venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






 
Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
<< torna all'indice della rubrica
Terrorismo e Resistenza 17/08/2021
Terrorismo e Resistenza
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Memories of a massacre - The Jerusalem Post
L'attentato all'Hotel Park durante il seder di Pesach del 2002

Durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre la Germania nazista di conquista in conquista calpestava tutta l’Europa, degli uomini e delle donne avevano innalzato la bandiera della Resistenza. Hanno affrontato l'invasore rischiando la propria vita, un pericolo fin troppo reale. Se catturati, avrebbero rischiato la tortura, l'esecuzione sommaria o l'orrore dei campi. In Francia, con il loro eroismo, i combattenti della Resistenza hanno scritto una delle pagine più belle della guerra. Di fronte ad un nemico spietato, hanno saputo mantenere la loro umanità. Sapevano come scegliere i loro obiettivi. Soldati tedeschi, agenti della Gestapo, traditori. I loro esplosivi, li riservavano ai ponti e alle strade per impedire il movimento delle truppe. Oggi si parla di un'altra specie di “resistenti”. Come quel giovane che di notte irrompe in una casa e massacra a sangue freddo la famiglia addormentata, senza risparmiare il bimbo di tre mesi nella culla. E quell'altro che controlla il percorso di un padre che va a fare il bagno con i suoi figli in un laghetto, e poi attiva una carica esplosiva al passaggio di una ragazzina sorridente. Che dire di quello che afferra una grossa pietra per colpire ripetutamente con violenza una donna che fa jogging in un bosco? E poi ci sono i militanti pronti a morire per la causa, ma non da soli. Scelgono un autobus affollato nell'ora di punta, un ristorante popolare dove la maggior parte dei clienti viene per un pranzo in famiglia. La loro impresa più famosa fu la strage all'Hotel Park la sera del Seder, la grande festa ebraica. Trenta morti, 140 feriti più o meno gravi. Ma ce ne sono stati degli altri, tanti altri! La causa è ovviamente la causa palestinese, così come è vista dai palestinesi: uno Stato palestinese che sostituisca lo Stato ebraico. È per essa che questi combattenti della resistenza sono pronti a rischiare la propria vita o a sacrificarla.

Sapendo molto bene che qualunque cosa accada loro, i loro familiari saranno ricompensati. Se vengono imprigionati nelle carceri israeliane, beneficeranno di cure mediche, avranno la televisione, potranno seguire corsi per corrispondenza, imparare un mestiere, conseguire un diploma. L’Autorità Palestinese fornirà loro un'indennità mensile calcolata in base alla gravità dei loro atti. Se perdono la vita, i piccoli palestinesi canteranno la loro gloria, a loro nome saranno intitolati scuole e persino ospedali. E l'Europa? Ci saranno i media che sosterranno “la causa” e che si dilungheranno ampiamente sul passato dei coraggiosi combattenti per la libertà, daranno voce ai genitori, disserteranno sulla crudeltà dell'oppressore - pardon, dell'occupante. La stampa mainstream si accontenterà di riportare i fatti. E i governi? E i leader dell'Unione Europea? Se per caso finiscono per condannare sotto voce un attacco particolarmente efferato, non spenderanno una parola riguardo all'Autorità palestinese, che elogia e incoraggia gli attacchi contro civili innocenti e ricompensa i colpevoli. Al contrario, il Presidente Abu Mazen che, ricordiamo, aveva esaltato il massacro degli sportivi israeliani durante i Giochi Olimpici di Monaco di Baviera, qualificandolo come “un'operazione eroica” – è stato applaudito dall'Assemblea Europea durante una sua breve apparizione nel 2016.

Immagine correlata
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".


Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT