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La Stampa Rassegna Stampa
04.03.2002 Stampa Scorretta
Stampa Scorretta

Testata: La Stampa
Data: 04 marzo 2002
Pagina: 1
Autore: Boris Biancheri
Titolo: «Il peggio deve ancora venire»
Su La Stampa del 4 marzo a pag. 1 nell'articolo: "Il peggio deve ancora venire" Boris Biancheri scrive: "Barak propose due anni fa uno Stato palestinese con il 97% dei territori del 1967 e non fu accettato. Forse se avesse proposto il 70% e il resto fosse stato guadagnato da Arafat nel negoziato, saremmo oggi più vicini alla pace".
L'affermazione di Biancheri è a dir poco sconcertante.
Secondo lui se si è arrivati a questa drammatica escaletion di sangue in Israele la colpa sarebbe dell'ex premier di Israele Ehud Barak perche avrebbe offerto "troppo" (sic!) ai palestinesi.
Non si interessa, Biancheri, alle responsabilità di Yasser Arafat che respinse (con il pretesto che Israele doveva concedere il cosiddetto "diritto al ritorno" in territorio israeliano ad oltre quattro milioni di cosiddetti "profughi palestinesi") le generose proposte di Barak a Camp David e con la scusa della "passeggiata di Sharon sul Monte del Tempio" incitò il suo popolo al terrorismo e alla rivolta contro Israele.
Ciò che Biancheri sembra voler fare è semplicemente accusare Israele e i suoi governanti di arroganza. Quell'arroganza che piace così tanto attribuire all'America, quell'arroganza detta a denti stretti, come un terribile eufemismo. Quell'arroganza in cui, non diciamo Biancheri (che avrà certamente la lucidità per non affermare simili aberrazioni, ma che dovrebbe considerare anche come parole così pesanti possano essere interpretate se usate in un articolo), in non pochi hanno trovato le "ragioni" dell'11 Settembre.

Sempre su La Stampa a pag. 3 in un trafiletto intitolato: "La moschea di Nazareth non si farà" è scritto che: "Con un gesto distensivo verso il vaticano, Israele ha rinunciato al controverso progetto di costruire una moschea vicino alla basilica dell'annunciazione".
In realtà si tratta di una controversia che era sorta fra la comunità cristiana e quella musulmana di Nazareth dal momento che in alcuni scavi archeologici adiacenti alla basilica dell'annunciazione era stata scoperata la tomba di un condottiero arabo nipote del Saladino e alcuni musulmani volevano (contro il parere dei cristiani) costruirvi una moschea.
Il governo israeliano al fine di risolvere questa delicata controversia religiosa aveva proposto che il luogo dove si trovava questa tomba fosse diviso in due metà ai cristiani e metà ai musulmani ma i cristiani rigettavano questo compromesso e il governo di Israele decideva pertanto la sospensione a tempo indeterminato dei lavori per la costruzione della moschea.

Sempre a pag. 3 c'è un articolo ("L'Europa faccia sentire la sua voce") di Norman Birnbaum il cui autore scrive queste allucinanti dichiarazioni: "Identificare i palestinesi con gli antisemiti europei è assurdo (ma allora come la mettiamo con la propaganda antisemita di Arafat?), tanto più - prosegue Birnbaum- che è proprio Israele ad assumere comportamenti colonialisti e persino razzisti".
Falso, dal momento che Israele è l'unico stato del Medio Oriente che rispetta le proprie minoranze etniche e religiose.
Birnbaum continua: "Israele, era un alleato militare prezioso durante la Guerra Fredda, quando i suoi eserciti testavano gli armamenti e i suoi servizi segreti erano disposti ad accollarsi quelle operazioni di cui la Cia non voleva sapere".
Adesso Birnbaum fa sua la teoria antisemita del "complotto Ebraico" contenuta in quel tristemente famoso libello antisemita che sono "I protocolli dei Savi di Sion"!
Nella sue critiche ad Israele Birnbaum arriva addirittura a paragonare le azioni di autodifesa di Israele alla repressione di Milosevic contro gli albanesi in Kossovo.
Che dire?
Birnbaum sarà pure un geniale professore ma a volte anche i professori possono prendere come si suol dire a Roma "lucciole per lanterne".

I lettori che volessero esprimere le loro impressioni su tale argomento possono scrivere a La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una mail pronta per essere compilata e spedita.


lettere@lastampa.it

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