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La Stampa Rassegna Stampa
23.11.2002 Chi fa informazione e chi no
Nirenstein informa, Vargas Llosa insulta

Testata: La Stampa
Data: 23 novembre 2002
Pagina: 6
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Mitzna: "L'unica soluzione è un muro fra noi e loro"»
Invitiamo i nostri lettori a leggere attentamente i due articoli che riproduciamo. Il primo, di Fiamma Nirenstein, descrive il nuovo leader del partito laburista con distacco professionale. Espone le sue idee, i suoi progetti, e,da giornalista corretta, non prende posizione. Questo significa rispettare il lettore.
Il secondo, di Mario Vargas Llosa, publicato sulla Stampa di domenica 24 novembre 2002 a pag. 11, è di tutt'altra pasta. La figura di Amram Mitzna passa quasi in secondo piano per lasciare il posto ad una serie di invettive, di insulti, di demonizzazioni contro Sharon e Netanhiau. Tutto l'articolo è poi è poi zeppo di falsità storiche, tralasciando volutamente noi la confutazione delle idee personali dello scrivente.
Lo riproduciamo per intero perchè è un articolo significativo. Ci spiega fin dove può portare l'ossessione accusatrice nei confronti di una parte e la conseguente assoluzione di chi invece pratica il terrorismo come se fosse normale politica.
Vargas Llosa, accecato dal suo odio, offende l'intelligenza dei suoi eventuali lettori.
Superate il fastidio e leggete. Un altro buon motivo per stare dalla parte di Israele contro chi usa le armi dell'odio e non quelle della ragione.

Ecco il primo dei due articoli, quello di FIAMMA NIRENSTEIN:

«COMBATTEREMO contro il terrore come se non cercassimo la pace, e lavoreremo per la pace come se non ci fosse il terrore»: con lo slogan favorito di Rabin, appena modificato, Amrama Mitzna si è presentato dopo la designazione a candidato primo ministro a 2000 membri della convenzione del partito laburista nel mezzo della situazione più drammatica, quella che ha sempre battuto alle elezioni il Partito laburista: una forsennata salva di attentati terroristici. Peres fu battuto da Netanyahu proprio a causa della fila di attacchi agli autobus di Gerusalemme e di Tel Aviv in cui furono uccise centinaia di persone. Amram Mitzna, che promette di uscire dai territori, di tornare a trattare, non trova il terreno più favorevole nella situazione attuale: la sua primitiva e affettuosa attitudine verso la pace però fa sperare di nuovo i laburisti messi in un angolo dall'Intifada, dal rifiuto di Arafat, dallo spargimento di sangue. Amram Mitzna è il loro sogno, un sogno di brava persona, un sogno di generale buono, il sogno di volare su un cavallo bianco con le ali verso la leadership perduta, sorvolando le miserie di questo mondo, conquistando il ruolo di primo ministro laburista dello stato d'Israele: un sogno, appunto, e non una realtà effettuale, specchio psicologico di ciò che la sinistra è divenuta negli ultimi due anni terribili, in cui la pace ha ricevuto tanti terribili colpi. Mitzna fa apparire alla sua gente il miraggio appunto di un nuovo Rabin, un generale buono che possa dire «no more war» e essere ascoltato da tutto il mondo, persino da Arafat, e chissà, dai siriani, dagli hezbollah, dagli iraniani, da tutti gli odiatori del Piccolo Satana. Ma chi è Mitzna in realtà? Cosa vorrebbe fare, e che cosa farà? E perché ha battuto gli altri due candidati alla guida del partito e al ruolo di Primo Ministro alle prossime elezioni? Mitzna discende per i rami del grande albero genealogico ashkenazita della leadership israeliana, nella scia dei grandi leader israeliani come Moshè Dayan e Rabin: il grande padre della pace assassinato appare subito quando si apre il sito Internet di Amram mentre gli stringe la mano durante la guerra del Kippur. Come prescritto dalla tradizione epica della sinistra, Mitzna è figlio di un kibbutz socialista nella vita e nelle idee, Dovrat, dove è nato il 2 febbraio del 1945. E' relativamente giovane