Finalmente un'intervista corretta al nonno di Eitan
Commento di Deborah Fait
A destra: La famiglia Biran. Eitan è l'unico sopravvissuto
Non è l'Arena, conduce Massimo Giletti, ore 21.35, 17 novembre 2021. In studio la criminologa Roberta Buzzone e l'avvocato Andrea Catizone, specializzato in diritto di famiglia.
Finalmente la televisione ha dato voce con una lunga intervista a Shmuel Peleg, nonno del piccolo Eitan, l'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone (Alcune settimane fa era stato intervistato brevemente anche da -La vita in diretta-). È importante che la Tv se ne occupi finalmente in modo serio, onesto e senza pregiudizi perché internet che, si sa, ha un forte impatto sull'opinione pubblica, ha sempre presentato nonno Peleg in modo sospetto, come una specie di criminale, un mascalzone, un farabutto che se ne frega della legge ( questi e altri gli epiteti che si leggono sul web dove ha fatto anche capolino un neanche tanto nascosto antisemitismo). Mai un pensiero di pietà per una persona che ha perso la figlia, il nipotino e il genero a causa dell'incuria omicida di certuni. Alcuni media hanno persino cercato di disumanizzarlo chiamandolo ex soldato, fingendo di non sapere che in Israele tutti sono ex soldati dopo una certa età perché il servizio militare è obbligatorio per tutti, donne e uomini. Israele è un paese sempre minacciato da guerre e terrorismo. Lo sanno ma, se si può infangare un israeliano, allora fanno i finti tonti. Ieri sera Nonno Peleg ha potuto dimostrare la persona che è, serio e dignitoso, commosso fino alle lacrime quando parlava della tragedia che ha colpito lui e la sua famiglia, con un affetto infinito per quel nipotino che vogliono strappargli per portarlo in Italia.
Eitan con il nonno
Poi, incalzato da Giletti, ha raccontato come sono andate le cose con la magistratura italiana e molti particolari sconosciuti sono venuti alla luce. Mentre Eitan era in ospedale è stata fatta una specie di riunione in una camera dello stesso ospedale "La camera era piena di gente, mi hanno fatto entrare ma io non capivo quello che dicevano" Giletti a questo punto ha chiesto sbalordito "Come, non le avevano affiancato un traduttore, almeno in inglese?" No, niente, nessuno, poi Roberta Buzzone, assunta dalla famiglia israeliana per seguire quanto avviene in Italia, ha spiegato che accortisi finalmente, bontà loro, che il signor Peleg era uno straniero, hanno chiamato un'anestesista dell'ospedale che sapeva "qualche parola" di ebraico. Shmuel Peleg ha spiegato di aver capito solo la parola "temporaneo", si è allora assicurato di aver capito bene. Il giudice gli ha risposto di sì, la tutela alla zia Aya sarà temporanea. Non si sa per quale motivo il temporaneo sia poi diventato definitivo! Una giornalista di Non è l'Arena è andata a Torino per intervistare chi era presente in quella stanza, anestesista compresa, ma nessuno ha voluto parlare, è stata praticamente cacciata anche in malo modo. Il signor Peleg ha raccontato anche del blitz per portare in Israele il nipotino, spiegando che non aveva idea di andare contro la legge internazionale, era suo nipote, Eitan era contento di andare dalla nonna in Israele. Certo, è stato un errore ma, un giorno, ha detto con voce rotta dall'emozione: "Eitan capirà che il nonno ha fatto di tutto per salvarlo". Aggiungo che un mandato di cattura internazionale non è mai stato spiccato per alte decine di rapimenti e vi sono padri e madri disperati che non vedono i loro figli da anni. Ma questo nonno aveva qualcosa in più degli altri, qualcosa che ha avuto un gran peso sulle decisioni dei giudici: è israeliano, non solo, è un "ex soldato" ergo uno che forse avrà maltrattato qualche palestinese quindi giusto punirlo a dovere. La fiducia dei Peleg/Cohen (Cohen la nonna) nella giustizia italiana è andata a farsi benedire alla luce del comportamento raffazzonato nei confronti del signor Peleg. Il Tribunale di Tel Aviv, che ha dato credito ad Aya disponendo che Eitan ritornasse in Italia entro pochi giorni, non è stato migliore. Per fortuna è intervenuta l'Alta Corte di Gerusalemme che ha bloccato il tutto grazie all'istanza presentata dalla famiglia israeliana di Eitan e deciderà il da farsi a giorni. C'è anche la speranza che venga revocata la tutela, data forse con troppa superficialità senza preoccuparsi di sentire il parere del nonno presente all'udienza. Vedremo, questa triste e drammatica storia sarà ancora lunga. La speranza è che Eitan, forte dei suoi sei anni, passi il tempo a giocare. Il nonno ha detto che ha chiesto solo una volta della mamma e poi mai più. Fa male pensare alla confusione che quel bambino avrà nel cuore e per questo credo che la salvezza per lui sarebbe Israele dove tutti parlano la lingua che lui parlava con mamma e papà, dove potrà recarsi sulla tomba della sua famiglia distrutta per poter elaborare il suo dolore.
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"