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La Ragione Rassegna Stampa
28.08.2021 Iraq: verso un 'secondo Afghanistan'?
Commento di Anna Mahjar-Barducci

Testata:La Ragione
Autore: Anna Mahjar-Barducci
Titolo: «L'Iraq teme lo stesso destino dell'Aghanistan»
Riprendiamo dalla RAGIONE di oggi, 28/08/2021, a pag. 6, l'analisi di Anna Mahjar-Barducci dal titolo "L'Iraq teme lo stesso destino dell'Aghanistan".

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La lunga transizione politica dell'Iraq | La Civiltà Cattolica

Gerusalemme — Dopo il ritiro delle truppe americane dall'Afghanistan, l'Iraq teme lo stesso destino. II presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha già annunciato che i 2.500 soldati americani termineranno la loro combat mission nel Paese mediorientale entro la fine del 2021. A differenza dell'Afghanistan, dove c'è stato un ritiro repentino, Biden ha detto che le truppe in Iraq rimarranno con un cambio di missione: da combat force a `consiglieri'. I militari americani si occuperanno di addestrare, assistere c dare supporto all'esercito iracheno. Il numero di soldati inoltre potrebbe rimare invariato. Questa strategia dovrebbe permette agli Stati Uniti di non lasciare l'Iraq al proprio destino, condannandolo al caos e alla violenza. In molti si chiedono perché l'amministrazione Biden non abbia adottato anche in Afghanistan la stessa strategia. La risposta è che gli Stati Uniti rischierebbero molto di più ad abbandonare in questo momento l'Iraq. Il governo iracheno, guidato da Mustafa Al-Kadhimi, non ha infatti alcun controllo reale sul Paese. Il vero potere è nelle mani dell' Iran. Nel 2014, dopo un appello dell'ayatollah Al-Sistani per contrastare l'Isis, da poco arrivato in Iraq dalla Siria, nascono le prime milizie paramilitari sciite, Hashd alShaabi. Poco dopo, però, l'Iran crea le sue milizie sciite, che rispondono a Teheran e che negli ultimi sette anni sono diventate una potenza militare ben più importante e organizzata dell'esercito iracheno. Lo stesso primo ministro Al-Kadhimi ha paura di loro. Recentemente, dopo che le milizie pro-iraniane avevano chiuso la Green Zone e le strade di Baghdad con la forza, è stato infatti obbligato a rilasciare alcuni miliziani che avevano attaccato interessi americani nel Paese.

Durante la guerra Iraq-Iran, combattuta tra i due Paesi dal settembre 1980 all'agosto 1988, gli Stati Uniti si schierano con l'Iraq di Saddam Hussein e con i sunniti, che rappresentano un 29-34% della popolazione. Dopo la seconda guerra del Golfo, l'amministrazione Obama inizia a negoziare sul nucleare con l'Iran e, di conseguenza, Washington sposta il proprio sostegno verso gli sciiti in Iraq. Questa strategia però è stata controproducente. Ha - infatti dato all' Iran l'opportunità di inserirsi e influenzare la vita politica nel Paese e ha creato preoccupazioni da parte degli alleati sunniti degli Stati Uniti, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Gli Stati Uniti sono rimasti incastrati in una realtà che loro stessi hanno complicato. Se infatti decidessero di abbandonare l'Iraq, come hanno fatto in Afghanistan, le conseguenze sarebbero disastrose per il Medio Oriente e Io stesso Occidente. Non solo l'Isis tornerebbe a compiere attentati con lo scopo di creare il proprio califfato, ma l'Iraq diventerebbe una provincia dell'Iran. Dall'Iraq il regime degli ayatollah potrebbe prendere il controllo dell'Arabia Saudita, il suo nemico numero uno, degli Emirati Arabi, della Siria e del Libano (che è già nelle mani di Hezbollah) attraverso atti di terrorismo e di eversione sostenuti da milizie pro-iraniane e dalla popolazione sciita nella regione. Per l'Iran, controllare l'Arabia Saudita significa anche impossessarsi di una buona parte del mercato petrolifero mondiale. Ecco perché quello che abbiamo visto in Afghanistan sarebbe niente se paragonato al caos che si creerebbe qualora gli Stati Uniti decidessero di lasciare definitivamente l'Iraq.



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