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La Stampa Rassegna Stampa
23.08.2021 L'ultimo ebreo di Kabul
Analisi di Luca Monticelli

Testata: La Stampa
Data: 23 agosto 2021
Pagina: 9
Autore: Luca Monticelli
Titolo: «L'ultimo ebreo di Kabul»
Riprendiamo oggi, 23/08/2021, dalla STAMPA, con il titolo "L'ultimo ebreo di Kabul" l'analisi di Luca Monticelli.

L'ultimo ebreo di Kabul - La Stampa
Zabulon Simantov

Il telefono di casa squilla a vuoto, il cellulare non è raggiungibile. Zabulon Simantov, l'ultimo ebreo rimasto a Kabul, non risponde. Molte zone della città sono schermate, comunicare diventa sempre più difficile. Chi ha parlato con lui nelle ultime ore, come Rabbi Mendy Chitrik, spiega: «Siamo in contatto da anni, l'ho sentito la settimana scorsa e mi ha confermato che vuole restare nella capitale afghana», dice a La Stampa. Chitrik, presidente dell'Alleanza dei rabbini nei Paesi islamici, si trova a Istanbul dove Simantov potrebbe trovare rifugio, ora che Kabul è nelle mani dei taleban: «Le autorità turche sono informate, il ministro degli Esteri Cavusoglu sarebbe felice di aiutarlo, ma lui non vuole andarsene». La sua patria è l'Afghanistan e non intende spostarsi. «Qualche mese fa - racconta il rabbino Chitrik - Simantov aveva fatto sapere a più persone, sia israeliane che americane, che voleva partire. Poi ha cambiato idea, non sappiamo il perché, ha detto che non ha paura e di non essere in pericolo di vita, vuole restare perché ha dei debiti da pagare e deve prendersi cura della sinagoga. Non possiamo che accettare la sua decisione». Sui rischi che corre l'ultimo ebreo di Kabul, l'emissario di Chabad (il movimento ebraico internazionale) in Turchia preferisce non sbilanciarsi: «Non sappiamo cosa succederà in futuro. In passato non abbiamo registrato danni a Herat o a Kabul ai siti ebraici da parte dei taleban. Tra il `94 e il `96 quasi tutta l'antica comunità ebraica è emigrata - ricorda - per la gran parte in Israele, Singapore, Inghilterra e Stati Uniti. Così sono rimasti solo due ebrei dichiarati fino al 2005, ora uno. Ma noi siamo preoccupati anche per i collaboratori non ebrei che hanno conservato l'archivio, collaborato nel mantenere la sinagoga e i cimiteri». Zabulon (o Zevulum a seconda di come viene translitterato il nome) Simantov, ex uomo d'affari specializzato nell'export di tappeti, è nato nel 1959 a Herat. Ha due figli e una moglie originaria del Tagikistan, che l'ha lasciato per rifarsi una vita in Israele, e da anni chiede il divorzio che lui non vuole accettare. Nell'ebraismo, infatti, il marito deve concedere il "get", una sorta di documento che autorizza la donna a risposarsi.

Afghanistan's Last Jew Awaits the Arrival of the Taliban

Nel `95, quando i taleban presero il potere per la prima volta in Afghanistan, Simantov venne incarcerato per mesi, resistendo alle pressioni degli studenti coranici che provarono a convertirlo all'Islam. Condivise l'eredità dell'ebraismo afghano con Yitzhak Levi, con il quale però non correva buon sangue. Un po' come la famosa storia dei «due ebrei e tre opinioni», gli amici/nemici pregavano separati e si denunciarono l'un l'altro con l'accusa di aver trafugato l'unico rotolo della Torah. Nel 2005, Levi, il compagno di discussioni, è morto e Simantov è rimasto da solo a occuparsi della sinagoga e del cimitero. Lo aiutano alcuni ragazzi giovani che conoscono l'inglese e in questi vent'anni hanno aperto le porte dei siti ebraici agli occidentali in visita. Simantov parla Dari, la lingua principale dell'Afghanistan e poco l'ebraico, custodisce uno shofar (il corno di montone usato durante le funzioni religiose) e diversi libri di preghiera. Abita nell'appartamento che ospita il Tempio: un'ampia stanza bianca con un paio di colonne e una bimah (il pulpito) molto semplice al centro. Sulla figura di Simantov, in Israele si discute da tempo, tanto che ha ispirato un testo teatrale e un film. I media hanno ipotizzato addirittura che lui non voglia trasferirsi per non concedere il divorzio alla moglie. «In questi anni, con una mano ci siamo assicurati che lui fosse vivo cercando di fargli avere quello di cui aveva bisogno e con l'altra siamo stati vicini alla moglie - ricorda Rabbi Chitrik - abbiamo insistito con Zevulum perché concedesse il divorzio religioso, ma sfortunatamente non ci siamo riusciti». Il portavoce dei taleban, alla prima conferenza stampa a Kabul, garantì il rispetto delle minoranze, una promessa che sembra già essere stata tradita viste le notizie che arrivano di vendette e spedizioni punitive casa per casa. «Sanno dove trovarmi - dice Simantov - ma non mi importa».

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