Riprendiamo da LIBERO di oggi, 26/11/2021, a pag.1 con il titolo "I cinesi spiano il governo e le procure", il commento di Andrea Morigi.
Andrea Morigi
Il governo italiano e i funzionari di Palazzo Chigi come i prigionieri politici musulmani dello Xinjiang: a spiarli sono le telecamere della stessa azienda, la Hangzhou Digital Technology, produttore cinese di sistemi di videosorveglianza. Dopo una prima rivelazione della rivista Wired, la questione approda anche in Parlamento, con un'interrogazione dei deputati Enrico Borghi e Filippo Sensi, che si rivolgono alla presidenza del Consiglio dei ministri e ai ministeri della Difesa e dell'Interno, per verificare se abbiano valutato i rischi per la sicurezza nazionale di un appalto che riguarda settori strategici della pubblica amministrazione: principalmente la sede del governo e le sale intercettazioni delle procure italiane. In più, secondo Formiche.net, anche «ingressi, entrate e corridoi del ministero della Cultura nell'ufficio centrale dove siede il ministro Dario Franceschini».
L'OCCHIO DI PECHINO Il problema, spiegano i due parlamentari, riguarda i sospetti sulla società produttrice, già veicolati da un documento del Parlamento europeo, nel quale si afferma che «Hikvision è stata accusata di fornire apparecchiature di sorveglianza ai campi di internamento ... esiste un rischio inaccettabile che Hikvision, attraverso le sue operazioni nello Xinjiang, contribuisca a gravi violazioni dei diritti umani». Pertanto, quando a Bruxelles e Strasburgo sono state installate apparecchiature della stessa provenienza, il Segretario generale dell'Europarlamento è stato invitato «a rescindere il contratto con Hikvision e a rimuovere tutte le telecamere termiche di tale azienda dai locali del Parlamento» e l'Ufficio di presidenza è stato richiamato a maggior prudenza «nella selezione dei fornitori». Chi persevera nell'utilizzo del servizio, va invece incontro alla possibilità che i segreti di Stato finiscano nelle mani di una potenza straniera. In questo senso sono stati recentemente sensibilizzati, da attivisti tibetani, anche gli uffici governativi britannici affinché dismettano gli apparati Hikvision presenti nei Dipartimenti nazionali del Lavoro e delle Pensioni, e della Salute e dell'Assistenza Sociale, oltre che al ministero della Giustizia. Anche gli americani se ne sono accorti e «il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha pubblicato un elenco di venti società cinesi - tra le quali la Hikvision - accusate di intrattenere stretti legami con l'Esercito popolare di liberazione». Con tali «entità possedute, controllate o affiliate al governo, all'industria militare o alla difesa della Cina», il Pentagono avverte che non si devono intrattenere rapporti commerciali. Il meccanismo di penetrazione è tanto tecnologicamente complesso quanto immediatamente e universalmente comprensibile nei suoi scopi militari e di intelligence. Infatti «gli apparati dell'azienda cinese poggerebbero su sistemi di tipo cloud, circostanza che, in assenza di opportune misure di sicurezza cyber, esporrebbe i dati al rischio di acquisizione e di analisi da remoto, favorendone il riprocessamento, la gestione e la comunicazione, anche in tempo reale». In pratica, potrebbero registrare le conversazioni del premier Draghi o le riunioni dell'esecutivo e trasmetterle a Pechino.
FURTO DI DATI Insomma, per accertare che non si stiano trasferendo conoscenze a Pechino all'insaputa dei responsabili delle istituzioni italiane, occorre rivedere a fondo e al più presto le procedure di controllo, e magari anche valutame l'adeguatezza, visto che «in considerazione dell'accresciuta esposizione alle minacce cibernetiche sono state adottate nel nostro ordinamento diverse disposizioni al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, nonché degli enti e degli operatori nazionali, pubblici e privati, attraverso l'istituzione di un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e la previsione di misure volte a garantire i necessari standard di sicurezza rivolti a minimizzare i rischi». Che la sottrazione di dati sia un'ipotesi realistica lo dimostra anche «una ricerca condotta sul sito web Shodan, portale di ricerca che indicizza dati relativi ai sistemi esposti sulla rete internet». Ne emerge, spiegano Borghi e Sensi, «che sarebbero migliaia, nel dominio cibernetico italiano, i dispositivi Hikvision esposti in rete. Un numero restituito certamente ridotto rispetto al numero effettivo di dispositivi presenti in Italia, in quanto il dato non contempla le reti chiuse». Siamo finiti tutti nel Grande Fratello, ma a nostra insaputa.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante