IC7 - il commento di Marco Paganoni
Dal 12 al 18 settembre 2021
L'ossessione dell'Onu contro Israele
Il caso forse più grottesco, tanto da sembrare una triste barzelletta, è quello del Consiglio economico-sociale delle Nazioni Unite che un anno fa ha ritenuto di condannare per violazione dei diritti delle donne uno e un solo paese: Israele. Ma non è che uno degli esempi citati in una petizione, firmata da più di 300 parlamentari europei e nord-americani, che chiede alle democrazie di porre fine al pregiudizio negativo dell’Onu contro Israele. Nel 2020, ricorda l’appello, l’Assemblea Generale (di cui è in corso in questi giorni la 76esima sessione annuale) ha adottato 17 risoluzioni unilaterali contro Israele per presunte violazioni dei diritti umani e solo 6 (sei) risoluzioni relative a sei altri paesi su 192 stati membri. E ancora: il 21% di tutte le risoluzioni del Consiglio Onu per i diritti umani si concentra esclusivamente su Israele. Come stupirsi, visto che Israele è l’unico paese al mondo a cui è dedicato un punto fisso a sé stante nell’ordine del giorno di tutte le sessioni (il famigerato item n. 7), mentre le violazioni in tutti gli altri paesi del globo ricadono sotto un unico punto all’ordine del giorno (il n. 4).
Secca la denuncia dei 312 parlamentari, appartenenti a vari partiti politici di 28 paesi diversi, compresi 22 paesi dell’UE (pubblicata lunedì scorso dall’AJC Transatlantic Institute, l’ufficio dell'American Jewish Committee presso la UE a Bruxelles): alla luce dei crescenti segnali di antisemitismo a livello globale, scrivono, “la condanna rituale, implacabile e sproporzionata dell'unico stato ebraico al mondo è particolarmente pericolosa ed è arrivato il momento di porvi fine. Israele merita attenzione e scrutinio come ogni altro paese. Ma merita anche un trattamento equo: niente di più e niente di meno”. La spudorata faziosità con cui l’organismo mondiale e le sue varie agenzie trattano Israele, notano giustamente i firmatari (tra i quali abbiamo contato, salvo errori, 28 parlamentari italiani), sarebbe già intollerabile per il semplice fatto che prende di mira in modo iniquo lo stato ebraico. Ma è tanto più grave perché mina la credibilità delle stesse Nazioni Unite che, comportandosi in questo modo, “vìolano i propri stessi scopi e principi che impegnano l’organizzazione a sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni e il principio della sovrana eguaglianza di tutti i suoi membri”.
Non basta. “Dedicando gran parte del suo tempo alla condanna d’Israele – denunciano i parlamentari – l’Onu distoglie le proprie scarse risorse e la propria attenzione da urgenti crisi internazionali”. Quelle, verrebbe da aggiungere, che evidentemente a molti fa comodo che sfuggano ai radar dell’organismo cardine dell’ordine multilaterale. Definendosi strenui sostenitori di un ordine internazionale fondato sul diritto, i firmatari dell’appello chiedono pertanto ai paesi democratici di votare compatti contro l’esorbitante numero di risoluzioni anti-israeliane alle Nazioni Unite (smettendola una buona volta, vorremmo aggiungere, di legittimarle con il vile ricorso all’astensione); di adoperarsi per cancellare finalmente il punto 7 del Consiglio per i Diritti Umani (vera e propria rappresentazione grafica del pregiudizio che “censura e ostracizza” soltanto Israele); e di adoperarsi per porre fine a quella pletora di “comitati e programmi discriminatori creati all’interno del sistema Onu con il mandato specifico di promuovere un'agenda anti-israeliana che serve solo a minare le prospettive di pace nel quadro di una soluzione negoziata a due stati”. Attenzione, rileggiamo: che “serve solo a minare” le prospettive di una soluzione di pace a due stati (nell’originale inglese: “…which only serve to undermine the prospects for peace within the framework of a negotiated two-state solution”). Dunque, abbiamo qui trecento e passa legislatori europei e americani di vario orientamento politico che accusano esplicitamente l’Onu d’aver creato “committees and programs” con il preciso scopo di impedire la soluzione di pace che l’Onu stessa sostiene di promuovere da sempre (e della cui mancata attuazione non si perde occasione d’incolpare Israele). A noi pare una denuncia di grandissimo momento. Eppure, salvo pochissime eccezioni, non ha avuto praticamente nessuna eco sulla stampa.
Concludono i parlamentari, citando l’ex Segretario generale dell’Onu Kofi Annan: “Sia Israele che le Nazioni Unite sono sorti dalle ceneri della Shoà. La comunità transatlantica delle democrazie ha quindi il sacro dovere di garantire che il sistema delle Nazioni Unite non venga più utilizzato in maniera impropria per denigrare costantemente lo stato ebraico, danneggiando così lo stesso organismo mondiale e i suoi valori universali”. C’è solo da sperare che vengano ascoltati.
Marco Paganoni, direttore di Israele.net