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Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 22/08/2021 a pag.3, con il titolo "Tutti i libri ebraici nelle biblioteche italiane" il commento di Giulio Busi.
Giulio Busi
Che ci fossero, era probabile. Ma dove trovarli? Ho cominciato a catalogare vecchi libri ebraici una quarantina di anni fa. Le biblioteche italiane di allora, quelle pubbliche e le molte raccolte delle comunità ebraiche, erano mondi misteriosi, a cui avvicinarsi con somma pazienza. Che il nostro Paese fosse stato, tra Cinque e Seicento, il più importante produttore al mondo di volumi a stampa nella lingua santa lo si poteva leggere in qualsiasi manuale di storia del giudaismo. Quanti libri erano rimasti e quanti invece avevano preso per sempre via dei grandi centri stranieri? Lunghe ore a consultare i repertori delle collezioni generali, talvolta scritti in bella calligrafia ottocentesca. E altrettanti giorni a rovistare nei depositi, o nel retro di sinagoghe aperte solo occasionalmente, per le feste maggiori, questa era l'unica via possibile, ardua e tortuosa. Ci vollero la costanza e il senso politico di Tullia Zevi, allora presidente dell'Unione delle Comunità, per avviare, a Roma, la raccolta dei materiali di maggior pregio, che rischiavano di essere dispersi per sempre. Sembrava un'utopia e invece, lentamente, dai primi cataloghi a stampa, di collezioni particolari (il mio, dedicato alle cinquecentine ebraiche in Emilia Romagna, uscì nel 1987), si è arrivati ora a un ambizioso censimento digitale.
Da poco tempo, attraverso il sito della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, si può accedere a I- Tal- Ya Books, il Catalogo collettivo dei libri ebraici conservati nelle biblioteche statali e delle Comunità ebraiche italiane. Oltre alla Nazionale Centrale, al progetto partecipano l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Biblioteca Nazionale d'Israele. L'obiettivo è coprire tutto l'enorme patrimonio "nascosto" in una quarantina di biblioteche. È una straordinaria memoria collettiva, e un omaggio alla lunga e formidabile diaspora nella nostra Penisola. Quarant'anni dopo, 40mila volumi sono una ricompensa insperata per gli sforzi e le curiosità di allora. E sono la dimostrazione che il deserto della bibliografia ebraica, certo non vasto e pauroso come quello della quarantennale peregrinazione biblica, può comunque essere attraversato. Ne vale davvero la pena.
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