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La Repubblica Rassegna Stampa
12.11.2021 Caso Eitan: no al ricorso del nonno
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 12 novembre 2021
Pagina: 21
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Caso Eitan, conclusa l'udienza per discutere il ricorso del nonno materno che si oppone al rientro del piccolo in Italia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/11/2021, a pag. 21, l'analisi di Sharon Nizza dal titolo "Caso Eitan, conclusa l'udienza per discutere il ricorso del nonno materno che si oppone al rientro del piccolo in Italia".
 
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Sharon Nizza


Eitan con la famiglia. Il bambino di 6 anni è l'unico sopravvissuto

E' durata poco poco meno di tre ore l'udienza della Corte distrettuale di Tel Aviv che si è riunita oggi per discutere il ricorso presentato da Shmuel Peleg, nonno materno di Eitan Biran, contro la decisione della giudice di primo grado il 25 ottobre di fare rientrare in Italia il piccolo superstite della tragedia del Mottarone. Questa mattina si sono presentati nell'aula del giudice Shaul Shohat - vicepresidente della Corte distrettuale e stimato esperto di diritto di famiglia - Aya Biran, la zia paterna e tutrice del bambino che da quasi due mesi si è trasferita da Pavia in Israele per seguire il processo, e Shmuel Peleg, contro il quale ieri è stato spiccato un mandato di cattura internazionale dalla procura di Pavia per rapimento del minore.

Nonna e console in aula Per la prima volta, il collegio dei tre giudici ha concesso alla nonna materna Esther Cohen, nonché al console italiano a Tel Aviv, Emanuele Oldani, di presenziare, in qualità di uditori, al procedimento che si svolge rigorosamente a porte chiuse. Non sono state fissate ulteriori udienze e la sentenza di secondo grado è prevista a strettissimo giro, e con ogni probabilità "non oltre domenica", secondo una fonte, nel rispetto delle tempistiche serrate stabilite dalla Convenzione dell'Aja sulla sottrazione dei minori. Fino ad allora, Eitan rimarrà in Israele, in virtù della sospensione dell'esecutività immediata della sentenza di primo grado. Se la Corte che si è riunita oggi dovesse confermare il primo giudizio, con ogni probabilità i legali dei Peleg si appelleranno alla Corte Suprema e il procedimento potrebbe protrarsi ancora per un mese.

Eitan continuerà a stare con la zia "Come stabilito dal giudice italiano, il signor Peleg ha commesso un grave reato. Siamo fiduciosi che anche la corte israeliana confermerà che ha rapito il bambino e che Eitan può tornare al più presto a casa sua e alla sua routine in Italia", ha commentato con Repubblica l'avvocato Avi Himi, legale della famiglia Biran, il mandato di cattura emesso ieri. Un'ordinanza che "non è pervenuta né a noi né tantomeno ai legali italiani e comunque non è oggetto del dibattimento in corso che riguarda unicamente gli aspetti civili secondo la Convenzione dell'Aja", ha dichiarato invece fuori dall'aula l'avvocato Ronen Dalyahu a nome di Shmuel Peleg. I giudici oggi non hanno voluto riaprire la questione della custodia congiunta del bambino durante le procedure giudiziarie in Israele: Eitan quindi continuerà a stare con Aya Biran e ai Peleg è concesso vederlo solo sotto la supervisione dei servizi sociali. Una decisione stabilita dopo il primo grado di giudizio che aveva annullato il precedente accordo per cui il bambino trascorreva tre giorni ad alternanza con ogni ramo della famiglia.

La strategia dei nonni Nell'udienza odierna i legali della famiglia Peleg hanno puntato nuovamente sulla strategia per cui Israele vada considerato "un centro della vita del bambino", il suo "luogo di residenza abituale" - prerequisito della Convenzione dell'Aja per stabilire in quale Paese si debba svolgere la procedura sul suo affidamento definitivo. Questo sulla base della loro ricostruzione secondo cui i genitori di Eitan, deceduti nel tragico incidente del 23 maggio, "si trovavano in Italia solo per un periodo limitato di studi e intendevano tornare a vivere in Israele" - argomentazioni che non hanno convinto la giudice di primo grado, che ha stabilito che è l'Italia il luogo di residenza abituale del minore. In aula oggi i legali dei Peleg hanno sostenuto che il bambino non è seguito da uno "psicologo neutrale" concordato tra le parti e hanno chiesto al giudice di nominarne uno. "La famiglia Peleg è certa che il tribunale non permetterà di strappare Eitan alla sua famiglia israeliana da parte materna e che terrà in considerazione il bene superiore del bambino", hanno dichiarato i legali di Shmuel Peleg.

Il nodo del mandato di cattura internazionale Rispetto al mandato di cattura internazionale, dalla procura israeliana confermano di non avere ancora ricevuto nessun atto relativo all'arresto di Shmuel Peleg. Quello che si ipotizza è che una eventuale domanda di estradizione da Roma terrà conto del fatto che il nonno materno è tuttora sotto indagine penale per rapimento anche a Tel Aviv: solo ieri la polizia ha trasmesso il fascicolo alla procura, che si dovrà esprimere in merito in tempi non definiti. Parlando con gli addetti ai lavori israeliani, emerge una certa "sorpresa" dalla comunicazione pubblica dell'ordinanza di arresto in Italia. Anche perché, fa notare una fonte, "chiaramente non c'è interesse a preannunciare una misura cautelare che metta in allerta l'oggetto della stessa". Il quotidiano Ynet riporta l'ipotesi che "il possibile scopo del mandato d'arresto internazionale e il suo tempismo sia esercitare pressioni psicologiche su Israele per porre fine al procedimento e fare tornare Eitan in Italia quanto prima". La valutazione nei canali rilevanti, secondo Ynet, è che "nel momento in cui Eitan tornerà in Italia, gli italiani non procederanno con la richiesta di estradizione". "Israele non emette arresti dei propri cittadini sulla base di mandati di cattura internazionale senza che ci sia un rinvio a giudizio", dice oggi il dott. Gal Levertov, già a capo del dipartimento internazionale della procura di Stato, in un'intervista alla radio israeliana 103Fm. Perché Israele proceda con l'arresto dovrà ricevere una richiesta di estradizione da parte dell'Italia, che verrà valutata dalle autorità competenti (giuridiche e politiche) in tempistiche non immediate, spiega l'esperto. "Nella maggior parte dei casi in cui è coinvolta la Convenzione dell'Aja ci si ferma all'aspetto civile, anche per il bene del bambino. Ma ci sono delle eccezioni chiaramente", ha aggiunto Levertov. Allo stato attuale risulta chiaro che, con il mandato di arresto pendente, Shmuel Peleg - che fino alla chiusura delle indagini penali in Israele non può lasciare Israele e ha consegnato il passaporto alla questura - non potrà essere presente alle udienze in Italia se i tribunali israeliani confermeranno che è quella la sede competente per discutere il futuro del piccolo Eitan.

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