Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 09/10/2021, a pag.17, con il titolo "Muratov: 'È un premio per i giornalisti caduti. Ma lo meritava Navalnyj' " l'intervista di Rosalba Castelletti.
Rosalba Castelletti
Dmitrij Muratov
«Guardate la targa e il giardino in memoria di Anja Politkovskaja. Ieri abbiamo commemorato il 15° anniversario del suo omicidio. Dal momento che i Nobel per la pace non vengono assegnati post mortem , credo che si siano inventati quest’espediente per premiare Anja, seppure di seconda mano». Incontrando i giornalisti davanti all’ingresso moscovita della redazione di Novaja Gazeta , il giornale russo che ha cofondato e che dirige dal 1995, Dmitrij Muratov lo ripete a più riprese: il Nobel per la pace che gli ha conferito il Comitato norvegese non è suo, ma dei suoi colleghi assassinati per le loro inchieste scomode. «È il premio di Anna Politkovskaja, Igor Domnikov, Jurij Shchekochikhin, Nastja Baburova, Stas Markelov, Natasha Estemirova. È il premio di tutti i nostri giornalisti caduti che hanno sacrificato la vita per il loro mestiere», dice rispondendo alle domande di media russi e stranieri, tra cu i Repubblica . È «felice» e «stordito». E scarica la tensione inanellando battute e risate.
Dmitrij Andreevich, oggigiorno quant’è pericoloso fare il giornalista in Russia? «La situazione è strana. Da un lato, ogni mercoledì e venerdì, ci sono testate e giornalisti che vengono dichiarati "agenti stranieri" (marchio che limita la libertà di stampa nella Federazione russa, ndr ). Dall’altro, c’è ressa per entrare nelle facoltà di giornalismo o per fare uno stage da noi. Non ho ancora capito il nesso. Perché la gente è disposta a correre rischi? Insieme al mio amico, Jurij Kozyrev, eccezionale fotoreporter di guerra, amiamo una citazione di Robert Capa, il primo giornalista in prima linea al mondo. Disse che se le tue foto non ti piacciono, allora non eri abbastanza vicino. Ecco, chi vuole diventare giornalista, secondo me, vuole essere più vicino alla vita quando cambia in meglio».
Alcuni media russi sono stati dichiarati agenti stranieri, altri non desiderati, altri messi al bando. Perché le autorità russe hanno preso di mira la stampa? «Perché il Parlamento non rappresenta tutto il popolo. La minoranza che la pensa diversamente è rappresentata dai media. Per questo i giornali e le start-up russe, soprattutto d’inchiesta, vengono presi di mira».
In che modo potrà contribuire alla libertà di stampa in Russia questo premio? «Non so come potrà influenzare la censura nel Paese, però posso dirvi una cosa. Lunedì ci siederemo e ragioneremo su come distribuire il premio. Oltre che ai bambini con malattie gravi, ne devolveremo una parte per sostenere i media russi indipendenti».
Questo premio migliorerà la sicurezza dei giornalisti in Russia? «Non lo so. È il mio primo giorno in questa strana veste (sorride). Chiedetemelo tra un mese».
La decisione del Comitato Nobel è una critica alle autorità russe? «Questa è una domanda per il Comitato Nobel».
Aleksej Navalnyj
Non teme che le autorità agiranno contro "Novaja Gazeta" ancora più duramente? «Volete che rifiutiamo il Nobel? No. Non sono Pasternak (ride)».
Non ha paura che Novaja Gazeta venga bollata come "agente straniero"? «Ho fatto questa domanda ai funzionari di governo che oggi si sono congratulati con me. Saremo dichiarati agenti stranieri dopo aver ricevuto il premio? Non ho ancora ricevuto risposta. Se mai succederà, dovrete scrivere così: "Questo messaggio è stato creato da un agente straniero — un premio Nobel"».
È vero che entrerà in politica? «Ma quale politica? Faccio il mestiere più bello del mondo».
E se toccasse a lei conferire un premio oggi, a chi lo darebbe? «Se fossi nel Comitato Nobel, voterei per la persona su cui scommettevano i bookmaker. Ma credo che questa persona abbia ancora un futuro davanti. Parlo di Aleksej Navalnyj».
Ha collaborato Aleksej Larionov
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