Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 09/12/2021, a pag. 3, con il titolo "Sadat: 'Vince la diplomazia. Ora l’Italia insista sui diritti in Egitto' ", l'intervista di Vincenzo Nigro.
Vincenzo Nigro
Mohammed Anwar Sadat
«Ho scritto una lettera di complimenti al vostro ambasciatore Giampaolo Cantini che è appena rientrato a Roma e mi sono rallegrato con l’attuale ambasciatore Quaroni. È grazie al loro lavoro silenzioso e professionale se Patrick Zaky è libero. Stanno facendo un ottimo lavoro: è quello che si chiede alla diplomazia, esplorare con discrezione tutte le possibilità di dialogo fra due governi che sono in disaccordo. Sul caso Regeni ci sarà ancora bisogno del loro supporto assieme, al lavoro di chi qui in Egitto crede che le riforme siano necessarie e non si possa non rispondere a un Paese amico come l’Italia».
Chi parla è Mohammed Anwar Sadat, 66 anni, capo del “Partito della Riforma e dello Sviluppo”, un gruppo con 15 deputati nel parlamento egiziano. Suo nonno Anwar fu il leggendario presidente che firmò la pace con Israele e venne ucciso dai Fratelli Musulmani esattamente 40 anni fa, il 6 ottobre del 1981. Sadat da mesi ha iniziato a lavorare sui diritti umani dei circa 65 mila prigionieri politici in Egitto. «Io sono il responsabile di un gruppo politico che voi chiamereste riformista. Credo che in questa fase sia necessario spingere il governo e il presidente Sisi a mantenere i segnali che sta lanciando sui diritti umani, a rendere effettivi i miglioramenti promessi. Ma se viene meno il confronto con Paesi amici come l’Italia, se viene meno il dialogo fra le persone di buona volontà, al Cairo prevarrà chi vuole tornare al muro contro muro, e chi pagherà saranno innanzitutto i cittadini egiziani».
Come giudica la libertà per Zaky? «Sapevo che sarebbe accaduto. È una notizia molto positiva e ora proviamo a ricostruire quello che si è rotto tra noi e l’Italia. Ho seguito da vicino il caso Zaky, sono stato in contatto con la famiglia e con la vostra diplomazia. È importante che Zaky sia tornato alla famiglia. Adesso il nostro procuratore generale non farà appello contro la decisione del Tribunale di rilasciarlo. La Corte comprende che Zaky è un giovane studente, per lui due anni in carcere sono stati abbastanza!».
Signor Sadat, molti dicono che le ultime aperture, le riforme annunciate dal presidente Sisi siano solo un trucco, un’operazione cosmetica? «Per questo noi dobbiamo continuare con un’operazione politica che consolidi il ritorno al rispetto dei diritti civili nel mio Paese. In ottobre è stato sospeso lo stato d’emergenza. A settembre si è avviata la creazione di una “National Strategy for Human Rights”, che viene seguita da vicino da un grande alleato dell’Egitto, gli Stati Uniti».
Torniamo a Zaky e all’Italia: rimane il doloroso caso Regeni. «La notizia della liberazione di Zaky è molto positiva. Anche per gestire il caso Regeni dobbiamo provare a ricostruire quello che è andato in crisi fra Italia ed Egitto. Io credo che noi egiziani dovremmo chiedere scusa alla famiglia Regeni perché i responsabili non sono stati ancora catturati, il loro diritto a chiedere giustizia e verità è sacrosanto. Io sono convinto che soltanto con un lento lavoro di miglioramento del modo in cui opera il sistema egiziano potremo procedere anche su questo dossier».
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante