venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Avvenire Rassegna Stampa
18.12.2021 Storia mondiale degli ebrei in 90 date
Recensione di Andrea Riccardi

Testata: Avvenire
Data: 18 dicembre 2021
Pagina: 21
Autore: Andrea Riccardi
Titolo: «Ebrei, novanta 'quadri' per tremila anni»
Riprendiamo oggi 18/12/2021, da AVVENIRE, a pag. 21, l'articolo di Andrea Riccardi dal titolo "Ebrei, novanta 'quadri' per tremila anni".

Immagine correlata
Andrea Riccardi

Pierre-savy: Libri dell'autore in vendita online
La copertina (Laterza ed.)

Una storia mondiale degli ebrei? E’ possibile fare 3000 anni di storia senza produrre un libro o più libri, di grande lunghezza e impossibile lettura? Pierre Savy c'è riuscito, ripercorrendo in novanta quadri - aggiornati nell'edizione italiana, rivista dalla storica Anna Foa - legati a date chiave, dal 1207 a.C., la stele di Merenptah fino al 2006, con la proclamazione della Giornata europea della Memoria. Quadri di grande interesse e valore scientifico che fanno entrare nella storia di un popolo - lo dice Savy nell'introduzione- , carico di diversità e interiori contrasti, ma che «dà prova di un'energia sorprendente nel continuare ad esistere e a portare la sua testimonianza e il suo contributo». A cominciare da un certo punto della storia, un popolo la cui fede è diventata cultura, ma la cui fede si fonda sulla memoria. Giustamente Savy cita l'Haggadah: «in ogni generazione ciascuno deve vedere se stesso come se fosse colui che è uscito dall'Egitto». Del resto, come scriveva Marc Bloch, storico di origine ebraica, fucilato in Pierre Savy riesce a dar conto di una vicenda tanto lunga, complessa e articolata selezionando una carrellata di momenti significativi Francia come resistente durante la Seconda guerra mondiale: ebraismo e cristianesimo sono religioni storiche. Eppure, la vastità, la complessità e la lunghezza della storia ebraica danno luogo a una miriade di ricerche, testi, pubblicazioni, in tante lingue e in tanti campi; per questo si sente il bisogno di un libro come questo, felice nella scelta architetturale, sintetico senza essere superficiale. Molti punti di questo volume sono interessanti, ma vale la pena soffermarsi sugli ultimi due secoli, dove ricorrono tanti temi significativi. E anche tanti luoghi: dalla Francia, al mondo austroungarico, all'Est europeo, per finire al mondo arabo.

Pierre Savy
Pierre Savy

La Rivoluzione francese, con l'emancipazione (in cui ha un ruolo decisivo Robespierre) segnala svolta. Il problema è l'assimilazione: ebrei o nazione ebraica. Quest'ultima soluzione è inaccettabile per uno Stato laico, nazionale e nazionalista, come si vede nei due secoli seguenti, mentre l'assimilazione spinge gli ebrei a divenire cittadini come tutti, di religione mosaica e basta. Bellissima la citazione del conte di Clermont-Tonnerre: «bisogna rifiutare tutto agli ebrei come nazione e accordare tutto agli ebrei come individui... Ripugna che ci sia nello Stato una Società di non-cittadini e una Nazione nella Nazione». L'idea dello Stato nello Stato... Del resto, ancora qualche anno fa, un candidato sindaco di Roma si asteneva dal fare propaganda alle elezioni comunali nel quartiere ebraico, perché «tanto lì sono tutti israeliani»... Italiano ed ebreo. Ricordo Amos Luzzato che raccontava il suo dolore durante i bombardamenti italiani nella Palestina mandataria, dove s'era rifugiato: proprio gli italiani? Ma non è oggi questa, l'appartenenza complessa del cittadino globale? ll timore di uno Stato nello Stato: da qui si va alle proposte di separare gli ebrei per il loro comunitarismo, di vedere in essi la minaccia allo Stato, di inviarli in Madagascar, di creare «una segregazione amichevole», come scriveva "La Civiltà Cattolica" fino al 1945, di combatterli e via dicendo. È interessante l'emancipazione in Austria-Ungheria, che è del 1867, tardiva rispetto alla Francia, accompagnata certo dall'antisemitismo (basta ricordare il sindaco di Vienna, Lueger, che Hider considera un ispiratore). Gli ebrei degli Asburgo erano tanto diversificad, come scrive Catherine Horel: si andava da Freud a Vienna agli ebrei bosniaci un po' ottomani (sterminati poi dai nazisti e dagli ustascia croati), agli ebrei poverissimi nei villa :.:4'della Galizia, le cui immagini Martin Pollack ci offre nel suo viaggio nel cuore scomparso della Mitteleuropa. A Leopoli gli ebrei erano il 30%, mentre Vienna e Budapest erano poli attrattivi. Attaccati agli Asburgo, gli ebrei s'inseriscono nell'impero multinazionale con più facilità che in uno Stato allergico al comunitarismo. E...] L'ebraismo vive in un mondo multinazionale. La Romania tra le guerre è patria di un antisemitismo violento, che lascia tracce amare nel romanzo di Mihail Sebastian, Duemila anni, amico di Mircea Eliade, grande storico delle religioni, che prende crudelmente distanza per motivi razzisti dall'amico. È l'idea perversa che si comincia con gli ebrei per dare una svolta radicale: «Inizia con gli ebrei - dice un protagonista del romanzo di Sebastian -, se non si può altrimenti, ma finisce in alto, in un incendio generale...». Ben si fa nel volume a sottolineare il 1920, la prima legge antisemita nell'Europa del dopoguerra, in Ungheria, la cui politica antisemita arriva alle Croci frecciate e alla deportazione degli ebrei. Tra le due guerre e un tempo difficilissimo per gli ebrei nell'Europa dei nazionalismi. Sulla Shoah il libro curato da Savy sottolinea due anni: il 1942 (con la conferenza di Wannsee, che generalizza e sistematizza le stragi che i nazisti già facevano nell'Est: a quella data - sottolinea Ingrao - l'80% degli ebrei che saranno uccisi erano ancora in vita) e il 1945 (con il ritorno dei deportati sopravvissuti, «il debole numero dei sopravvissuti» — come si legge in Esdra), e il loro impatto difficile con un mondo che non voleva troppo ascoltarli, preso dalla febbre della ricostruzione.

