Iran: Raisi 'a processo' in Svezia Cronaca di Gabriella Colarusso
Testata: La Repubblica Data: 10 agosto 2021 Pagina: 15 Autore: Gabriella Colarusso Titolo: «Iran, i fantasmi del presidente Raisi a processo in Svezia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/08/2021, a pag.15, con il titolo "Iran, i fantasmi del presidente Raisi a processo in Svezia", la cronaca di Gabriella Colarusso.
Gabriella Colarusso
Ibrahim Raisi
Nell’estate del 1988, Bijan Bazargan aveva 28 anni. Era stato condannato a 10 anni di prigione per aver fatto parte di una formazione comunista che si opponeva alla Repubblica Islamica dell’Iran, nata 10 anni prima con la rivoluzione Khomeinista. Bazargan non scontò mai la sua pena: fu giustiziato senza processo come migliaia di altri prigionieri politici alla fine della guerra con l’Iraq, un massacro su cui non è mai stata fatta luce e per il quale Amnesty international e altre organizzazioni per i diritti umani chiedono un processo giusto e trasparente. Il paradosso è che pezzi di verità potrebbero venire non dall’Iran, dove l’argomento è tabù, ma dalla Svezia. Oggi infatti a Stoccolma si apre il processo contro Hamid Noury, all’epoca dei fatti assistente del vice procuratore della prigione di Gohardasht, a est di Teheran, che secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo importante negli interrogatori e nelle esecuzioni. La famiglia di Bazargan si è costituita parte civile insieme ad altre 39 persone. Noury respinge le accuse, ma i procuratori svedesi hanno accumulato una mole tale di documenti e testimonianze da potersi appellare al principio della giurisdizione universale, che consente a uno Stato di giudicare presunti gravi crimini commessi in un altro Paese. Un processo altamente sensibile per la leadership iraniana. Nel comitato dei quattro giudici che decisero le esecuzioni sulla base di due fatwa emesse dall’ayatollah Khomeini c’era anche Ebrahim Raisi, allora 28enne vice procuratore generale, l’uomo che cinque giorni fa ha giurato come nuovo presidente dell’Iran. Raisi è stato messo sotto sanzioni dagli Stati Uniti nel 2019 per le violazioni dei diritti umani legate anche ai fatti dell’88. Il massacro è stato l’evento più traumatico e sanguinario della storia recente iraniana. Molti dei condannati a morte erano membri del Mek, Mujahedin-e-Khalq, un gruppo armato di opposizione che si era schierato con l’Iraq contro la neonata teocrazia islamica, ma tra le vittime c’erano anche comunisti, laici, attivisti di sinistra, semplici cittadini accusati di apostasia, racconta lo storico Ervand Abrahamian nel suo libro "Tortured Confessions ". Per la società civile iraniana è un trauma mai elaborato: non se ne parla, non se ne può parlare. Ai parenti delle vittime è vietato anche piangere i loro cari nel grande cimitero di Khavaran a sud di Teheran, dove molti di loro sono stati seppelliti senza lapidi.
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