Riprendiamo da NAZIONE/RESTO del CARLINO/IL GIORNO di oggi 16/11/2021, a pag.23 con il titolo "Auschwitz a fumetti nel 1944. Ma senza ebrei" il commento di Roberto Giardina.
Roberto Giardina
Un fumetto su Auschwitz non sarebbe una novità, e quasi tutti rischiano di banalizzare la Shoah. C'è il pericolo che la morte di sei milioni di ebrei venga vista dai giovani come una finzione, una storia western o un noir. Ma Nazi Death Parade, la parata della morte nazista, è un documento storico straordinario, il primo album a strisce sui lager, fu disegnato nel 1944 quando la fine della guerra era ancora lontana. È la prova che quanto avveniva a Auschwitz era noto a molti, e da tempo. Lo ha scoperto un professore di storia olandese, Kees Ribbens, dell'Istituto per la ricerca sulla guerra e la Shoah di Amsterdam, nel sito online di un antiquario di fumetti negli Stati Uniti, e ne ha curato la pubblicazione. L'autore è August Maria Froehlich, fuggito negli Stati Uniti dall'Austria, nel 1938, subito dopo l'Anschluss. Le strisce sono realistiche, senza morboso compiacimento, precise nei dettagli. Descrivono il trasporto su vagoni merci, come bestiame, l'arrivo al lager, le docce prima di entrare nelle camere a gas, e i cadaveri bruciati con i lanciafiamme, i resti sepolti nelle fosse comuni scavati da altri deportati in attesa della morte. Si presume che Froehlich abbia letto le prime testimonianze dei soldati sovietici dopo la liberazione del Lager di Majdanek, un sobborgo di Lublino, il primo campo abbandonato dalle SS, quando l'Armata Rossa era ormai a pochi chilometri, il 23 luglio del '44. RII Comic faceva parte di un'azione di propaganda americana contro il Ill Reich - spiega Kees Ribbens - si voleva influenzare l'opinione pubblica, e si scelse una pubblicazione popolare, puntando sulle immagini piuttosto che sulle parole». Come è noto, durante la guerra filtravano notizie sui campi di sterminio, sul genocidio compiuto dai nazisti, ma si stentava a prenderle per vere. Le solite invenzioni per demonizzare il nemico. Vennero pubblicati anche disegni sui lager, continua Ribbens, ma non erano realistici, pieni di luoghi comuni sul sadismo tedesco. Ma c'è un particolare sorprendente: in Nazi Death Parade gli ebrei sono assenti, non vengono mai nominati. Si può credere che le vittime sono gli abitanti dei paesi occupati. Una censura tragica. Evidentemente fu una scelta perché si temeva che i lettori potessero condividere l'odio contro gli ebrei. L'antisemitismo era diffuso negli Stati Uniti, come in Gran Bretagna. La Bbc nelle sue trasmissioni evitò sempre di denunciare la deportazione degli ebrei e la «macchina della morte» nei lager, nel timore che gli ascoltatori britannici fossero d'accordo con i tedeschi. La regina Vittoria aveva servitori indiani, e con uno strinse un'amicizia su cui nacquero molti pettegolezzi. La sovrana non era razzista, ma rimproverava al principe ereditario, che salì al trono come Edoardo VII, di essere amico di influenti ebrei di Londra. Meno di mezzo secolo dopo la Gran Bretagna non era cambiata di molto. II primo fumetto in cui la sorte degli ebrei viene descritta in modo realistico, sia pure come una favola, è Maus, A Survivor's Tale, la storia di un sopravvissuto, di Art Spiegelman, pubblicato nel 1986, e tradotto in Germania nel 1989, l'anno in cui cadde il muro. II disegnatore finge di descrivere quanto gli raccontano il padre e la madre. Gli ebrei sono rappresentati come topi, i nazisti come gatti, gli americani sono cani, i francesi ranocchie. I polacchi come maiali e per questo l'album fu vietato in Polonia, e le copie originali giunte a Varsavia vennero bruciate, come i libri finiti sul rogo a Berlino nel '34. Perfino nel '95 un manifesto che riproduceva la copertina di Maus venne sequestrato a Erlangen, in Baviera, perché mostrava una croce uncinata, e la casa editrice venne denunciata per propaganda nazista. Un paradosso. Spiegelman, nato a Stoccolma nel '48 e emigrato a New York nel '51, premiato con il Pulitzer, è figlio di Vladislav e Andzia, ebrei polacchi sopravvissuti a Auschwitz. Rysio, il fratello maggiore di Art, morì nel lager. «Ho voluto raccontare la Shoah come una favola - spiegò Spiegelman - rappresentando gli esseri umani come animali, per mostrare l'orrore senza mostrarlo». Per disegnare Auschwitz con realismo Froehlich fu costretto a cancellare gli ebrei.
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