dunque, vigoroso, barbuto, lo sguardo diritto di un intellettuale soldato: «Io non sono un politico» ripete spesso. La sua voce non ha i toni bassi tipici della vulgata militare, non porta con sè la memoria di un duro passato da generale, come invece, per esempio, il nuovo ministro della Difesa Shaul Mofaz: è una voce alta e chiara, con inflessioni di dubbio ma anche di promettente allegria; il suo eloquio è pieno di promesse di pace, di fiducia, non c'è tristezza nei suoi occhi in un periodo tanto disgraziato. I suoi genitori vivono tuttora nella zona del kibbutz d'origine e del suo collegio militare, sua moglie Alisa (da cui ha avuto tre figli) è stata dal `93 la moglie ideale per il sindaco rosso della rossa città portuale di Haifa: Mitzna, da quando è stato eletto a quella carica ha amministrato con molte innovazioni, arredo urbano audace, alte discusse costruzioni sulla spiaggia, computer in abbondanza nelle scuole, cordiali rapporti con la vasta popolazione araba. Prima della carriera locale è stato un generale molto animato da istanze etiche, che quando Sharon fu schiacciato dalla responsabilità di Sabra e Chatila dette le dimissioni, per poi ritirarle per specifica richiesta personale di Menahem Begin. Mitzna ha anche molte medaglie: le ha prese nella Guerra dei Sei Giorni e in quella del Kippur. Quattro ne ha combattute, sempre alla testa dei carristi. E' stato generale anche durante la Prima Intifada, ma proprio da tutte le vicende belliche, e persino da questa ultima Intifada, non ha tratto una visione pessimistica: il suo programma è uscire entro un anno, se sarà eletto, da Gaza, e poi avviare trattative che portino comunque a una separazione dai palestinesi. «Se non ci staranno, io in ogni caso mi batterò per una separazione unilaterale con ritiro delle truppe e con la costruzione di una muraglia poderosa, efficace». Potrà farlo? E' molto difficile, se il terrorismo non accennerà a diminuire, che possa seriamente ambire alla leadership del Paese alle elezioni generali di gennaio, dopo aver conquistata quella del suo partito. E anche dentro il suo partito, si aprirà presto una lotta su un dilemma basilare nonostante Mitzna lo dia già per risolto con un «no»: rientrare in un governo di coalizione, che combatte il terrorismo come un solo uomo? Oppure come appunto dice il nuovo candidato, restare fuori a capo di un'opposizione decisamente pacifista, che non anteponga la fine del terrorismo al ritorno alle trattative? Non è un quesito facile: la prima ipotesi può portare all'appiattimento del partito, ma è anche quello che molti elettori si aspettano mentre il Paese è straziato da una guerra che porta lutti quotidiani. D'altra parte, stare all'opposizione, come Mitzna prospetta, perorare trattative di pace rifiutate dal nemico, può a sua volta essere una politica che comporta un drenaggio di voti fino al dissolvimento. Per ora, Mitzna viene avanti con la freschezza di una posizione limpida, priva di compromessi, con il privilegio della novità in una situazione tanto tragicamente invecchiata. "
Ecco il secondo, quello di Mario Vargas Llosa:
"LO SCRITTORE MARIO VARGAS LLOSA SUL LEADER CHE SFIDERA´ SHARON ALLE ELEZIONI DI GENNAIO PER noi amici di Israele che abbiamo seguito con crescente spavento la politica attuata in questi ultimi diciannove mesi dal governo di Ariel Sharon, è arrivata come un sospiro di sollievo la notizia dell´elezione di Amram Mitzna, il famoso sindaco di Haifa, a nuovo leader del partito laburista che affronterà il Likud, attualmente al potere, nelle elezioni del 28 gennaio. Il nuovo dirigente laburista, che non è compromesso con l´alleanza stipulata da una frazione maggioritaria del suo partito con il governo Sharon, propone, se vincerà le elezioni, di riaprire immediatamente i negoziati di pace con i palestinesi, di ritirare le truppe e smantellare gli insediamenti israeliani nella Fascia di Gaza e in Cisgiordania, e di accettare, come prezzo della coesistenza con il