Considerazioni in margine al ritiro americano dall’Afghanistan
Analisi di Antonio Donno
La ritirata indecorosa degli Stati Uniti dall’Afghanistan segna un punto di non ritorno nelle relazioni internazionali americane. Dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo fondamentale nel proporsi come portatori di principi democratici di libertà e indipendenza di fronte al totalitarismo comunista imposto in molte parti del sistema politico internazionale. Ma dalla fine del bipolarismo il quadro politico globale si è progressivamente complicato per gli Stati Uniti come esempio universale di progresso nella libertà, nonostante l’indiscutibile vittoria sul comunismo.
Due sono i fattori che rendono Washington sempre meno competitiva sia politicamente, sia militarmente. In primo luogo, la crescita esponenziale della Cina propone oggi una soluzione diversa da quella della democrazia liberale: si può garantire sviluppo economico e benessere individuale e generale anche in un sistema politico totalitario, importando e applicando i principi fondamentali dell’economia capitalistica, pur in un sistema controllato ferreamente dallo Stato e negatore delle libertà individuali. Insomma, il caso della Cina ha ribaltato la tradizionale concezione che opponeva la libertà liberale alla negazione della libertà individuale: il benessere economico può essere coniugato con la soppressione delle libertà enunciate nei principi della filosofia liberale nata nel pensiero occidentale.
Il secondo fattore è strettamente legato al primo. A livello internazionale il caso emblematico della Cina ha diffuso nei sistemi politici di alcune aree del mondo la certezza che la ricchezza e lo sviluppo economico possono essere raggiunti anche adeguando gli strumenti tipici del capitalismo occidentale ad un sistema politico che riempie la pancia dei propri cittadini, negando allo stesso tempo le basilari libertà individuali. “Pancia mia fatti capanna”, grazie allo “Stato benefattore”, una ben nota un’espressione, quest’ultima, di Ludwig von Mises. Il caso della Russia è di evidenza palmare. Benché siano garantite “libere” elezioni, inesistenti in Cina, il potere del Cremlino possiede tutti gli strumenti per indirizzare i risultati elettorali nella direzione voluta. Così, la gestione del potere resta sempre saldamente nelle mani degli inquilini attuali del Cremlino. Nel caso russo, tuttavia, si è ancora ben lontani dallo sviluppo economico della Cina; anzi, si può dire che il basso livello economico di Mosca è in buona misura legato non tanto alla concorrenza degli Stati Uniti, ma della stessa Cina, che ha conquistato una larga fetta del mercato internazionale in concorrenza con gli Stati Uniti. Il futuro ci dirà se l’eventuale conflitto economico tra i due totalitarismi sarà portatore di una crisi dell’economia internazionale.
Questa realtà pone oggi gli Stati Uniti in una situazione difficile. L’esempio americano, sia nel campo politico, sia in quello economico, ha esaurito il ruolo di attrazione che aveva svolto per molti decenni del secondo dopoguerra. Quando alcuni analisti affermano che Washington deve nuovamente acquisire il suo ruolo-guida nel sistema politico internazionale – soprattutto dopo la débâcle dell’Afghanistan – sottovalutano la situazione attuale, nella quale non esiste più un primato americano, almeno nella misura che gli Stati Uniti proponevano dopo la fine della seconda guerra mondiale e per molti anni da quella data. Benché la voce dell’America abbia un ruolo ancora fondamentale nello scenario internazionale, essa non è più dominante, perché deve fare i conti con situazioni che, dopo la fine della guerra fredda, hanno visto il sistema politico internazionale frammentarsi in molti rivoli politici nei quali il ruolo della Cina, e in parte della Russia, è sempre più presente e attivo.
A questa situazione contribuisce la debolezza politica dell’Unione Europea e, a livello militare, della Nato. Sia l’una che l’altra vivono una progressiva incapacità di essere presenti efficacemente nella scena internazionale e, di conseguenza, svolgono un ruolo sempre più marginale nel quadro politico multipolare che caratterizza il mondo attuale.
Antonio Donno