Due blocchi nel Medio Oriente
Analisi di Antonio Donno
A destra: Gilles Kepel
Nell’intervista rilasciata da Gilles Kepel all’“Espresso” il 3 ottobre scorso, il politologo francese fa riferimento al fatto che la nuova ondata di jihadismo tende a mettere insieme sunniti e sciiti nello stesso progetto di attacco all’Occidente, avvicinamento che avevo menzionato nel mio articolo apparso su “Informazione corretta” il 29 settembre scorso. Tuttavia, afferma Kepel, su questo tema si confrontano i Fratelli musulmani, capeggiati dalla Turchia, cui si è unito l’Iran, e il blocco dei paesi che fanno parte degli Accordi di Abramo (Israele, Emirati Arabi Uniti, Sudan e Marocco). Nel Medio Oriente, dunque, si evidenzia una spaccatura tra le forze islamiste, che fanno capo alla Turchia, e il blocco dei paesi arabi, che fa riferimento all’high-tech israeliano, consapevoli che si stia avvicinando l’epoca post-petrolifera.
Per concludere il discorso di Kepel, si può affermare che oggi il Medio Oriente è diviso in due fasce politiche contrapposte sul piano dei rapporti con l’Occidente. Da una parte, la Turchia che Kepel definisce “il centro dell’Islam politico”, che tende a egemonizzare l’intera regione in funzione anti-occidentale e quindi anti-israeliana; dall’altra, i paesi arabi degli Accordi di Abramo, che, stringendo il patto politico ed economico con Israele, hanno compreso come sia venuto il tempo di normalizzare le relazioni con Gerusalemme, cioè, in sostanza, con la punta avanzata dell’Occidente nel Medio Oriente, in un quadro di cooperazione a tutti i livelli. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente, la funzione di Israele è divenuta cruciale per connettere una sezione politicamente fondamentale del mondo arabo sunnita con il mondo occidentale e contro il fondamentalismo islamista. Questi due blocchi sono destinati a confrontarsi nei prossimi anni.
Occorre, però, mettere in evidenza la grave situazione economica sia della Turchia, sia dell’Iran. Oggi Erdoğan è aiutato finanziariamente dal Qatar, che fa parte del blocco islamista, ma fino a quando questa situazione potrà durare? La politica imperialista di Erdoğan nel Mediterraneo orientale comporta un impegno economico continuo e pressante, tale da aggravare la situazione delle casse dello Stato turco e le condizioni di vita della popolazione. Lo stesso discorso vale per l’Iran che sovvenziona le milizie degli Hezbollah e le forze politiche e militari presenti in Iraq e nello Yemen.
Il quadro politico del Medio Oriente, oggi, pone Israele in una posizione delicata ma, nello stesso tempo, ricca di importanti implicazioni politiche. Tutto ciò è scaturito dalla precedente politica che Netanyahu ha messo in campo insieme a Trump e che ha prodotto un esito fino a quel momento impensabile per la situazione mediorientale quale sia era venuta definendo dalla fine del secondo conflitto ad oggi. Israele, per la sua forza economica attuale, è divenuto il punto di riferimento di quei paesi arabi che hanno compreso come l’ostilità verso lo Stato ebraico è ormai controproducente per il loro futuro economico. Nello stesso tempo, come si è detto, Israele è sempre pronto a contrastare qualsiasi attacco proveniente dalla parte islamista, ponendosi come baluardo a difesa di quella sezione del mondo arabo minacciata dalle forze islamiste presenti in vari punti dello scenario mediorientale. Gli Accordi di Abramo hanno conferito a Israele un ruolo centrale nella politica della regione, grazie all’azione diplomatica di Netanyahu-Trump. È fondamentale che il nuovo governo di Gerusalemme prosegua su questa strada, incrementando e sviluppando gli accordi con il mondo sunnita nemico dell’islamismo radicale, oggi capeggiato dalla Turchia di Erdoğan.
Il fattore di maggiore incertezza riguarda l’Iran, non tanto – come si è detto – per la differenza tra sciiti e sunniti, quanto per le mai sopite ambizioni di crearsi una base egemonica nel Medio Oriente. Occorrerà attendere le conclusioni delle trattative tra Iran e Stati Uniti per avere un quadro certo dei progetti iraniani per la regione mediorientale. Se Teheran dovesse riprendere un processo di espansione politica nell’area, allora il contrasto con Ankara potrebbe avere effetti negativi in quel contesto. Per Israele è fondamentale impegnarsi a dare sempre maggiore sostanza politica agli Accordi di Abramo e così creare nel Medio Oriente un’area di solidarietà e comunanza politica per fronteggiare le mire del fondamentalismo islamista.
Antonio Donno