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La Repubblica Rassegna Stampa
20.08.2021 Sumaya, la prima studentessa degli Emirati in Israele
Intervista di Benedetta Paravia

Testata: La Repubblica
Data: 20 agosto 2021
Pagina: 20
Autore: Benedetta Paravia
Titolo: «La sfida di Sumaya, la prima dagli Emirati all’università in Israele»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 20/08/2021, a pag.20 con il titolo 'La sfida di Sumaya, la prima dagli Emirati all’università in Israele', l'intervista di Benedetta Paravia.

Twitter is buzzing with FIRST Emirati woman to enroll at an Israeli  university | Algulf

Sumaya al-Mahabiri

È nata a Boulder in Colorado, ma Sumaya al-Mahabiri è di nazionalità emiratina, vive nell’amata Dubai ed è ufficialmente la prima studentessa degli Eau ad essersi iscritta a un’università israeliana, quella di Haifa. Da quando è stato firmato il trattato di pace con Israele, a settembre, i rapporti tra i due Paesi sono andati in crescendo: la partecipazione di Sumaya alla scuola per infermieri di Haifa rafforzerà i legami accademici e spingerà anche altri studenti a partecipare a programmi di scambio. Ci parli dei suoi studi. «Ho già una laurea in Ingegneria elettrica, ambito in cui ho lavorato dal 2013, ma ho sempre avuto una passione per l’ostetricia. Per questo l’anno scorso ho lasciato il lavoro per seguire il mio sogno e ho fatto domanda all’Università di Haifa».

Cosa fa nel tempo libero? «Amo nuotare, cucinare, studiare e praticare l’ebraico».

Perché ha scelto Israele? «Israele è noto per le sue università all’avanguardia in medicina e tecnologia, e anche perché per gli studenti è conveniente. Fra l’altro ho creato shafah.me, prima piattaforma di scambio linguistico nel Golfo arabo, ho iniziato a imparare l’ebraico e mi sono innamorata della lingua e della cultura».

Ci racconta di più di questa sua creazione? «Certo. Nel 2014, dopo aver sentito cantare Ofra Haza e dopo aver ascoltato la preghiera ebraica Shemà in dialetto ebraico yemenita, sono rimasta affascinata dal suono, mi è sembrato molto familiare alla mia lingua, ma ho continuato a procrastinare fino alla comparsa della pandemia, quando mi sono sentita “prigioniera” e ho finalmente reagito cominciando a imparare l’ebraico. Ho provato a usare applicazioni e siti come YouTube, ma mi mancava l’interazione con gli altri e non volevo un vero e proprio insegnante con dinamiche di classe; non esistendo alcuna piattaforma che fornisse lo scambio linguistico tra arabo ed ebraico nella regione ho deciso di crearne una mia. Oggi ho raggiunto piena capacità sul gruppo di WhatsApp, e il gruppo Telegram conta già centinaia di membri».

Cosa pensava di Israele prima del trattato di pace? «Israele mi appariva classicamente come “il nemico”, sia per luoghi comuni che attraverso i media, anche se non avevo mai parlato con un israeliano. Oggi, grazie alla prima visita della delegazione ufficiale emiratina in Israele, alla quale ho avuto l’onore di partecipare, e grazie alla mia piattaforma linguistica di scambio, sono in grado di capire quante similitudini culturali ci leghino sia nella fede che nelle tradizioni e ho potuto trovare tanti amici israeliani. Non vedo l’ora di cominciare i miei studi tra loro, in carne ed ossa».

Ha ricevuto critiche? «Sì, ho avuto minacce di morte e sono stata vittima di bullismo online da parte di estremisti che non amano l’idea della pace con Israele. In ogni caso per carattere sono una persona che si focalizza sugli aspetti positivi, in centinaia mi hanno fatto gli auguri dai Paesi più diversi. Ora mi trovo negli Stati Uniti per una vacanza e per ritrovare gli amici di infanzia ma anche tra gli americani porto la mia storia come esempio di dialogo, ci sono troppi pregiudizi anche nei confronti di noi arabi nel mondo».

La sua famiglia è preoccupata? «Sono più che altro preoccupati del fatto che sarò lontana da casa per quattro anni, ma ovviamente li visiterò spesso. Nella nostra cultura non è molto frequente che le studentesse si allontanino da casa prima del matrimonio».

Come vede il futuro del Medio Oriente? «Altri Paesi arabi seguiranno le orme del mio. Gli Emirati hanno saputo creare una base di fiducia e comprensione: connettere le persone è l’unico modo per far cadere le barriere».

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