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Antonio Donno
Israele/USA
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La crisi afghana e le sue conseguenze 15/08/2021
La crisi afghana e le sue conseguenze
Analisi di Antonio Donno

Afghanistan, perché le truppe addestrate da Usa e alleati sono crollate  così?- Corriere.it

Tutto previsto. I talebani conquistano velocemente città dopo città e fra non molto saranno a Kabul. Il terrore si diffonde nella città e la sorte delle donne, che durante il periodo di relativa libertà avevano goduto di una parziale emancipazione, è segnata. I talebani riporteranno l’Afghanistan alla situazione che li aveva visti al potere prima dell’intervento americano e della Nato e restaureranno il loro controllo terroristico totale. Il dibattito a livello internazionale si concentra sul tema dell’opportunità o meno di Washington di ritirarsi dall’Afghanistan.

Ma, se è indubbio il fallimento degli Stati Uniti e della Nato nell’impresa afghana, è pur vero che, allo stato attuale, Washington non ha più alcun interesse a dissipare mezzi economici ingenti e a sacrificare le vite di molti giovani americani. Il ragionamento di Biden e di Blinken, da questo punto di vista, non fa una piega. Anzi, il ritiro americano rientra nell’agenda dei programmi di politica internazionale di Washington, che ha posto la questione mediorientale in una posizione decentrata rispetto ad altri progetti. Insomma, definito l’accordo sul nucleare con Teheran, gli Stati Uniti si defileranno sulla questione mediorientale. E l’Afghanistan rientra bene nel programma.

Tuttavia, è opportuno sottolineare che l’idea di ritirarsi dall’Afghanistan era stata adombrata da Obama, poi da Trump; ora Biden sta dando una concreta attuazione a quell’idea. È una prospettiva, questa, che precede il piano di Biden di defilare gli Stati Uniti dalle questioni mediorientali, ma che ora fa tutt’uno con il progetto di Washington di dare la precedenza a questioni che si ritengono più pressanti per gli interessi strategici americani.

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I regimi che sono intorno all’Afghanistan come stanno considerando l’uscita degli Stati Uniti dal Medio Oriente e dal Grande Medio Oriente? Prendiamo il caso della Turchia. È difficile dire quanto Erdoğan sia interessato ad un territorio molto povero, anche se strategicamente importante. La considerazione che si può fare è che il ritiro americano sia da lui valutato come una resa politica di Washington nei confronti di un’immensa regione in cui gli Stati Uniti, per molta parte del secondo dopoguerra, erano stati gli attori principali. A questo punto, il dittatore turco potrebbe giungere alla constatazione che il fallimento americano in Afghanistan e il progetto di Washington di porre il Medio Oriente ai margini degli interessi degli Stati Uniti potrebbero comprendere anche un loro sostanziale distacco dalle questioni del Mediterraneo orientale. Il che lascerebbe ad Ankara mano libera sui problemi del gas scoperto nel mare confinante con le coste mediorientali, sulla questione di Cipro e soprattutto sulla crisi della Libia.

Diverso è il discorso sull’Iran. Teheran attende la conclusione degli accordi con gli Stati Uniti, ma anche quelli tra Hamas e Israele. Il progetto del regime iraniano si incentra soprattutto sull’area del Golfo Persico e del cuore del Medio Oriente, per quanto non sia escluso che la politica di Erdoğan nel Mediterraneo Orientale non solleciti Teheran a giungere ad un’intesa con Ankara finalizzata al comune interesse di rafforzare la presenza in Siria. Se, inoltre, si tengono presenti le posizioni importanti tenute da Teheran in Iraq, si può concludere che Turchia e Iran sono le due potenze islamiche che si contendono il primato politico nel Medio Oriente.

Il ritiro degli Stati Uniti dalle questioni del Medio Oriente non favorisce di certo Israele. Il nuovo governo israeliano attende l’esito delle trattative tra Stati Uniti e Iran ed è impegnato nella definizione delle problematiche scaturite dalla guerra con Hamas. Il suo attendismo non esclude, però, robuste risposte agli attacchi che l’Iran muove contro Gerusalemme sul mare e a incursioni aeree come risposta al lancio di missili da parte degli Hezbollah. La situazione della regione è, dunque, in bilico, resa ancor più problematica dalle decisioni di Washington di defilarsi dalle questioni mediorientali.

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Antonio Donno

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