Il Medio Oriente è appena stato scosso da una mini crisi causata dalla recente sentenza di un tribunale israeliano di primo grado. Il ministero degli Esteri egiziano ha espresso profonda preoccupazione per le ripercussioni di questa decisione e del suo impatto sulla sicurezza e sulla stabilità nella regione. Il Primo Ministro palestinese Mohammad Ibrahim Shtayyeh ha lanciato un appello agli Stati Uniti e ha invitato le nazioni arabe a essere solidali con i palestinesi. In Giordania si parla di palese violazione dell'Islam e di provocazione ai sentimenti dei musulmani di tutto il mondo. Per Hamas si tratta di un’aggressione contro la religione e di una vera dichiarazione di guerra. Il mufti di Gerusalemme è preoccupato per una possibile escalation delle ostilità e per lo scoppio di una guerra di religione. La Lega Araba e l'Organizzazione per la Cooperazione Islamica si sono unite al coro delle condanne. Tutti levano proteste contro quello che vedono come un nuovo e scandaloso tentativo israeliano di rimettere in discussione lo statu quo sul Monte Moriah, che loro chiamano Haram es Sherif, il Santo Santuario. E’ qui che furono costruite la Cupola della Roccia e la Moschea di Al Aksa dopo la conquista di Gerusalemme da parte degli eserciti dell'Islam nel VII secolo. Ma perché una decisione presa da un tribunale israeliano di primo grado ha suscitato un tale clamore? A prima vista era una questione di poco conto. Durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro della vita ebraica, un pio ebreo venne a meditare sul Monte Moriah, che gli ebrei chiamano il Monte del Tempio perché è lì che il re Salomone costruì il primo tempio di Gerusalemme più di quindici secoli prima della comparsa dell'Islam. Un poliziotto presente ha osservato che quell’uomo stava pregando in silenzio. Invitato ad andarsene immediatamente, al “colpevole” è stato ingiunto il divieto di tornare sul posto. Certo, il Monte del Tempio si trova a Gerusalemme, la capitale dello Stato di Israele e sono i poliziotti israeliani che presidiano gli ingressi e ne garantiscono la sicurezza; ma è il Wakf giordano che nominalmente esercita l’autorità. Una decisione controversa presa dal Ministro della Difesa Moshe Dayan dopo la riunificazione della città nel 1967. L'accesso degli ebrei a questo luogo santo è strettamente regolamentato “per non offendere” i sentimenti religiosi dei musulmani, e in particolare, è loro vietato pregare lì. Proprio così, agli ebrei non è permesso pregare lì. Nel suddetto caso, il “colpevole” ha fatto appello sia per il divieto di tornare al Monte, sia per il divieto di pregare a bassa voce. Il giudice gli ha dato ragione. Intollerabile per i musulmani, che occultano la storia, negano ogni collegamento tra gli ebrei e la spianata, e sostengono che il monte appartiene solo a loro. Non era il caso di agire così in fretta. La polizia ha fatto appello “per non turbare l’ordine pubblico” e la sentenza è stata annullata. I media occidentali hanno preferito non parlare di una storia, tutto sommato, imbarazzante. E il Vaticano, che non vorrebbe mai offendere l'Islam ricordando che l'ebreo Gesù era venuto a pregare al tempio, ha osservato un assordante silenzio.