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La Repubblica Rassegna Stampa
22.09.2021 Finalmente! La vera storia di Eitan
Analisi di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 22 settembre 2021
Pagina: 23
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Eitan, parla nonna Etty: 'Ora è felice, vuole vivere qui. È iscritto a scuola e non ha nostalgia'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/09/2021, a pag. 23, l'analisi di Sharon Nizza, dal titolo "Eitan, parla nonna Etty: 'Ora è felice, vuole vivere qui. È iscritto a scuola e non ha nostalgia' ".

A destra: la famiglia Biran. L'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia è Eitan, di 6 anni

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Sharon Nizza

"Sono ottimista. Eitan è qui con noi". Il sorriso, mentre parla del nipotino che ora "è circondato dall'affetto della nostra grande e fiera comune, come la chiamo io" - lascia lo spazio alle lacrime quando Esther Cohen, nonna Etty, ricorda l'incubo iniziato il 23 maggio. "In un istante ho perso tre generazioni della mia famiglia". C'è anche tanta rabbia per la "crudeltà, non c'è altra parola" dimostrata verso il ramo materno della famiglia dell'unico superstite alla strage del Mottarone.

Eitan, parla nonna Etty:
La nonna Esther Cohen con Eitan

"La giustizia italiana ci ha ignorati" "Due giorni dopo la tragedia arriva una giudice all'ospedale. Shmulik (il nonno ed ex marito di Etty, indagato per sequestro aggravato, ndr) ha appena riconosciuto le salme. Siamo nel pieno del trauma, dobbiamo pensare al rimpatrio delle bare, a cinque funerali". Shmulik acconsentirà in quegli istanti ad affidare la tutela di Eitan alla zia paterna Aya, "ma era chiaro: solo per il tempo necessario a sbrigare le pratiche di sepoltura in Israele". Invece, "il sistema giudiziario italiano ha ignorato la nostra esistenza", dice Etty, la voce spezzata, "ho potuto vedere per la prima volta Eitan il 29 giugno". Prima per le restrizioni Covid in ospedale, dal quale il piccolo è stato dimesso il 10 giugno, poi per "decisione di Aya". "Le pare logico che un tribunale stabilisca che per vedere mio nipote, che è nato a casa mia, di cui sono stata parte integrante della crescita, io debba ricevere il permesso di Aya? Cos'è, una punizione perché abbiamo osservato la shivà (la settimana del lutto, ndr)?". È Aya, dice, a non agire per il bene di Eitan, "perché il suo bene prevede che noi siamo parte della sua vita". Per i nonni paterni invece, dice Etty, non c'è nessuna restrizione o visita contingentata.

"Io indagata? Stupidaggini" Non conosceva le intenzioni, quell'11 settembre, dell'ex marito, che definisce "un padre e un nonno che augurerei a chiunque", derubricando a "un episodio risalente a 25 anni fa nell'ambito di un divorzio" la sentenza per cui Shmuel è stato condannato in terzo grado nel 2006 per violenza nei suoi confronti. "Ci siamo poi separati consensualmente e abbiamo concordato l'affidamento condiviso dei nostri figli". Etty ribadisce che "nessuno sapeva" quello che sarebbe accaduto quel sabato in cui nonno Shmuel è andato a prendere Eitan per la visita di routine, salvo condurlo in Israele con un volo privato da Lugano. Chiede di non entrare nei dettagli "per via dei procedimenti in corso". Nega di essere indagata per sequestro in Italia, "ho visto queste stupidaggini, non sono a conoscenza di nessuna indagine nei miei confronti. Ero in Italia fino a qualche giorno prima, poi sono partita per gli Usa per una procedura medica e da lì sono rientrata in Israele il lunedì successivo".

"L'ebraismo è parte di Eitan" Eitan ha la cittadinanza italiana proprio per via di nonna Etty, la cui famiglia, nata in Egitto, come tante altre famiglie ebraiche apolidi nord-africane, aveva riscoperto le origini livornesi degli avi passati dalla città italiana dopo la cacciata dalla Spagna. "Ma noi siamo prima di tutto israeliani ed ebrei, e così Tal ha cresciuto suo figlio. A casa parlavano ebraico e i venerdì facevano le cene dello Shabbat". I Peleg si oppongono all'iscrizione di Eitan alla scuola cattolica dove avrebbe dovuto ora iniziare la prima elementare, ma diverse persone che conoscevano Amit e Tal affermano che era stata una scelta dei genitori iscriverlo nell'istituto dove il bimbo aveva già frequentato l'asilo. "Sono voci a cui non so rispondere. L'ebraismo è parte di Eitan, perché mia figlia ha fatto un ottimo lavoro in casa, gli ha trasmesso l'identità su cui lei è cresciuta".

