‘Quel che la Palestina porta al mondo’
Analisi di Michelle Mazel
(traduzione di Yehudit Weisz)
Questo libro tanto atteso, pubblicato dalle Editions du Seuil e già citato su diversi siti web, uscirà nelle librerie il 18 marzo del 2022. Il nome “palestinese” è entrato nella storia quando i conquistatori romani, dopo aver soffocato nel sangue l'ultima grande rivolta degli ebrei e averli deportati a centinaia di migliaia, ne vollero cancellare per sempre le tracce. La Giudea viene cancellata dalle carte geografiche, a favore della Palestina. Questo termine deriva dalle Storie di Erodoto che citava una popolazione non semita che viveva sulla costa. Il monte Moriah, il tempio, cuore palpitante della vita ebraica, è in rovina; l'imperatore annuncia che non resterà pietra su pietra dell'antica capitale, il cui nome, anch’esso, sarà dimenticato, e sostituito da quello di Aelia Capitolina in onore dell'imperatore Adriano.
Una denominazione effimera che verrà ben presto abbandonata all’oblio. Per quasi duemila anni gli ebrei della diaspora non hanno mai cessato di concludere la liturgia pasquale esclamando “L'anno prossimo a Gerusalemme” mentre una presenza ebraica è sempre rimasta in quella che l'Occidente vedeva ancora come la terra della Bibbia. Voltaire, questo noto antisemita, apostrofa così gli ebrei nel suo dizionario filosofico “Tornate in Giudea il prima possibile.” Questa presenza, rafforzata dalle decine di migliaia di ebrei che tornarono nella terra dei loro antenati durante il XIX secolo e all'inizio del XX secolo, spiega la Dichiarazione Balfour con la quale il governo britannico si dichiarò favorevole alla costituzione di un Focolare Nazionale Ebraico e più tardi, quando la Società delle Nazioni gli concederà un mandato sulla Palestina, di aggiungere a questo nome “Terra d'Israele.” Solo la verità storica è oggi seriamente minata dai nemici dello Stato ebraico che riescono anno dopo anno a far votare da organismi internazionali altamente politicizzati delle dichiarazioni volte ad oscurare ogni legame tra lo Stato ebraico e la sua terra per privarlo di ogni legittimità e per giustificare coloro che ne chiedono la distruzione.
Il libro dal titolo ‘ Quel che la Palestina porta al mondo ’ ne è un esempio perfetto. Bisogna leggere e rileggere la descrizione data, stropicciandosi gli occhi. “La Palestina ha uno status speciale, perché s’irradia sul mondo: è simbolo di resistenza per i popoli oppressi, è fonte di ispirazione per artisti di tutte le discipline. Ormai essa è divenuta un orizzonte politico e culturale.” Ah, allora abbiamo capito. Non si tratta di questa Palestina, terra degli ebrei, ma di un'entità immaginaria, che non ha mai avuto un'esistenza concreta. Quando dopo la Guerra d'Indipendenza di Israele nel 1948, la Transgiordania si impadronì dei territori che dovevano far parte di uno Stato arabo secondo la decisione di spartizione votata dalle Nazioni Unite, si guardò bene dal creare detto Stato e annesse le sue conquiste per trasformarsi in Regno di Giordania. Quando nel 1964 fu creata l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, non si trattava quindi di liberare la Cisgiordania allora integrata nella Giordania, o di liberare Gaza amministrata dall'Egitto, ma di distruggere Israele. Chi se lo ricorda? Secondo Le Monde, “Tra poche settimane, l'Istituto del Mondo Arabo pubblicherà, in collaborazione con le Editions du Seuil, un'opera dal titolo eloquente [sic]: ‘ Quel che la Palestina porta al mondo ’.”