Francia: assolto Jean-Marie Le Pen per le frasi ingiuriose sulla Shoah Commento di Mauro Zanon
Testata: Libero Data: 30 ottobre 2021 Pagina: 11 Autore: Mauro Zanon Titolo: «In Francia si può scherzare sulla Shoah»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/10/2021 a pag.11, con il titolo "In Francia si può scherzare sulla Shoah", il commento di Mauro Zanon.
La magistratura francese non ha nulla da invidiare a quella italiana.
Ecco l'articolo:
Mauro Zanon
Jean-Marie Le Pen
Il fondatore del Front national e patriarca della destra identitaria francese, Jean-Marie Le Pen, è stato assolto ieri dal Tribunale correzionale di Parigi, nel quadro dell'inchiesta per «istigazione all'odio razziale» aperta in seguito ad alcune frasi scivolose pronunciate nel 2014 contro il cantante e attore francese di origine ebraica Patrick Bruel. «I fatti hanno avuto la meglio sulla malevolenza. Sono lieto che il tribunale abbia emesso la sua sentenza seguendo il diritto», ha reagito "Menhir", 93 anni, che non era presente in aula al momento della lettura della decisione. Sette anni fa, il padre di Marine Le Pen, in un video diffuso sul sito dell'allora Front national, se la prese con alcuni artisti di sinistra che passavano il loro tempo a gridare contro l'estrema destra, come il regista teatrale Guy Bedos e la cantante americana Madonna, chiamati con disprezzo "Bedoche" e "Maldonna". Ma l'indignazione scattò quando Mane d'Herbais de Thun, fedelissima di Jean-Marie Le Pen, chiese a quest'ultimo cosa ne pensava di Patrick Bruel, il quale si rifiutava di organizzare concerti nelle città gestite dai sindaci frontisti. Domanda a cui "Menhir" rispose così: «Senta, la prossima volta faremo un'infornata (di questi artisti, ndr)». Il termine fournée, infornata, passò male, perché da molti venne interpretato, non a torto, come un riferimento ai forni crematori nazisti, e in più Jean-Marie Le Pen aveva rivolto quella provocazione a un artista ebreo. Il presidente del Tribunale correzionale di Parigi, ieri, ha riconosciuto che le dichiarazioni di Le Pen padre prendevano di mira la comunità ebraica, perché «la parola infornata» rinviava a uri «immagine simbolica del processo di sterminio sistematico degli ebrei europei». Tuttavia, ha aggiunto il giudice, non si trattava di un appello alla discriminazione e alla violenza contro gli ebrei, quanto piuttosto di «un bon mot», ossia di una battuta, seppur borderline. Assieme a Jean-Marie Le Pen, è stato assolto anche Jean-François Jalkh, ex direttore del sito internet del Front national. Per "Menhir" si tratta di un'importante vittoria giudiziaria, che non cambierà però la sua relazione con l'attuale Rassemblement national né i suoi rapporti con la figlia Marine. All'epoca, le frasi pronunciate dall'ex parà ebbero gravi conseguenze politiche all'interno del Front national. Marine, che era già presidente e aveva iniziato assieme al fedelissimo Florian Philippot la "dédiabolisation" del partito, parlò senza mezzi termini di "errore politico". Menhir fu poi escluso dal partito nell'estate del 2015, per poi essere privato anche della presidenza onoraria nel marzo 2018. Le Pen, nel passato, era già stato condannato per fatti simili. Nel 1993, si era visto infliggere un'ammenda per il suo discutibile calembour "Durafour crématoire" (four significa forno in francese, ndr), nei confronti dell'allora ministro della Funzione pubblica Michel Durafour (Jean-Mane aveva pronunciato la frase nel settembre 1988, durante l'università estiva del Fn, e si era visto togliere, per questo motivo, l'immunità parlamentare da deputato europeo nel dicembre dello stesso anno). Nel gennaio 2005, alla testata nazionalista Rivarol, dichiarò che l'«occupazione tedesca non era stata particolarmente disumana, anche se c'erano state alcune sbavature, inevitabili in un paese di 550.000 chilometri quadrati», provocando l'apertura di un fascicolo giudiziario. Nel 2009, la Corte d'Appello di Parigi lo condannò a tre mesi di prigione con la condizionale e a 10mila euro di multa per «contestazione di crimini contro l'umanità». Con la stessa accusa, fu condannato in via definitiva nel marzo 2018 per aver qualificato le camere a gas «un dettaglio della Seconda guerra mondiale».
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