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Linkiesta Rassegna Stampa
06.09.2021 La crisi afghana potrebbe risvegliare il jihadismo d’atmosfera
Analisi di Carlo Panella

Testata: Linkiesta
Data: 06 settembre 2021
Pagina: 1
Autore: Carlo Panella
Titolo: «La crisi afghana potrebbe risvegliare il jihadismo d’atmosfera»
La crisi afghana potrebbe risvegliare il jihadismo d’atmosfera
Analisi di Carlo Panella

(da Linkiesta.it)

Cultura Jihad - Il Tascabile

«Il pericolo ora sono anche i jihadisti a zero prevedibilità, non solo le cellule dell’Isis o di al Qaida in occidente nei cui confronti la nostra attività investigativa e di prevenzione è stata ininterrotta. I primi sono imperscrutabili, nei loro confronti non è possibile alcuna prevenzione, nessuna attività investigativa. Ma hanno dimostrato di essere letali»: nei piani alti dei Servizi italiani non si è dimenticata l’esperienza del 2016-17 quando l’esistenza stessa del Califfato Islamico in Siria e Iraq, agì come una sorta di motore immobile che eccitava, per il fatto stesso di esistere, questa nuova e inafferrabile figura di terrorista. Gilles Kepel, eccellente esperto dell’Islam radicale, ha definito questo fenomeno come il prodotto scabroso di un «jihadismo di atmosfera».

In Italia, Marco Minniti, ministro degli Interni, ha coniato nel 2017 questa definizione di stragisti completamente avulsi da qualsiasi legame con cellule organizzate che all’improvviso, senza nessuna pianificazione, si impadronivano di un camion o di una macchina e la scagliavano sulla folla. Li chiamarono anche sui media «jihadisti fai da te». Agirono in quei due anni più volte con stragi impressionanti a Nizza sulla Promenade des Anglais, a Barcellona sulle Ramblas, a Berlino in un mercatino di Natale, a Stoccolma, a san Pietroburgo, al Cairo, con più di un centinaio di vittime in totale. Poi, dal 2018 in poi, una volta abbattuto il Califfato in Mesopotamia con una intensa azione militare, il fenomeno di questo jihadismo spontaneo e improvviso si è inabissato. Non si è più concretizzato. Inquietante nel suo sorgere come nel suo dissolversi. Poco citato dai media, ma molto analizzato dai Servizi, questo jihadismo a prevedibilità zero è basato su un meccanismo imitativo grazie al quale l’esistenza stessa e la apparente potenza di uno Stato jihadista irradia potenti messaggi di persuasione, eccita all’azione stragista spontanea, non preordinata, ma letale. Jihadismo d’atmosfera, appunto. «Ora – continua la nostra fonte dei Servizi – la disordinata sconfitta degli Usa e di tutto l’Occidente in Afghanistan e soprattutto la rinascita di uno Stato Islamico eversivo, dalle rivendicate alleanze e protezioni con il jihadismo, la proclamazione dell’Emirato talebano a Kabul, può di nuovo eccitare le menti di terroristi islamici spontanei». Questo, anche perché il trionfo talebano di Kabul è affiancato dal pieno fallimento della Francia nel contrasto al jihadismo nel Mali, e nel radicamento della presenza jihadista in tutto il Sahel, zona di provenienza di tanti immigrati regolari, così come di tanti irregolari giunti in Europa con i barconi. Se si sommano al fallimento afghano i disastri delle azioni di venti anni di contrasto europeo e locale al jihadismo in Africa il bilancio è desolante per l’occidente quanto esaltante per l’islamismo radicale. Non solo, non si devono dimenticare delle migliaia di foreign fighters europei e arabi che hanno combattuto per l’Isis, tra i quali centinaia sono quelli non tracciati, che sono tornati in patria, anche in Europa e che possono essere sensibili a riprendere l’azione eversiva a favore di questa nuova affermazione di un Islam combattente. Il tutto, in un contesto nel quale i Talebani e il loro Emirato ricevono attestazioni di entusiastica alleanza da poli istituzionali del jihadismo, in primis da Hamas, che addirittura ricevono simpatie e attestazioni di legittimità da settori della sinistra occidentale, così come sono legittimati (e addirittura finanziati) da Stati come il Qatar e il Pakistan, così come ricevono attestazioni di rispetto da Stati come la Turchia e la stessa Cina. Il jihadismo, con la sua sharia feroce e medioevale, si è fatto Stato ed è ampiamente legittimato. Impensabile venti anni fa, all’indomani della strage dell’11 settembre, questa è la sconcertante realtà che ci consegna la sconfitta occidentale in Afghanistan. Nel complesso, al senso di smarrimento e di sconfitta epocale che la rovinosa caduta di Kabul nelle mani dei Talebani ha creato nell’opinione pubblica e nei governi dell’Occidente, corrisponde uno speculare entusiasmo nel non marginale mondo dell’islamismo estremista. Questo favorirà certamente la ripresa di attentati a opera di cellule organizzate, più facili da prevenire e contrastare vista l’eccellente esperienza dei Servizi maturata in questi anni, ma probabilmente anche da parte di singoli e imprevedibili individui radicalizzati in un istante. Dunque, un duplice, insidioso pericolo.

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Carlo Panella
Giornalista, scrittore, autore de “Il libro nero del Califfato”


info@linkiesta.it

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