Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/09/2021, a pag. 21, l'intervista di Alessandra Ziniti dal titolo 'La decisione sul rientro spetta ai giudici israeliani. I tempi saranno lunghi'.
A destra: la famiglia Biran. L'unico sopravvissuto alla tragedia della funivia è Eitan, di 5 anni
Tra pochi giorni Eitan avrebbe cominciato la scuola presso un istituto di suore cattoliche. Sarebbe stata l'educazione adatta a un bambino ebreo? Forse, dietro la lite tra due famiglie ci sono motivi più profondi che vanno considerati. Oggi su tutti i quotidiani vengono pubblicate cronache, analisi e interviste su quello che spesso viene definito un "rapimento". La maggior parte dei giornalisti specificano che il nonno che ha portato con sè in Israele Eitan è un "ex soldato", una informazione fuorviante perché in Israele il servizio militare è obbligatorio e quindi tutti i cittadini sono ex soldati, orgogliosi di aver servito la propria patria.
Ecco l'intervista:
Comunque vada la caccia al nonno rapitore, non sarà affatto facile far tornare Eitan in Italia in tempi brevi. Potrebbe passare un anno o forse anche di più. L’avvocato Lorenzo Puglisi del Foro di Milano, specializzato in diritto di famiglia, di sottrazioni di minori portati all’estero ne ha viste parecchie.
Che succederà adesso ad Eitan? «Ci sono due strade che i familiari a cui il bambino è stato sottratto possono seguire: quella della denuncia penale perchè è stato commesso un reato che prevede e l’arresto e la condanna da 1 a 4 anni, e quella civile che passa per la Convenzione dell’Aia del 1980 che è stata firmata da Italia e Israele».
L’avvocato Lorenzo Puglisi
Se il nonno del bambino venisse arrestato in Israele e l’Italia chiedesse la sua estradizione, Eitan rientrerebbe subito in Italia? «No, le due procedure sono slegate. Per il ritorno del bambino serve l’intervento delle Autorità centrali dei due Paesi o un ordine di rientro firmato dal giudice israeliano. E nulla di tutto ciò è semplice e breve».
Cosa può fare dunque la famiglia italiana per riavere il bimbo? «La prima cosa da fare è rivolgersi all’Autorità centrale presso il dipartimento tutela dei minori che prenderà contatto con l’ Autorità centrale israeliana che dovrà cercare di localizzare il bambino e poi avviare un meccanismo di mediazione familiare per il rientro spontaneo del piccolo in Italia».
Questo presuppone la volontà della famiglia israeliana di restituire Eitan che, viste le circostanze, sembra improbabile. E se non si raggiunge l’accordo? «Allora la decisione spetta al tribunale civile israeliano che dovrà aprire un procedimento giudiziario a cui spetta la decisione di un eventuale ordine di rimpatrio naturalmente dopo aver fatto un’istruttoria, sentiti psicologi, assistenti sociali, familiari e verificato l’interesse superiore del bambino».
Significa che il giudice potrebbe anche decidere di far rimanere Eitan in Israele? «Ci sono dei casi in cui il Paese in cui è stato condotto il minore può rifiutarsi di consegnarlo. Ad esempio se i servizi sociali dicono che il bambino in Italia si ritroverebbe in una situazione di rischio o di maltrattamento, o comunque di sofferenza. Ma la famiglia italiana dalla sua ha un affidamento e dovrebbe essere quella israeliana a provare la sua inadeguatezza».
Nel frattempo saranno passati mesi e il bambino si sarà integrato in un altro contesto. «E anche questo, in assenza di familiari di primo grado a cui ricongiungersi conta. Il vero problema è la tempestività, spesso i tempi si dilatano. E poi le modalità di questo rapimento lasciano pensare che il nonno possa avere un certo peso. È verosimile ipotizzare che il giudice emetterà un ordine di rientro ma poi anche per la semplice esecuzione potrebbero passare altri mesi».