Gli Stati Uniti non devono disimpegnarsi dal Medio Oriente
Analisi di Antonio Donno
Continua la guerra sul mare a bassa intensità tra Iran e Israele. Israele risponde colpo su colpo, senza forzare la mano ed evitando di replicare con la necessaria decisione. L’Iran provoca Israele proprio al fine di ricevere una risposta di una portata utile tale da porla sul tavolo delle trattative con gli Stati Uniti in corso a Vienna, al fine di dimostrare che è Israele il paese del Medio Oriente che minaccia la pace della regione. Dal canto suo, Israele invita gli Stati Uniti a prendere in considerazione lo sviluppo della minaccia iraniana, soprattutto dopo che Hezbollah ha lanciato di recente 19 razzi su Israele, per fortuna quasi tutti intercettati da Iron Dome. Questo gioco delle parti rende la situazione del Medio Oriente sempre più instabile e, di conseguenza, la posizione degli Stati Uniti più difficile nell’ambito delle trattative di Vienna. L’Amministrazione americana di Biden è sotto ricatto da parte iraniana. Lo è divenuta per sua esclusiva responsabilità. Nel momento in cui Biden e soci hanno dimostrato di voler superare la politica mediorientale di Trump, tornando al tavolo delle trattative con l’Iran per ridare vita al Joint Comprehensive Plan of Action (Jpcoa), firmato da Obama nel 2015, il regime di Teheran, ora diretto dal falco Abraham Raisi, ha interpretato come una dimostrazione di debolezza la posizione degli americani, i quali intendono liberarsi al più presto del problema del nucleare iraniano, porre la questione del Medio Oriente ai margini dell’agenda politica internazionale americana – come nei progetti iniziali dell’Amministrazione Biden – e infine “lascia pur grattar dov’è la rogna” (Dante, Paradiso, canto XVII), nel senso che i paesi della regione se la sbrighino da soli. Soluzione estremamente pericolosa, perché ciò potrebbe avere conseguenze disastrose per la già precaria stabilità della regione. Il pericolo principale consiste nella sopravvivenza degli Accordi di Abramo. Se Washington dovesse concludere le trattative con Teheran sul tema del nucleare iraniano e dei missili a testata nucleare e, di conseguenza, annullare le sanzioni dei tempi di Trump, e poi rivolgersi ad altre questioni internazionali (Russia, Cina), l’Iran si sentirebbe in qualche modo libero di accelerare la propria politica di espansione nel Medio Oriente, minacciando direttamente i paesi firmatari degli Accordi di Abramo. A quel punto, questi ultimi si vedrebbero costretti venire a patti con Teheran, con i conseguenti rischi per Israele, perché l’isolamento di Gerusalemme potrebbe spingere gli Hezbollah dal Libano e Hamas da Gaza ad accrescere il loro attacco contro Israele. Insomma, il ritiro degli Stati Uniti da un impegno diretto nel Medio Oriente metterebbe in moto tutti i nemici di Israele, compresi i palestinesi della West Bank, che vedrebbero nella rinnovata potenza di Teheran nell’area l’occasione definitiva per liberarsi dalla fallimentare politica dell’Autorità Palestinese di Abu Hamas, personaggio definitivamente screditato, e per schierarsi con l’Iran e con Hamas. Se ciò dovesse avvenire, la West Bank cadrebbe nelle loro mani, e i pericoli per Gerusalemme si moltiplicherebbero. Il Medio Oriente esploderebbe. La posizione dell’Amministrazione Biden, nella situazione attuale, è molto complessa. Le provocazioni messe in atto da Teheran nel Golfo di Oman e nel Golfo Persico nei confronti di navi e petroliere, spesso in qualche modo legate agli interessi di Israele, ma non solo, non possono essere sottovalutate da Washington, perché il loro significato è indubbio. Benché il Segretario di Stato americano Blinken abbia minacciato ritorsioni nei confronti dell’Iran per ciò che sta avvenendo nei due Golfi citati, Teheran sa che si tratta di affermazioni rituali: Washington, infatti, non intende aggravare la situazione nella regione, ma giungere al più presto alla conclusione delle trattative con il regime degli ayatollah. Israele non può che attendere l’esito dei negoziati tra Iran e Stati Uniti, ma, nello stesso tempo, quelli che lo vedono impegnato con Hamas. La situazione è, dunque, in bilico: gli Stati Uniti, nonostante la volontà espressa di districarsi dalla tela di ragno mediorientale, hanno responsabilità molto grandi nella stabilizzazione della regione. Washington ha il dovere di impedire a Teheran di mettere le mani sul Medio Oriente.
Antonio Donno