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La Stampa Rassegna Stampa
22.09.2021 Italia: la violenza contro le donne è ancora diffusa
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 22 settembre 2021
Pagina: 22
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Quel disegno fa ribrezzo perché gronda violenza»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/09/2021, a pag.22, con il titolo "Quel disegno fa ribrezzo perché gronda violenza" il commento di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal

T-shirt che inneggiano alla violenza sulle donne in vendita al Biker Fest:  esplode la polemica a Lignano Sabbiadoro - La Stampa
La maglietta in vendita alla Biker Fest di Lignano Sabbiadoro

Siamo stufe. Stufe di questo assedio di notizie e messaggi che hanno un denominatore comune tanto lampante quanto difficile da credere: la violenza sulle donne. Siamo stufe della sequela pressoché quotidiana di mogli, compagne, conoscenti ammazzate. Stufe di una realtà ammorbata da messaggi e immagini che fanno dell'aggressione alle donne una sorta di decoro contemporaneo. Ieri la lapidazione virtuale, ma non meno offensiva, di una candidata a un concorso di bellezza perché è omosessuale. Oggi l'inqualificabile scenario della Biker Fest di Lignano Sabbiadoro dove trai gadgets in vendita, e tra i più gettonati, figurano delle magliette inneggianti al silenzio femminile, nella fattispecie un silenzio imposto da fasce di cuoio e borchie su un volto femminile sfigurato da due occhi vuoti e una smorfia sulla bocca. E sarà pure un'allusione a pratiche sessuali estreme come il bondage, ma quella stampa sul tessuto nero della maglietta fa orrore, fa ribrezzo per la carica di violenza che porta con sé, e per quell'imperativo al silenzio che correda l'immagine. Perché tutto parla qui di un arbitrio della violenza in cui la donna non può che essere succuba, e più sofferente è meglio è. Per il piacere del maschio, s'intende. Ben venga dunque la reazione indignata della commissione per le Pari Opportunità della Regione che ha espresso «dissenso e disgusto» e puntato il dito verso«stereotipi sbagliati che inneggiano alla violenza». Ma purtroppo tutta questa indignazione non cambia la natura della faccenda, e soprattutto non cambia la desolante ricorrenza di questi fenomeni. In parole povere, tutto lascia pensare che in quanto a progressi di civiltà qui si stia andando a ritroso, e sempre più rapidamente. C'è sempre più violenza contro le donne, e il sottotesto è sempre lo stesso: le donne farebbero meglio a tornare al loro posto. Quello di vittime mute. E noi siamo stufe. Siamo stufe non solo di questa violenza, degli insulti, dei calci e dei pugni e dei colpi di pistola. Siamo anche stufe di dover compattare uno schieramento di genere, di doverci schierare tutte da una parte perché dall'altra ci sono loro, gli uomini. Perché l'inevitabile e quasi altrettanto drammatica conseguenza di queste violenze verbali, figurative e fisiche, è che tale apparentemente inarrestabile regressione di civiltà porta a «fare fronte», a trovarci noi donne da una parte e percepire i maschi - tutti - sul fronte opposto. A sentire insomma la differenza di genere come il luogo della diffidenza, e della paura. È sbagliato, certo, perché non esistono categorie astratte ma soltanto individui tutti diversi l'uno dall'altro, su entrambi i fronti. Però purtroppo finisce inevitabilmente così, per noi donne che siamo spaventate da questa violenza, che oggi sentiamo qualcosa dentro di noi risalire dalle profondità di una storia atavica e dirci ancora una volta: «Stai lontana da loro, perché sono capaci di tutto». Ed è tanta fatica, tanto dolore, tanta rabbia. E siamo stufe, di questa storia, che sarà pure vecchia come il mondo ma ce ne sarà pure, ce ne deve essere un'altra, possibile.

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