tradizionale nemico, la divisione di Gerusalemme e la creazione di uno Stato Palestinese. Benché alcune voci solitarie, come quella dell´ex ministro degli Affari Esteri israeliano Shlomo Ben Ami, si siano espresse in questo senso contro l´opinione dello stesso loro partito, si coglie l´impressione che, finalmente, con il successo di Amran Mitza su Benjamin Ben-Eliezer, sensatezza e pragmatismo tornino a prevalere nella direzione laburista. Al termine d´un anno e mezzo di quasi completa sudditanza e subordinazione del partito alla politica estremista, xenofoba e, in ultima analisi, autodistruttiva nella quale Ariel Sharon ha precipitato Israele dopo la sua sfortunata e provocatoria passeggiata lungo la spianata delle moschee che fece scoppiare la nuova Intifada, che continua ancora adesso a disseminare il Medio Oriente di morti e macerie cancellando praticamente il processo di pace avviato a Oslo da Rabin e Arafat. Nessuno deve lasciarsi demoralizzare dalla notizia che, ora, i sondaggi pronostichino una facile vittoria del Likud sui laburisti nelle votazioni di gennaio. Una cosa è certa: sino a ora l´elettorato israeliano non aveva alternative visto che, per la deplorevole abdicazione del partito laburista, l´unica scelta che gli si offriva era la guerra senza quartiere ai palestinesi sulla quale Ariel Sharon basa tutta la propria politica. La scusa brandita dai dirigenti laburisti per integrare la coalizione di governo - che dall´interno avrebbero esercitato un´influenza moderatrice - non ha assolutamente funzionato. Al contrario: esercitando, nel governo estremista, il ruolo di mere comparse, i dirigenti laburisti si sono screditati e hanno lasciato a un Likud esacerbato e settario campo libero per promuovere il suo rifiuto degli accordi di pace - tanto laboriosamente concertati a Oslo - e scatenare una crudele offensiva militare, sproporzionata e controproducente, contro il popolo palestinese, come se fosse interamente responsabile, senza sfumature né eccezioni, degli attentati terroristici che hanno riempito d´orrore e sofferenza le città israeliane. Questi attentati, realizzati dalle organizzazioni estremiste palestinesi - occorre ricordarlo - hanno raggiunto una violenza demenziale, con le stragi cieche di civili inermi in negozi, bar, discoteche, autobus che seminano il panico in tutte le case israeliane ed esasperano, assai comprensibilmente, una società che si sente infiltrata di bande d´assassini ed esposta a essere massacrata a man salva. Ma, mentre è giusto condannare questi attentati suicidi come ingiustificabili crimini contro l´umanità, è anche giusto domandarsi se essi non siano l´inevitabile conseguenza d´una politica come quella attuata dal governo Sharon che, per principio, chiude tutte le porte al negoziato e, dopo ogni agguato, punisce con vera ferocia tutta la popolazione palestinese come se fosse collettivamente responsabile degli atti di terrore. Quale altra possibile risposta ci si può attendere dai palestinesi di fronte a una politica che li considera tutti colpevoli delle uccisioni degli israeliani e bombarda i loro villaggi, occupa le loro città, deporta i loro vicini e pratica l´assassinio selettivo? Questa politica non ha alcuna possibilità di raggiungere un successo perché, al di là di tutto il suo potere, l´esercito israeliano non riuscirà mai a colpire e intimidire i palestinesi sino a imporre loro la formula unilaterale che, secondo Sharon, dovrebbe corrispondere agli accordi di pace. Questa politica può solo alimentare l´odio reciproco e tenere indefinitamente viva la mostruosa carneficina di palestinesi e di israeliani. E´ possibile che, ora che s´apre un´alternativa, l´elettorato israeliano, che ha appoggiato in modo così risoluto Rabin e Peres quando ebbero il coraggio di firmare gli accordi di pace, smetta di sostenere una politica intransigente e violenta che non ha fatto avanzare d´un millimetro né la sicurezza né la pace. Ma che, al contrario, ha esacerbato