Gli Accordi di Abramo sono un piccolo passo in avanti verso il ‘People-to-People’
Analisi di Antonio Donno
A destra: i firmatari degli Accordi Abramo
Nonostante i fondamentali Accordi di Abramo, firmati con Israele da alcuni paesi islamici, il Medio Oriente è ancora pervaso da ideologie islamiste nemiche dello Stato ebraico: “Perché tali società siano pronte a una vera pace con Israele, occorre che si verifichino profondi cambiamenti nei loro sistemi educativi e di informazione dell’opinione pubblica”. Lo scrivono Frank Musmar e Najat Al-Saied in “BESA Perspectives” del 21 settembre 2021, prendendo spunto da ciò che è accaduto in seno alle società egiziana e giordana dopo gli accordi di pace del 1979 con l’Egitto e nel 1994 con la Giordania. Tali trattati misero fine alle guerre tra Israele e i due paesi arabi, ma non ebbero risvolti positivi all’interno di quel mondo arabo, che restò sempre ostile a Israele. L’opinione pubblica egiziana e giordana, pur favorevole ai contenuti politici ed economici dei trattati, rimase distante da ogni tipo di approccio “people-to-people”, perché le classi dirigenti dei due paesi arabi non fecero nulla affinché i trattati avessero risvolti positivi presso i loro popoli. E si comprende anche il perché. La pace con Israele fu considerata un tradimento della causa araba – votata al progetto di distruzione dello Stato sionista – da parte del resto dei governi e dei popoli arabi, e non, del Medio Oriente. Di conseguenza, sia l’Egitto sia la Giordania, estenuati dagli esiti negativi delle guerre contro Israele, si piegarono a firmare, in tempi diversi, la pace con Israele, ma per tacitare l’opinione negativa della propria gente lasciarono che l’ostilità verso Israele, e verso gli ebrei, continuasse a proliferare sino ad oggi.
Gli Accordi di Abramo hanno una valenza ben diversa, secondo Musmar e Al-Saied. L’esempio viene dagli Emirati Arabi Uniti, “perché essi hanno combattuto gli islamisti radicali e la loro ideologia, creando un modello esemplare di tolleranza nella regione negli anni che hanno preceduto gli Accordi di Abramo”. La politica “people-to-people” degli UAE indurrà gli altri Stati arabi firmatari degli Accordi di Abramo a seguire la stessa politica e a sostenere attraverso i media e il sistema educativo, come negli UAE, i principi della coesistenza e della tolleranza? In questo caso, gli Accordi di Abramo sortirebbero degli esiti completamente diversi rispetto agli accordi di pace tra Israele ed Egitto e Giordania. Il passo non è facile, perché in seno alla società islamica mediorientale le ideologie estremistiche sono fiorenti.
Tuttavia, è indubbio che il mondo del Medio Oriente ha bisogno di pace e stabilità, affermano i due articolisti. Purtroppo, la questione palestinese è lungi dall’essere risolta e proprio in quest’ambito lavorano i gruppi estremistici che vogliono la scomparsa dello Stato di Israele. A ciò va aggiunto il sostegno economico che diversi paesi occidentali assicurano all’Autorità Nazionale Palestinese, un sostegno che alimenta un atteggiamento negativo da parte di coloro che vogliono la continuazione della lotta contro lo Stato ebraico, nonostante la sempre maggiore insofferenza della gente della West Bank verso i propri dirigenti.
L’approccio “people-to-people”, insomma, è la base di una vera pacificazione della regione. Gli Accordi di Abramo consentono di fare il primo passo verso quest’obiettivo cruciale, ma non si può negare che in seno al Medio Oriente sussistano forze estremistiche che rappresentano un ostacolo formidabile per il raggiungimento di questo risultato storico. Inoltre, è indispensabile che si modifichi profondamente l’atteggiamento della gente verso Israele: è un problema la cui soluzione richiede che nell’opinione pubblica si avvii un mutamento culturale radicale, cui, tuttavia, si oppongono secoli di odio islamico nei confronti degli ebrei. Nonostante queste immense difficoltà, gli Accordi di Abramo segnano un piccolo passo in avanti. È necessario che altri paesi della regione aderiscano a questi accordi, al fine di costituire uno sbarramento politico nei confronti delle mire dei movimenti estremistici che continuano a invocare la distruzione dello Stato di Israele.
Antonio Donno