Gli ebrei europei vogliono tornare in Israele
Analisi di Antonio Donno
Se la buona notizia è l’inserimento di Hamas fra i gruppi terroristici da parte della Gran Bretagna, notizia peggiore è quella contenuta nell’articolo di Giulio Meotti apparso nel “foglio” lo scorso sabato: l’Europa si sta spopolando degli ebrei che vi vivevano da secoli, di generazione in generazione. L’ondata del nuovo antisemitismo che si sta diffondendo nel Vecchio Continente – come anche nei campus universitari americani – pone ogni giorno di più i cittadini ebrei di varie nazioni europee in una situazione di pericolo. Dall’Olanda alla Francia, dalla Svezia alla Norvegia, alla Danimarca, per non parlare dei Paesi dell’Europa orientale, gli ebrei stanno diminuendo di numero di maniera significativa. Si sentono insicuri per sé e per i propri figli e le manifestazioni quotidiane, spesso violente, di antisemitismo lo stanno a dimostrare senza alcun dubbio.
Qual è la ragione di questa nuova ondata di antisemitismo? È il risultato di decenni di lenta penetrazione dell’Islam nella cultura tradizionale europea, con il suo portato di antisemitismo strettamente connesso all’esistenza stessa di Israele come esito della conquista violenta e innaturale della terra islamica detta Palestina. Così, se la Shoah aveva per qualche tempo silenziato l’eco del tradizionale antisemitismo europeo, portato ai suoi estremi eccessi dall’odio ebraico nazista, con il passare degli anni la propaganda islamica, sostenuta da parte della destra e della sinistra europea, e lo stesso stanziamento di grandi comunità islamiche in molti Paesi europei hanno diffuso l’idea che lo Stato ebraico sia il frutto di uno spossessamento di terra islamica da parte del sionismo, una congrega ebraica che ha infettato di sé il mondo intero. Questa concezione ha finito per sostituire progressivamente nella mentalità occidentale l’idea che la nascita dello Stato di Israele fosse il giusto ritorno del popolo ebraico nella sua antica terra, Eretz Israel, dopo la catastrofe nazista. Oggi, dunque, il tradizionale antisemitismo ha coinvolto la stessa esistenza di Israele, terra degli ebrei che deve essere cancellata come tale, perché risultato di un furto storico che è obbligo sanare.
Nell’articolo di Meotti risulta, però, un dato critico. La gran parte degli ebrei che vogliono andar via dall’Europa antisemita dichiarano di volersi trasferire in Israele. Questo desiderio pone una domanda cruciale relativamente al nuovo antisemitismo che si sta diffondendo sia in Europa, sia nei campus universitari degli Stati Uniti. Se tale antisemitismo, imbevuto dell’odio islamico verso lo Stato degli ebrei, dovesse diffondersi e radicarsi come una nuova versione dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo di tradizione occidentale, il desiderato trasferimento degli ebrei europei in Israele rinvigorirebbe l’odio verso lo Stato ebraico e la lotta per la sua distruzione. Insomma, Israele diverrebbe ancor più l’obiettivo principale della campagna per la sua scomparsa dallo scenario mediorientale. L’islamizzazione del Medio Oriente sarebbe completata con la degiudeizzazione del territorio ora occupato “abusivamente da” Israele.
A guardar bene la situazione generale della questione, nulla a livello internazionale si sta muovendo per impedire tale processo di colpevolizzazione e di possibile, futura cancellazione dello Stato ebraico. Il comportamento delle Nazioni Unite è, da questo punto di vista, sintomatico. Israele è sempre condannato in ogni circostanza: una sorta di refrain che si ripete immutabile come un automatismo. L’Unione Europea è in una situazione di stallo politico, tale da non far prevedere nulla che modifichi questa situazione di fatto. Tutte le istituzioni internazionali sono immobili. Israele lotta strenuamente in ogni sede e in ogni circostanza; le sue difese militari sono sempre all’erta. Ma un dato deve essere considerato: gli Stati Uniti di Biden paiono lentamente allontanarsi dalle posizioni precedentemente assunte da Trump, anche perché nel programma del nuovo Presidente Il Medio Oriente è destinato a occupare un posto secondario nelle prospettive internazionali di Washington. L’esito del negoziato tra Stati Uniti e Iran e quello tra Israele e Hamas ci dirà quali saranno gli sviluppi futuri della situazione della regione.
Antonio Donno