la tensione tra le due comunità fino a rompere ogni forma di dialogo tra di loro mentre il terrorismo cresceva in modo esponenziale e Israele, a causa dell´insicurezza e della guerra, si vedeva immersa in una crisi sociale ed economica. Non è impossibile che, in queste circostanze, molti elettori israeliani ascoltino la voce della moderazione e del realismo che ha condotto al vertice del partito il sindaco Amram Mitzna, con 16 punti di vantaggio sul suo avversario, Benjamin Ben-Eliezer, già ministro della Difesa - niente meno - che di Ariel Sharon. Un ritorno al potere del laburismo è, secondo me, l´unica luce al fondo del tunnel nel quale il Likud ha affondato Israele da 19 mesi. Perché, anche se sembra pazzesco, all´interno dello stesso Likud l´alternativa ad Ariel Sharon è quella d´un ultrà ancora più estremista e impazzito, l´ex premier Benjamin Netanyahu, il quale, nel suo affanno di recuperare il potere giocando la carta dell´apocalisse, promette come primo atto d´un suo eventuale governo di sequestrare Arafat ed espellerlo dalla Palestina. Perché non di assassinarlo, semplicemente? Amram Mitzna non ha esperienza parlamentare né ha avuto incarichi all´interno del governo centrale, ma queste credenziali, visto quanto è accaduto nelle alte sfere del potere in Israele, invece di nuocergli lo favoriscono. E possono svegliare, da parte palestinese, una miglior disposizione al dialogo e all´intesa. E´ stato un magnifico sindaco di Haifa per nove anni e ha saputo meritarsi, in questa città dove vive una vasta comunità arabo-israeliana, non soltanto le simpatie degli ebrei immigrati e dei religiosi, ma anche degli elettori palestinesi. Questo è, senza dubbio, un eccellente biglietto da visita per quanti desiderano che, un giorno, Israele viva in pace con i suoi inevitabili vicini. E dovrebbe, nel contempo, rappresentare una garanzia per gli israeliani ansiosi di raggiungere, finalmente, quella sicurezza sempre sfuggita, il fatto che il nuovo leader del partito laburista sia uno degli ex ufficiali dell´esercito israeliano più decorati in azioni di guerra. Nel 1967, quando comandava un´unità d´artiglieria, rimase ferito per tre volte nella stessa battaglia. Da allora s´è fatto crescere la barba: era una promessa, fatta con un gruppo di compagni d´armi, di non radersi più sino a che Israele non siglerà una pace definitiva con gli arabi. Finché quel giorno non arriverà, Israele vivrà sull´orlo dell´abisso e con un macabro punto interrogativo sul proprio futuro. Non importa che il suo esercito sia uno dei più potenti ed efficienti, né che il suo stretto rapporto con gli Stati Uniti gli assicuri una straordinaria infrastruttura logistica e un formidabile appoggio economico. Non furono né i fucili né i dollari a rendere possibile la straordinaria epopea dei pionieri sionisti che, con indicibili sacrifici, coraggio, lavoro e idealismo, costruirono un Paese moderno e democratico in un deserto sterile e bagnato del sangue da loro sparso nei tanti secoli di satrapi e despoti. I pionieri arrivarono in quella miserabile provincia dell´Impero ottomano che era la Palestina, con le mani tese verso gli arabi e con una volontà di pace e coesistenza che diede a Israele una valenza morale di fronte all´intransigenza e alla violenza dei suoi nemici. Ma adesso, per la cecità nazionalista e dogmatica impersonata da politici come Ariel Sharon e Benjamin Netanyahu, tutto questo è quasi completamente perduto. Al punto che si diffonde sempre più nel mondo l´idea coniata dai suoi nemici: quella d´una potenza colonizzatrice che prolunga, nei nostri tempi, la vecchia tradizione imperialista dell´Occidente. Quest´ultima valutazione non è vera: almeno, non lo è ancora. Perché non lo sia neppure per il futuro è assolutamente necessario che finalmente tramonti l´ora di Ariel Sharon e s´inizi, quanto prima, quella di Amram Mitzna. Copyright Vargas Llosa Distribuito da El País"
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