Riprendiamo da LIBERO di oggi, 14/09/2021, a pag.15 con il titolo "L'opinione pubblica israeliana è spaccata. La nonna non molla: 'Resta con noi' , il commento di David Zebuloni.
David Zebuloni
Eitan con il nonno materno
Esiste un antico proverbio ebraico, derivante da una regola talmudica, secondo il quale "Colui che ruba da un ladro, è esente da ogni punizione". Se ci limitassimo a questo principio, dunque, potremmo concludere che i coniugi Peleg, nonni materni del piccolo Eitan Biran, sono esenti da ogni tipo di condanna etica, morale, diplomatica, civile e persino penale. Accusati di aver rapito il bambino sopravvissuto alla tragedia della funivia dalle mani degli zii paterni in Italia, infatti, i due hanno sempre sostenuto che Eitan non sia mai realmente appartenuto alla famiglia Biran, bensì che la zia Aya e lo zio Or lo abbiano preso in custodia senza alcun consenso. Seguendo questo principio, i nonni Peleg non possono essere definiti rapinatori, poiché essi si sono solamente riappropriati di ciò che apparteneva loro da sempre.
OPINIONE PUBBLICA SPACCATA La realtà, tuttavia, risulta più complessa. Una volta atterrati nell'aeroporto di Ben Gurion con il trofeo tanto conteso, Eitan, l'opinione pubblica israeliana si è spaccata in due. Proprio come in Italia, infatti, anche in Israele la popolazione locale si è divisa in due fazioni: quella Peleg e quella Biran. Quella che sostiene che il piccolo sopravvissuto possa sentirsi a casa solamente nel paese in cui sono seppelliti i suoi genitori e quella che ritiene che egli debba continuare la propria crescita nel luogo in cui i suoi genitori sono scomparsi. Ventiquattro ore dopo l'atterraggio discusso, nonna Peleg ha deciso di rompere il silenzio. In un'intervista esclusiva rilasciata alla stazione radiofonica nazionale, Etty ha raccontato al giornalista Golan Yochpaz il dietro le quinte dell'accaduto. «Non c'è stato nessun furto, Eitan voleva semplicemente tomare a casa, in Israele», ha affermato cercando di nascondere l'affanno. «Lui è nato e cresciuto a casa mia, qui si sente al sicuro. Era molto felice di tornare, adesso sta finalmente bene. La zia in Italia, Aya, ci ha tenuti lontani per tutto questo tempo, non ci ha permesso di parlare con i medici e con gli psicologi. Adesso stiamo facendo ad Eitan degli esami approfonditi, fisici e psicologici, nell'ospedale di Tel Hashomer. Recuperiamo ciò che non è stato fatto fino ad oggi». Poi, senza più nascondere l'emozione e la tensione, Etty Peleg ha aggiunto: «Eitan ha avuto un'infanzia molto felice, ha ricevuto molto calore e molto amore da parte di tutti. Si tratta di un bambino davvero speciale. Lui è tutto il mio mondo e l'unica cosa che mi interessa è sapere che sta bene. Io sono la nonna e io sono quella che deve prendersi cura di lui». Qualche minuto dopo, lo zio paterno Or ha chiesto di conversare con lo stesso Golan Yochpaz per replicare alle accuse della nonna matema. «Da quando Eitan è stato rilasciato dall'ospedale, abbiamo fatto tutto il possibile per occuparci del suo stato di salute. Il piccolo ha sempre avuto quattro incontri settimanali con il fisioterapista e due con lo psicologo, fino ad oggi, fino al suo rapimento».
LE ACCUSE DELLO ZIO Lo zio patemo ha poi continuato: «La famiglia Peleg mente spudoratamente e non intendo rinunciare alla causa finché i nonni non verranno messi in carcere». Saldato momentaneamente il conto familiare, pare aprirsi un nuovo drammatico capitolo del caso Biran: quello giuridico e diplomatico. Tuttavia, come riferito al Jerusalem Post da un portavoce del ministero degli Esteri israeliano, il presunto rapimento del piccolo Eitan non risulta coinvolgere alcun aspetto diplomatico o politico e, pertanto, non rientra nell'ambito delle attività del ministero in questione. E mentre lo Stato Ebraico si accinge al giorno più sacro dell'anno, il Kippur (meglio conosciuto come il giorno del perdono e del pentimento), le famiglie Peleg e Biran sembrano non essere mai state più lontane.
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