L'ebreo è il convivente di sempre, minoritario, in Europa, nel mondo islamico o arabo. Ma qualcosa si è spezzato definitivamente in questa convivenza con l'antisemitismo tra le due guerre e quello nazista, anche nelle sue propaggini nel mondo arabo. E' un trauma che non si può attribuire alla nascita dello Stato d'Israele nel 1948. I pogrom in Iraq sono nel 1941, poi in Libia, nello Yemen e via dicendo. Finisce quella che Bernard Lewis ha chiamato la tradizione giudeo- islamica ne Gli ebrei nel mondo islamico. Il volume di Savy segnala che, nel crollo dell'ebraismo arabo (850.000 ebrei che lasciano questo mondo), gli algerini, divenuti francesi grazie al decreto Cremieux del 1870, hanno una storia diversa e, nel 1962, vanno in gran parte in Francia e non in Israele, come i pieds noirs francesi. Si rafforza quell'ebraismo francese, il più grande dell'Unione Europea, che oggi s'interroga sulla convivenza con i musulmani e spesso si raggruppa in area particolari, come avviene a Parigi. Tutta particolare, invece, è la storia dei beta Israel, i falascià, gli ebrei etiopici, con la loro misteriosa origine e il loro rapporto con il cristianesimo più ebraicizzante che è quello etiopico, che rispetta il Sabato e dice di conservare ad Axum le tavole della legge nella chiesa di santa Maria di Sion. Arturo Marzano ricorda, in questo volume, la difficile integrazione dei falascià in Israele e il faticoso riconoscimento come ebrei, assieme alle avventure dell'esfiltrazione dall'Etiopia sino all'operazione Salomone. Un quadro non poteva non essere dedicato alla nascita dello Stato d'Israele nel 1948. È la grande svolta e la realizza7ione del sogno del sionismo. Anche se, per gli ebrei, resta sempre il problema di vivere con gli altri: 156.000 arabi nel 1948 all'interno dei confini dello Stato, oggi, quasi due milioni, compresi drusi e cristiani. E poi, nel mondo, l'ebraismo resta il convivente di sempre, minoritario, con l"' altro" maggioritario. Ma oggi la presenza dello Stato d'Israele è garanzia che il dramma dell'emigrazione fallita, impossibile, difficoltosa, durante la guerra, non dovrebbe più ripetersi. Rimane vero quello che scriveva nel 1900 il grande talmudista e kabbalista livornese, Elia Benamozegh, in Israele e l'umanità: «Tra la vocazione israelitica e l'unità umana, tra la patria palestinese e la fraternità delle nazioni, non esiste alcun vero antagonismo... La Torah del Sinai e la rivelazione comune a tutti gli uomini si conciliano mirabilmente in una sintesi superiore».

Per inviare a Avvenire la propria opinione, telefonare: 02/6780510, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@avvenire.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT