Torino capitale dei diritti: l'esempio del Fuori! Commento di Fulvio Gianaria
Testata: La Repubblica Data: 05 dicembre 2021 Pagina: 1 Autore: Fulvio Gianaria Titolo: «Come si diventa una capitale dei diritti»
Riprendiamo dallaSTAMPA - Torino di oggi, 05/12/2021, a pag.1, con il titolo "Come si diventa una capitale dei diritti" il commento di Fulvio Gianaria.
I diritti civili, quell'insieme di libertà che garantiscono a ciascuno la possibilità di esprimere il proprio pensiero, di non essere discriminato, di vivere le proprie religiosità, identità, sessualità senza vincoli diversi da quelli che impongono di rispettare le scelte altrui e gli obblighi collettivi che assicurano una convivenza civile e sicura, dovrebbero essere diritti spontaneamente riconosciuti da qualsiasi comunità. Ma non è così. Tutti questi diritti sono stati e sono tuttora oggetto di faticose conquiste minacciate dal totalitarismo dei governi, dall'arroganza delle maggioranze e talvolta anche dall'individualismo egoista di qualche minoranza. Per ciò non stupisce che si senta l'esigenza di proteggere i diritti acquisiti e di aiutare la loro espansione ricordando i tempi in cui erano negati e le fatiche grazie alle quali sono stati riconosciuti. Per questo le città, in particolare quelle orgogliose di farsi chiamare `capitali dei diritti", si popolano di tracce, di segni che aiutano la memoria e di luoghi che la conservano e la tramandano. Nel 1850 le leggi Siccardi abolirono i privilegi goduti fino ad allora dal clero cattolico allineando la legislazione piemontese a quella degli altri stati europei: non più tribunali ecclesiastici che sottraevano alla giustizia laica gli uomini di chiesa non più l'impunità per chi si rifugia nei templi, uguaglianza per tutte le confessioni.
A ricordo di quelle riforme che portarono uguaglianza fu eretto l'obelisco di piazza Savoia, 21 metri di granito di Baveno, che ancor oggi ci ricorda la dignità che va riconosciuta a tutte le religioni (nelle fondamenta furono nascosti alcuni segni della nostra identità: un pacco di grissini, una bottiglia di barbera e una copia della Gazzetta del Popolo che aveva sostenuto quella battaglia di civiltà). Quando le lotte femministe degli anni 70 che chiedevano rispetto e parità di genere portarono all'occupazione del ex manicomio femminile di via Giulio, il movimento ottenne uno spazio che diventerà archivio e riferimento di una battaglia che non è ancora vinta e nacque la Casa delle Donne nell'Antico Macello di Po di via Vanchiglia 3. Per non dimenticare le vittime dei rastrellamenti nazifascisti si diffondono le pietre d'inciampo, quelle targhe d'ottone incastonate nel selciato dinnanzi agli androni delle abitazioni da cui, grazie alle leggi razziali, vennero strappati i deportati colpevoli di portare un cognome sgradito. Un originale monumento diffuso che ricorda come si può essere sradicati dalla propria vita normale e perseguitati solo per la fobia ideologica di chi ha deciso che la diversità altrui non è accettabile. In questa logica si aggiunge l'iniziativa del comitato promotore che vorrebbe inserire negli spazi del Polo del Novecento uno spazio che racconti la storia dell'omosessualità e dei movimenta come il Fuori! che a Torino è nato, che si sono battuti e si battono per farla diventare parte della normalità dunque una scelta individuale che chiede di essere finalmente liberata dai pregiudizi e dall'ignoranza che l'hanno irrisa e che ancora la circondano.
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