2021: Passato, presente e futuro
Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Ripensando al 2021 nella speranza di trovare qualcosa di sensato da dire sull'anno appena trascorso, mi sono ritrovato a riflettere su una domanda sempre attuale. La storia è un avvicendarsi di evoluzioni, in cui un numero sempre più grande di esseri umani diventa ogni anno più sano, più felice, più benestante, più tollerante e più istruito? È un corso di eventi in cui impariamo dai nostri errori passati e da quelli dei nostri predecessori per non ripeterli mai più? Oppure la storia è una serie di cicli casuali, in cui salute, felicità e ricchezza sono nel migliore dei casi esperienze fugaci in un mondo in cui gli stessi mali tornano a sopraffarci, indipendentemente dall'epoca in cui viviamo? La propria prospettiva su questo è determinata in larga misura dal proprio contesto. L'esperienza di un cittadino della Norvegia, ad esempio, si presta bene all'idea che la storia riguardi il dispiegarsi del progresso, mentre la vita di un afgano suggerisce al contrario che la storia rifletta la capacità di sopportare sempre le stesse tribolazioni in momenti diversi. In quest'ultimo ambito, tutte le soluzioni sono temporanee e tutti i problemi ritornano. Se non si tiene conto di dove vivi, tuttavia, entrambe le interpretazioni della storia possono avere un senso.
Trent’anni fa, alla fine della Guerra Fredda, la visione della storia come progresso, a volte chiamata visione “Whig” per accentuare quell'elemento progressista, era ovunque, al punto che alcuni analisti concludevano che la storia fosse essenzialmente finita. Il capitalismo democratico occidentale - con il suo complesso di diritti economici e politici e la sua enfasi sulla massimizzazione delle libertà individuali - era la destinazione dove gran parte dell'umanità era già sbarcata, con la certezza che il resto, prima o poi, ci sarebbe arrivato. Questa, in parole povere, era la teoria. E si è rivelata essere poco più di una teoria, o meno caritatevolmente, un pio desiderio. In questi anni caratterizzati da una pandemia, dal marcato inasprimento della politica democratica e da allarmanti segnali economici e ambientali, ha molto più senso l'idea che la storia sia una storia di eterno ritorno con piccoli progressi. “Non rimane memoria delle cose d’altri tempi; e di quel che succederà in seguito non rimarrà memoria tra quelli che verranno più tardi”, osserva il libro dell’Ecclesiaste. Ho perso il conto del numero di volte in cui gli eventi nel corso di quest'anno, mi hanno ricordato quel verso inquietante.
A maggio, per fare l'esempio più ovvio, abbiamo assistito a un rinnovato conflitto nella Striscia di Gaza provocato dagli attacchi terroristici di Hamas contro Israele. Gli inneschi per il conflitto del 2021 sono stati più o meno gli stessi dei conflitti del 2008-09 e del 2014. Anche l'obiettivo di Hamas, l'eliminazione di Israele, era lo stesso. Immutata era anche la strategia delle forze di difesa israeliane: difendere la popolazione civile israeliana e l'integrità territoriale senza invadere e occupare Gaza. Poi, durante l'estate, abbiamo assistito all'ignominioso ritiro dell'esercito americano dall'Afghanistan e al ritorno del potere talebano. Per chiunque abbia ricordi vividi delle atrocità terroristiche di Al-Qaeda di 20 anni fa, la consapevolezza che i loro sostenitori talebani nel frattempo non si fossero moderati di un briciolo non è stato uno shock, ma è stato comunque qualcosa di brutale. Nelle settimane successive alla riconquista talebana, l'indignazione globale per i loro sfrontati abusi dei diritti umani è stata così pronunciata da distogliere brevemente la nostra attenzione dalla pandemia di COVID-19 in corso. Ma solo l'empatia per coloro al di fuori dei nostri confini dura così a lungo. Nel suo nuovo libro “La volontà di vedere”, il filosofo francese Bernard-Henri Lévy osserva che la pandemia ha reso la razza umana più isolata. Questo fa riflettere coloro che, come lo stesso Lévy, fanno tesoro dell'idea di solidarietà oltre i confini nazionali per metterla al servizio dell'apertura di società chiuse e di garantire la libertà a coloro che sono oppressi dai tiranni. Fa riflettere anche coloro che credono, o vogliono credere, che la storia sia una marcia verso un mondo migliore e più giusto. Allo stesso tempo, altri sviluppi indicano profondi cambiamenti nel modo in cui portiamo avanti le nostre vite. La crescente adozione di cripto valute, come bitcoin ed ethereum, è stato il grande evento economico del 2021, in parte a causa dell'ormai leggendaria volatilità di questa risorsa finanziaria ma anche perché la tecnologia blockchain sottostante ad esse, ha rivoluzionato il modo in cui vengono controllate le transazioni finanziarie. Il loro significato più profondo diventerà più chiaro man mano che Internet si evolverà nella sua prossima versione, un ambiente in cui il vissuto degli utenti è racchiusa in un universo virtuale di case private, di centri commerciali online, di videogames e di offerte simili con potenziale commerciale.
Questa nuova economia è già guidata dalle criptovalute. Crescerà perché come società passeremo una parte crescente del nostro tempo vivendo online. Non ho dubbi che anche in questo nuovo mondo coraggioso, ci sarà ampio spazio per affrontare i problemi che si ripresenteranno di nuovo. Un'altra guerra a Gaza tra 10 anni, ripeterà senza dubbio le stanche e amare giustificazioni per il continuo rifiuto all’esistenza di Israele da parte degli islamisti e dei loro alleati, ma la sua dimensione mediatica e di messaggistica sarà combattuta su un terreno diverso e probabilmente molto più pericoloso, su quello che è attualmente chiamato metaverso. Ecco perché voglio concludere queste riflessioni con una raccomandazione. Noi non possiamo impedire che i cicli della storia tornino a colpirci con le stesse screditate metafore, ma possiamo prepararci con più astuzia. Le organizzazioni e le istituzioni ebraiche devono concentrare le proprie risorse intellettuali sulla comprensione di come la prossima fase di Internet - un mondo parallelo in cui abitiamo piuttosto simile a quello fisico - avrà un impatto su di noi come popolo. A livello immediato, ciò significa anticipare nel miglior modo possibile come l'antisemitismo, che ha continuato ad affliggere le piattaforme dei social media quest'anno, si manifesterà in uno spazio virtuale tridimensionale. Significa anche afferrare con entrambe le mani le opportunità a lungo termine che questo ambiente offrirà, dalla raccolta di fondi destinati alla mobilitazione formativa per contattare un pubblico completamente nuovo. Durante l'ultimo anno, ci è già stata offerta la percezione più chiara di ciò che riserva questo futuro digitale, che è la cosa più positiva che posso dire sul 2021. Alcune persone si chiederanno se quel futuro sia desiderabile, mentre altri si angustieranno del fatto che l'universo virtuale ci renderà più egoisti, più isolati, più impulsivi e meno intelligenti di quanto siamo ora. Nel prossimo decennio, lo scopriremo sicuramente.
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate