Riprendiamo da LIBERO di oggi, 19/10/2021 a pag.17, con il titolo "Se l'islam ti uccide la figlia devi tacere", il commento di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
Nathalie Jardin
Nathalie Jardin era al Bataclan la sera del 13 novembre 2015, quando un commando di jihadisti formato da Ismaël Omar Mostefai, Samy Amimour e Foued Mohamed-Aggad entrò nella sala concerti parigina sparando raffiche di kalashnikov al grido di "Allah Akbar". Tra i novanta corpi senza vita ritrovati dalle forze dell'ordine al termine dell'assalto, c'era anche quello di Nathalie. Da quella tragica notte, suo padre, Patrick Jardin, non si è mai ripreso.
RABBIA E RIVOLTA Lo scorso anno, per le edizioni Presses de la délivrance, ha scritto un libro per gridare la sua rabbia: Pas devant les caméras! Le cri de révolte d'un père en colère. Rabbia contro i barbari islamisti che gli hanno portato via per sempre Nathalie, ma anche contro lo Stato francese che non è stato capace di prevenire gli attacchi e la vigliaccheria dei benpensanti che considerano l'islamofobia più pericolosa dell'islamizzazione della Francia. A sei anni dalla tragica notte, Le Monde lo ha contattato per rivolgergli alcune domande, Patrick ha accettato di rispondere, ma ieri, aprendo il sito del quotidiano della gauche, si è trovato di fronte a un articolo a dir poco nauseante che lo dipingeva come un «père haineux», un padre odiatore, la cui «insondabile tristezza (...) alimenta un vecchio militantismo di estrema destra virulento». «In seguito alle false informazioni pubblicate dall'Immonde (gioco di parole per denunciare la scarsa deontologia di Le Monde, ndr) questa mattina ho sporto denuncia per diffamazione. Non ho mai fatto politica, non ho mai fatto parte dell'Afo (Action des forces opérationnelles, gruppuscolo di estrema destra francese, ndr) e hanno utilizzato una foto che mi ritrae senza la mia autorizzazione», ha scritto sul suo account Twitter Patrick Jardin. Al Monde, questo uomo di 68 anni si è detto sorpreso dall'atteggiamento di certe famiglie che hanno perso i loro cari al Bataclan e negli altri luoghi in cui il commando di Salah Abdeslam ha colpito. «Contrariamente a me, non provano alcuna forma di odio (verso gli attentatori, ndr). E qualcosa di incomprensibile e talvolta mi capita di chiedermi se sono normale o se sono loro a non esserlo», ha dichiarato il padre di Nathalie, secondo cui certe associazioni di vittime e i loro portavoce sono colpiti dalla «sindrome di Stoccolma».
SINDROME DI STOCCOLMA Il riferimento, in particolare, è a Georges Salines, che dirige l'associazione 13onze15 e che ha scritto un libro con il padre di un attentatore del Bataclan, Azdyne Amimour (Il nous reste les mots, Robert Laffont, 2020). «Mi disgusta vederli prosternarsi in questo modo. Io sono incapace di perdonare, mi rifiuto di abbassare la testa», dice questo padre arrabbiato. Che, oltre a dover subire le pene di una vita senza la propria figlia, deve anche incassare gli attacchi stucchevoli di un quotidiano che si permette di dargli dell'«hater di estrema destra» nei giorni in cui si sta preparando per testimoniare al maxi-processo del 13 novembre 2015 (parlerà il 26 ottobre). «Articolo immondo di Stéphanie Marteau su Le Monde, che si permette di giudicare il padre di una vittima del Bataclan: questo giornale sovvenzionato farebbe meglio a occuparsi dell'odio dei terroristi assassini!», ha reagito l'europarlamentare del Rassemblement national Gilbert Collard. «Non mi calmerò mai, non ho nulla da perdere», afferma Patrick Jardin, che sta scrivendo un secondo libro sul rischio di guerra civile in Francia.
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