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La Repubblica Rassegna Stampa
02.12.2021 Iran a secco: esplode la protesta dell'acqua
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 02 dicembre 2021
Pagina: 17
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Iran in piazza per i fiumi la protesta dell’acqua minaccia gli ayatollah»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/12/2021, a pag.17, con il titolo "Iran in piazza per i fiumi la protesta dell’acqua minaccia gli ayatollah", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

With rivers dry and fields dust, Iranian farmers turn to protest | The  Times of Israel

«Ridateci lo Zayanderud! Ridate la vita a Isfahan!». Il 19 novembre, nel letto ormai arido del fiume che fece ricca l’elegante Isfahan, la città dei giardini in mezzo al deserto, c’è stata la più grande protesta ambientalista della storia iraniana. Migliaia di persone hanno sfilato risalendo il corso del fiume, sotto lo storico ponte Khaju, per chiedere che venga restituito alla città il bene più prezioso, l’acqua. La protesta è partita dai contadini, ma a loro si uniti cittadini di Isfahan e della pianura intorno, con i ristoratori che offrivano zuppe calde ai manifestanti e passanti che incitavano e applaudivano. La manifestazione è finita persino sui media nazionali controllati dal governo. I contadini, che già protestavano da giorni, avevano deciso di accamparsi nel letto del fiume fino a quando non fosse stata riaperta la diga che porta acqua allo Zayanderud. Le autorità sembravano tollerare. Quando però la protesta si è estesa anche a Shahrekord, a 80 chilometri più a sud, arrivando a lambire il Khuzestan ribelle che già a luglio era sceso in strada per chiedere acqua, lavoro e salari dignitosi, il sit-in pacifico è stato strozzato. Venerdì scorso all’alba le forze di sicurezza sono piombate nell’accampamento, nel giro di poco molte tende erano state date a fuoco. Al mattino in centinaia sono tornati sulla piana. La polizia ha usato gas lacrimogeni e manganelli per «rispondere al lancio di pietre dei rivoltosi », dicono le autorità locali. Ci sono stati diversi feriti: video condivisi online - nonostante il blocco di internet - mostrano il volto di una donna sanguinante e di un uomo a terra. Almeno 67 persone sono state arrestate. La marcia di Isfahan arriva dopo mesi di proteste diffuse nel Paese per la scarsità di acqua, ma è stata uno «spartiacque», ci dice un giornalista di Teheran che preferisce restare anonimo: ha riunito cittadini di diversa estrazione sociale e appartenenza politica. L’Iran è un Paese arido e semi-arido, colpito dal riscaldamento globale, e quest’anno sta affrontando la peggiore siccità in 50 anni, secondo l’ex ministro dell’energia, Reza Ardakanian. Il 70% del territorio non riceve abbastanza acqua dalle piogge e le autorità hanno spesso utilizzato le risorse delle regioni dove ce n’era di più per alimentare zone aride: è successo nel Khuzestan, ma è successo anche con lo Zayanderud, deviato per soddisfare le necessità delle imprese agricole e industriali delle aree intorno a Isfahan. C’entra la siccità, certo, ma c’entra soprattutto quella che lo studioso dello European Middle East Research Group, Bijan Khajehpour, definisce «la bancarotta dell’acqua»: malgoverno e cattiva gestione che hanno alimentato la corruzione. I capitali che girano intorno ai grandi progetti strutturali hanno spinto il sistema delle dighe sottraendo fondi a politiche idriche più sostenibili. Per l’ufficio del leader supremo, Ali Khamenei, la questione è una priorità nazionale. Le proteste sono una sfida vitale al sistema. Il governo ultraconservatore di Ebrahim Raisi, eletto a giugno in consultazioni con l’ affluenza più bassa della storia e ora impegnato a Vienna in una difficile trattativa per salvare il Jcpoa - l’accordo sul nucleare firmato nel 2015 ma poi abbandonato dagli Usa - dovrà dimostrare di saper tirare fuori il Paese dalle molteplici crisi in cui è piombato.

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