Le donne afghane abbandonate dall'Occidente Commento di Francesca Mannocchi
Testata: La Stampa Data: 27 ottobre 2021 Pagina: 17 Autore: Francesca Mannocchi Titolo: «La vergogna dell'Occidente»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/10/2021, a pag.17, con il titolo "La vergogna dell'Occidente", il commento di Francesca Mannocchi.
Il presidente Bidene la vicepresidente Harris ritengono che promuovere l'equità e l'uguaglianza di genere sia fondamentale per la sicurezza economica, la sicurezza, la salute e la capacità di esercitare i diritti elementari di ogni individuo. È anche essenziale per la crescita e lo sviluppo economici, la democrazia e la stabilità politica e la sicurezza delle nazioni in tutto il mondo»: è solo uno stralcio della prima strategia nazionale per promuovere la piena partecipazione delle donne, pubblicata venerdì scorso dall’amministrazione Biden-Harris. Un report dettagliato di 42 pagine con un obiettivo chiaro: è necessario garantire che tutte le persone, indipendentemente dal sesso, abbiano l'opportunità di realizzare il loro pieno potenziale. E questo — firmano Presidente e Vice Presidente—è un «imperativo sia morale sia strategico», precondizione per il progresso di democrazie forti e sostenibili. «Queste non sono solo parole — si legge -, ma una tabella di marcia per fornire risultati per il popolo americano e i nostri partner in tutto il mondo. E si basa sul lavoro che l'amministrazione Biden-Harris ha già svolto per promuovere l'equità e l'uguaglianza di genere in patria e all'estero». Una strategia per gli Stati Uniti e il resto del mondo, dunque. Nelle stesse ore in cui veniva pubblicato il report per l'inclusione femminile ero a Firenze, ospite del festival Eredità delle donne di Serena Dandini, chiamata a ragionare diAfghanistan.
Collegato, da Kabul c'era Alberto Cairo che, per la Croce Rossa Internazionale, si occupa del centro di riabilitazione da più di trent’anni e che ha, perciò, già vissuto nell'Afghanistan dei taleban dal 1996 al 2001: «Si sta tutto rimodellando — ha detto — sentiamo ancora il traffico caotico delle strade, però è scomparsa la musica e sono scomparse le ragazze dalle scuole», è scomparso dal Paese un pezzo di società civile come le due giovani presenti all'incontro. La studentessa e giornalista afghana Rahel Saya e in videocollegamento dalla Spagna Haseen Amini Fatima, attivista afghana per il diritto allo studio delle ragazze. Potevano parlare, con l'energia e la forza con cui hanno parlato, perché ora sono due rifugiate, la prima in Italia, la seconda in Spagna, e «l'esilio è un'altra forma del morire», ha detto Rahel, che si sente una giovane spezzata «perché noi lasciate indietro dall'Occidente abbiamo a nostra volta lasciato indietro il nostro Paese e la nostra gente». Un abbandono, quello occidentale, che ha lasciato in eredità un presente di separazioni e il futuro di un Paese che si sta svuotando delle (poche) persone che avevano avuto accesso all'istruzione secondaria, a una cultura dei diritti elementari necessari per costruire lo sviluppo economici, la democrazia e la stabilità politica e di cui l'amministrazione Biden-Hanis andrebbe fiera Chi resta, oggi, a Kabul prova a scendere in piazza, e alzare la voce. L'ha fatto ancora ieri mattina uno sparuto numero di donne nella capitale chiedendo diritto allo studio, diritto al lavoro. Portavano in mano cartelli bianchi con su scritto «perché il mondo sta guardando la nostra fine senza agire?» e ancora «perché il mondo tace?», gridavano, «l’ignoranza è vergogna». Ignorare è una vergogna, è vero. Ma non meno grave è limitarsi a guardare in superficie. Pubblichiamo brevi video che coraggiosi giornalisti rilanciano sui social, sosteniamo le loro rivendicazioni e siamo ammirate dalla tenacia che dimostrano. Che dimostrano lì. Nelle strade delle loro città ormai in mano ai talebani. Noi, quelli accusati di tacere e non agire, abbiamo ora altre responsabilità. Per esempio quella di fare sì che la solidarietà verso le donne afghane in piazza non metta in ombra altre tragiche emergenze che il Paese affronta e che sono sulle nostre spalle, sulle spalle dell'Occidente, che non legittima il governo taleban e prende tempo dove il tempo sta scadendo. Da agosto la crisi economica è accelerata a un ritmo che potrebbe paralizzare il Paese in poche settimane. Già ora in molte province afghane è impossibile per le famiglie comprare cibo. Un alto funzionario delle Nazioni Unite ha avvertito che milioni di afghani, comprese donne e bambini, potrebbero morire di fame se non si intraprende un'azione urgente per impedire il collasso del Paese. Secondo il Direttore Esecutivo del Programma Alimentare Mondiale (Wfp) David Beasley tre milioni e mezzo di bambini potrebbero soffrire di malnutrizione acuta, «siamo al conto alla rovescia dalla catastrofe», ha detto. Le donne afghane con i loro cartelli bianchi, le loro grida e il coraggio che dimostrano ci chiedono anche questo. Di dimostrare di saper fare la nostra parte, non soltanto supportando le proteste, ma anche liberare i fondi congelati per gli aiuti umanitari per bloccare quel conto alla rovescia.
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