"Mi ha chiesto se i suoi genitori sono in Israele" Sua figlia Tal e il futuro genero Amit si sono conosciuti nel 2012, quando avevano 18 e 20 anni. Poco dopo Amit si è trasferito a casa di Etty - "era parte della famiglia, mi chiamava mamma" - e lì hanno vissuto insieme per tre anni. "Eitan è nato qui, e quando aveva poco meno di due mesi si sono trasferiti a Pavia per gli studi di medicina di Amit". Il loro rientro in Israele, secondo i Peleg, era previsto per l'estate 2022. Ieri Eitan le ha domandato se i suoi genitori fossero in Israele. "Non ho risposto. Ero senza parole. Ma vi siete chiesti perché sono sepolti tutti in Israele? Nessuno all'epoca ha battuto ciglio su questa scelta. Ora invece si mette tutto in discussione". Solleva l'ombra dell'interesse economico: "Aya è stata nominata tutrice anche dei beni di Eitan. Noi non vogliamo un centesimo: abbiamo chiesto di congelare tutto fino ai 18 anni, ma il tribunale ha respinto la nostra domanda".

"Nessun lavaggio del cervello, dice quello che pensa" Ora il piccolo gira tra le case di nonni, bisnonne e zii, "ogni giorno dove gli va"; Etty lo descrive felice, "mangia con gusto, in Italia aveva perso tanto peso". Cosa sa della faida in corso? "A Eitan non abbiamo detto nulla chiaramente. Sa che è in Israele, con la sua famiglia. Sta bene e vuole rimanere qui". "Ogni giorno è una festa" e anche ieri gli hanno festeggiato, per la terza volta, il compleanno nella Sukkà, la capanna a cielo aperto in cui, durante la festività in corso, si usa consumare i pasti. "Eravamo in 30, ed è solo la famiglia ristretta. Una gioia incredibile". Una festa "a cui tutti sono invitati a partecipare senza orari, senza che nessuno stabilisca cosa dire o registri gli incontri", dice riferendosi alla zia Aya, atterrata domenica in Israele. La zia paterna, nelle videochiamate in questi giorni, "gli ha chiesto se non ha nostalgia delle cuginette e lui le ha risposto: 'Se loro hanno nostalgia, possono venire qui'". Respinge le accuse di "lavaggio del cervello" mosse dai Biran: "Eitan ha 6 anni, ma è molto più maturo, quasi un tredicenne. Dice quello che pensa".

La scuola a Tel Aviv e la fiducia "nella giustizia israeliana" Il bambino è iscritto a una scuola nel quartiere residenziale di Ramat Aviv, conferma Etty, ma per ora non inizierà la prima elementare quando riapriranno le classi il 29 settembre, dopo la festa di Sukkot: "attendiamo le decisioni del tribunale". Sua figlia Gali ha presentato l'istanza di adozione in Israele e in parallelo la richiesta di ricevere la custodia del bimbo al tribunale israeliano. Mentre i legali dei Biran chiederanno ai giudici di fare tornare il bambino sotto la custodia di Aya nell'immediato, anche durante le udienze in Israele. Giovedì si aprirà a Tel Aviv il processo che stabilirà la sorte del piccolo secondo la Convenzione dell'Aia. Cosa farete se la corte deciderà che Eitan deve tornare in Italia? "Siamo cittadini rispettosi della legge. Va verificato se la Convenzione si applica a questo caso eccezionale, in cui i genitori non ci sono più. Ho fiducia nella giustizia israeliana". È nel miracolo che ha tenuto in vita suo nipote che ripone l'ottimismo che ha ricordato a inizio conversazione e a cui affida gli ultimi pensieri: "Quando penso che Eitan è praticamente caduto dall'undicesimo piano e ne è uscito senza danni fisici irreversibili, allora capisco che alla fine sarà dove deve essere: nel Paese in cui è nato, dove i suoi genitori e suo fratello sono sepolti".

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