Riprendiamo oggi, 15/08/2021, dalla REPUBBLICA, a pag. 18, con il titolo "Bugie e scambi di voti la crisi all’italiana che spacca la Polonia", il commento di Tonia Mastrobuoni; da AVVENIRE, a pag. 12, la breve "Risarcimenti, Israele ritira l'ambasciatore".
Ecco gli articoli:
LA REPUBBLICA - Tonia Mastrobuoni: "Bugie e scambi di voti la crisi all’italiana che spacca la Polonia"
Tonia Mastrobuoni
Povero Pawel. Ormai sono in pochi a rievocare il suo glorioso passato imbronciato da rockstar. In queste ore lo slogan di Kukiz per la campagna elettorale del 2015, la sua solenne promessa che «se diventerò un politico, sputatemi in faccia e chiamatemi una puttana », è diventata un meme. L’ex musicista prestato al populismo, grande amico dei grillini, è finito sotto i riflettori per aver votato, insieme al suo partitino Kukiz 15, a favore della legge che intende cacciare l’unica televisione ancora libera dalla Polonia: l’americana TVN. Una mossa che ha fatto infuriare la Casa Bianca e l’Europa. Ma la forza dell’opposizione che ha contribuito a garantire al governo Morawiecki i voti necessari per far passare l’ennesimo colpo di mano liberticida, è pronta a ripetere l’impresa anche in futuro. Gli analisti la chiamano “la crisi italiana”, insomma la scilipotizzazione del Parlamento polacco. La norma anti-TVN ha causato la clamorosa uscita dal governo del partito moderato Accordo e le dimissioni del suo leader e vicepremier, Jaroslaw Gowin. E Mateusz Morawiecki è diventato il primo ministro di un governo di minoranza che dovrà ogni volta cercarsi faticosamente i voti per abborracciare maggioranze da qui al 2023, quando si torna alle urne. “Accordo” è finito dunque nello spettro opposto della conta di eroi e traditori dell’“affaire TVN”. Kukiz, che ha appoggiato la norma, è il cattivo, Gowin il buono. È questo l’umore prevalente, in un Paese stremato dalla “ripolonizzazione” che attanaglia ormai ogni settore della vita pubblica.
Il portavoce di Accordo, Jan Strzezek, spiega a Repubblica che «la Polonia non può permettersi un conflitto con i nostri alleati – gli Stati Uniti. Se la Polonia adottasse oggi una legge che abolisse una televisione, un domani potrebbe vietare a determinati giornalisti di lavorare. Non possiamo accettarlo». E Strzezek, che giura che il suo partito non rientrerà mai più nella coalizione guidata da Morawiecki – «Il suo partito Diritto e Giustizia è al capolinea dopo che Accordo ha abbandonato il governo» – sospetta che «i polacchi saranno chiamati alle urne in autunno». La parlamentare dell’opposizione Monika Rosa, esponente dei Liberali, è più pessimista. «Penso che il governo durerà fino a fine legislatura. E per una ragione molto semplice», ci rivela, a margine del Pride che ha tinto ieri di arcobaleno le vie del centro di Cracovia: «Useranno anche i soldi del Recovery Plan per comprarsi di volta in volta i parlamentari che servono. Oppure prometteranno poltrone allettanti nelle imprese pubbliche ». Un cavalcavia qua, una stazione ferroviaria o un posto in un colosso energetico là, «e vedrà che arriveranno al 2023 senza troppi problemi». Ma negli ambienti parlamentari si rincorrono voci inquietanti, sulle intenzioni degli americani. Non è sicuro che la legge anti-TVN possa passare al Senato. Tuttavia «con il suq dei voti non si sa mai», ragiona Monika Rosa. Se dovesse passare, qualcuno teme persino che gli Stati Uniti possano ritirare le loro truppe dalla Polonia e spostarle in Romania. La parlamentare dei Liberali non ci crede troppo, per ragioni geostrategiche: «Siamo cruciali per gli americani, siamo il cuscinetto tra l’Europa occidentale e la Russia». Piuttosto, Rosa scommette su una minaccia diversa: «Penso che Washington potrebbe rimangiarsi la promessa di aumentare i soldati in Polonia e cancellare alcune commesse pesanti come la fornitura di tank». Nel frattempo ha suscitato parecchio scalpore la lunga attesa inflitta dalla Polonia alla nuova amministrazione Biden prima del via libera al nuovo ambasciatore, Mark Brzezinski, figlio del leggendario consigliere della Casa Bianca Zbigniew. Secondo una fonte politica, sulle prime Varsavia avrebbe sostenuto una vera e propria fake news – che Brzezinski avesse il passaporto polacco e non potesse aspirare a fare l’ambasciatore in Polonia. Alla fine ha dovuto cedere alla scelta di Washington. Ma le resistenze all’ambasciatore voluto da Biden sono la prova che la crepa nei rapporti con gli Usa non è nuova, che la crisi non è scoppiata con la legge anti-TVN. Nella sua paranoica tendenza a reprimere ogni dissenso, il governo teleguidato da Jaroslaw Kaczynski non si ferma neanche dinanzi all’ipotesi di andare allo scontro con l’alleato più importante. Washington non è la sola a guardare molto da vicino cosa succede a Varsavia. Anche a Bruxelles, rivela un’autorevole fonte europea, ci si prepara a tirare il freno a mano prima di concedere alla Polonia le prime tranche del Recovery Fund. Entro domani Bruxelles si attende una risposta convincente alla richiesta di annullare la scandalosa “Commissione disciplinare” che controlla i g iudici, l’Inquisizione che fa fuori tutti i magistrati critici con il governo. Bruxelles può trattenere i fondi appellandosi al fatto che l’indipendenza della magistratura era già contenuta delle Raccomandazioni Ue che sostanziano i via libera ai Recovery Plan, in particolare in quelle del 2019. Il governo Morawiecki potrebbe tuttavia appellarsi al fatto che la presidente della Corte suprema, Malgorzata Manowska, ha già congelato tutti i processi dell’“Inquisizione”. La giudice lo fa per paura di essere spazzata via dopo le prossime elezioni, se vince l’opposizione. Insomma, per riposizionarsi. E il governo Morawiecki ha promesso una riforma dell’“Inquisizione dei giudici’ entro settembre. Ma Bruxelles resta scettica.
AVVENIRE: "Risarcimenti, Israele ritira l'ambasciatore"
II presidente della Polonia ha approvato la controversa legge che limiterà le richieste di indennizzo per le proprietà sequestrate dopo la guerra mondiale, sfidando la forte opposizione di Israele e Usa. La legge stabilisce un limite di 30 anni peri ricorsi contro le confische delle proprietà. Israele, per proteste, ha richiamato il suo incaricato di affari.
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