIII° Capo dello Stato la sfida non potrebbe essere più difficile: devono scegliere un uomo o una donna capace di rappresentare radici e orizzonti di un Paese immerso nella più grave crisi che ci ha colpito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La scelta è resa ancor più difficile dal rischio che litigiosità politiche, ambizioni personali e interessi di parte trasformino l’elezione del Capo dello Stato in una fiera degli errori capace di travolgere il governo Draghi, riuscito in poco più di dieci mesi a garantirci una stabilità interna ed una credibilità internazionale tali da farci invidiare da Berlino per i successi contro il Covid-19, ascoltare da Bruxelles come mai avvenuto, considerare da Washington i partner Ue più credibili e perfino incoronare dall’ Economist come la “nazione dell’anno”. Basta passeggiare in una qualsiasi città italiana per ascoltare l’apprezzamento che riscuote il nostro esecutivo - dall’efficacia delle vaccinazioni coordinate dal generale Figliuolo ai dati sulla crescita record fra i Paesi Ocse - come è sufficiente affacciarsi in una qualsiasi cancelleria Ue e Nato per scontrarsi con gli evidenti timori per un imminente corto circuito politico a Roma, capace di far uscire di scena non solo Sergio Mattarella ma anche il governo Draghi. La confusione con cui i vari leader politici si alternano sul palcoscenico di improbabili mediazioni che durano lo spazio di un mattino aumenta i timori. Così come la sola ipotesi dell’elezione al Colle dell’ex premier Silvio Berlusconi - figura altamente divisiva per gli scandali che lo hanno avuto protagonista - descrive il rischio di un clamoroso passo indietro tanto sulla stabilità interna che sulla credibilità internazionale. Da qui il bivio che le forze politiche dell’attuale, vasta, maggioranza hanno davanti: possono sfruttare l’elezione presidenziale per consolidare o cestinare i risultati positivi ottenuti negli ultimi dieci mesi su pandemia e ricostruzione. Nel primo caso l’Italia ne uscirà rafforzata nell’affrontare la sfida di un Covid-19 ancora non del tutto sconfitto e nel pianificare l’uso efficace dei fondi Ue, nel secondo scenario invece la brusca inversione di marcia rischierà di far pagare al Paese un prezzo molto alto, in sicurezza e prosperità.