Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/12/2021 a pag.19 con il titolo " 'Dall’Iran richieste irricevibili'. A rischio i negoziati sul nucleare" l'analisi di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
I colloqui di Vienna sono falliti perché l’Iran si è presentato con posizioni irragionevoli, a partire dalla richiesta di eliminare tutte le sanzioni come passo preliminare per il ritorno nell’accordo Jcpoa, comprese quelle che non riguardano il programma nucleare. Questa marcia indietro rispetto ai negoziati degli ultimi sei mesi non ha deluso solo gli Stati Uniti, ma anche i membri del gruppo P5+1 più vicini a Teheran, come Russia e Cina. Washington resta convinta che la via diplomatica sia quella da seguire, ed è pronta a tornare al tavolo negoziale, se i mediatori dell’Unione Europea lo apriranno la prossima settimana. Se però le posizioni di Teheran resteranno così rigide, e nel frattempo proseguiranno i progressi delle attività atomiche, resuscitare il Jcpoa diventerà impossibile per colpa della Repubblica islamica.
A quel punto gli Usa ritengono che avrebbero gioco abbastanza facile per tornare alle pressioni internazionali esercitate prima della presidenza Rohani, riportando in vigore o inasprendo il regime sanzionatorio allora appoggiato anche da Mosca e Pechino. È l’interpretazione dei colloqui che ha dato un’autorevole fonte del dipartimento di Stato, durante un briefing di background tenuto con i giornalisti sabato sera. E in questo quadro, secondo il Jerusalem Post, ieri notte il capo del Mossad David Barnea è partito per Washington per convincere gli americani a lanciare un’azione militare contro Teheran. Il governo guidato dal nuovo presidente Raisi aveva chiesto tempo, ma secondo Foggy Bottom «abbiamo visto cosa significava, e lo hanno visto anche Russia e Cina. Accelerare il programma nucleare in modi particolarmente provocatori, come prepararsi al raddoppio della capacità produttiva del 20% di uranio arricchito a Fordow. Significava arrivare con proposte che annullassero qualsiasi compromesso che l’Iran avesse presentato durante il sesto round di colloqui, intascare tutti i compromessi che gli Stati Uniti e altri avevano fatto, per poi chiedere di più». Ma il segretario Blinken «ha affermato che non possiamo accettare una situazione in cui l’Iran accelera il suo programma nucleare e rallenta la diplomazia». Le richieste messe sul tavolo pretendono un «sollievo dalle sanzioni che va ben oltre lo scopo del Jcpoa». Se però Teheran vuole un accordo diverso «dovrebbe dirlo, ed essere pronta ad andare oltre ciò che aveva fatto col Jcpoa». Secondo la fonte «accelerare porta solo alla conclusione che cercano di costruire un programma nucleare per ragioni tattiche, o per scopi più nefasti». Come minimo «potrebbero accumulare uranio arricchito a livelli più alti, e utilizzare centrifughe più avanzate, come leva per un accordo che estragga più da noi e meno da loro». Quindi bisogna lanciare «il messaggio all’Iran che c’è un prezzo da pagare, se continua su questa strada». Washington intende che «le sanzioni revocate a seguito dell’accordo potrebbero tornare in vigore, e non sarebbero solo statunitensi. Ci stiamo preparando per un mondo senza il Jcpoa ». Quanto alle pressioni dello Stato ebraico, «non vediamo il nostro lavoro come un tentativo di calmare Israele». Gli Usa preferiscono ancora la soluzione diplomatica, ma «Israele ha i suoi interessi nazionali che difenderà».
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante