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Babj Yar, il massacro e la Memoria Commento di Deborah Fait A destra: una fossa comune a Babj Yar Sono passati 80 anni da quando il demone nazista ha radunato davanti al burrone di Babj Yar, gli ebrei di Kiev e in due giorni, il 29 e 30 settembre 1941, ha sparato ininterrottamente fino ad ammazzarne 33.771 facendoli poi precipitare giù, giù fino a riempirlo di cadaveri di donne, uomini, vecchi e bambini che avevano la colpa eterna, quella mai perdonata, quella che ha portato nel fumo dei camini le anime di 6 milioni, la colpa di essere ebrei. Il poeta russo Evgenij Evtushenko ha scritto un poema, sconvolto e spaventato da tanta malvagità, dopo aver saputo del massacro. Leggete le sue parole perché nessuno mai è riuscito a scriverne di più terribili, solo un'anima grande poteva farlo e, dopo averle lette, credo non serva altro: "Non c'è un monumento A Babj Yar Il burrone ripido È come una lapide Ho paura Oggi mi sento vecchio come Il popolo ebreo Ora mi sento ebreo Qui vago nell'antico Egitto. Eccomi, sono in croce e muoio E porto ancora il segno dei chiodi. Ora sono Dreyfus La canaglia borghese mi denuncia E mi giudica Sono dietro le sbarre Mi circondano, mi perseguitano, Mi calunniano, mi schiaffeggiano E le donne eleganti Strillano e mi colpiscono. Sono un ragazzo a Bialystok. Il sangue è ovunque sul pavimento I capibanda nella caverna Diventano sempre più brutali. Puzzano di vodka e cipolle Con un calcio mi buttano a terra. Non posso far nulla E invano imploro i persecutori Sghignazzano "A morte i Giudei" "Viva la Russia" Un mercante di grano picchia mia madre… … Sono Anna Frank Delicata come un germoglio ad aprile Sono innamorato e non ho bisogno di parole… Ci hanno tolto le foglie e il cielo Ma possiamo abbracciarci teneramente Nella stanza buia. "Arriva qualcuno" "Non aver paura"… "Buttano giù la porta". A Babj Yar il fruscio dell'erba selvaggia Gli alberi sembrano minacciosi Come a voler giudicare Qui tutto in silenzio urla E scoprendomi la testa Sento i miei capelli ingrigiti. Sono lentamente E divento un immenso grido silenzioso qui Sopra le migliaia e migliaia di sepolti Io sono ogni vecchio Ucciso qui Io sono ogni bambino Ucciso qui Nulla di me potrà dimenticarlo Che l'Internazionale tuoni Quando l'ultimo antisemita sulla terra Sarà alla fine sepolto. Non c'è sangue ebreo nel mio sangue Ma sento l'odio disgustoso Di tutti gli antisemiti Come se fossi stato un ebreo Ed ecco perché sono un vero russo." Evgenij Evtushenko
Il poema fu messo in musica nel 1962 da Dimitrij Sostakovich, nella sinfonia n.13. Negli anni furono fatti diversi tentativi di censurare la memoria da parte dei governi sovietici.
Elie Wiesel raccontò la sua visita negli anni Sessanta a Babij Jar: Il luogo non solo non compariva in nessun itinerario di viaggio organizzato dagli enti turistici sovietici ma le guide si rifiutavano sistematicamente «persino di parlare di Babij Jar. Se insistevate vi rispondevano: "Non vale la pena di fare un viaggio, non c'è nulla da vedere"», a quel tempo infatti, non c'era nessuna targa e nessun monumento, nessun "ricordo" delle 100.000 vittime che trovarono la morte in quel luogo". È per questo che il poema di Evtushenko (1961) inizia con le parole "Non c'è nessun monumento a Babji Yar". Il Poeta ricorda l'Affare Dreyfus, Anna Frank, l'ebreo Gesù, un povero bambino ebreo calpestato da criminali ubriachi a Byalistok e infine Babj Yar e tutta la tragedia che ha colpito da sempre il popolo ebraico nel maledetto silenzio del resto del mondo. Nel 1975 fu eretta una lapide che però non accennava al massacro di ebrei ma di "persone". Solo nel 2009 è stato inaugurato dalle autorità di Kiev un monumento, sul quale è stato posto un grande Maghen David, dedicato all'ebrea "Eroina dell'Ucraina" Tatiana Marcus.
Deborah Fait |
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