'Il treno', di Georges Simenon Un libro scritto sotto l'occupazione nazista
Testata:La Ragione Autore: la redazione della Ragione Titolo: «Leggere fa bene alla Ragione»
Riprendiamo dalla RAGIONE di oggi, 06/08/2021, a pag. 3, la recensione "Leggere fa bene alla Ragione".
La copertina (Adelphi ed.)
Una storia struggente e straziante, proprio per la sua apparente normalità. I travagli della storia e lo schermo dei grandi eventi che cambiano la vita degli Stati fanno da sfondo quasi sfocato rispetto ai travagli privati, ingigantiti sugli schermi della propria vita. La morte non uccide la vita, ma la vita non cancella la colpa. Quale che questa sia, quale che il lettore consideri prevalente o magari non la consideri neanche una colpa. Simenon aveva cominciato a scriverla nel 1940, quando ancora pulsava la realtà che descriveva, che considerava «una materia terribile e magnifica che mi fa un po' paura». Dovettero passare venti anni prima che la riprendesse in mano. Un tempo che gli ha consentito di trovare la giusta misura, restando il racconto terribile e magnifico. L'invasione tedesca avanza, la guerra incombe e la gente sfolla dall'Olanda, dal Belgio, dalla Francia più esposta. Fugge via. I treni sono presi d'assalto, le famiglie divise. Donne e bambini seduti, fino al possibile, gli uomini nei carri bestiame e merci. II protagonista ne prende uno con la moglie incinta al settimo mese e la loro bambina. Durante il viaggio lento e travagliato il treno viene più volte spezzato e finiscono in posti diversi. Rimasto temporaneamente solo si unisce alla fuga di una donna, ebrea. Fra loro nasce una relazione. Per la donna è un modo per sopravvivere, per lui un modo per provare, forse per la prima volta, a vivere. Quello è il dramma privato. Le truppe che avanzano, la guerra e l'invasione sono soltanto il rumore di fondo, la ragione che innesca il destino. Il dramma diventa quella sua storia, che scandisce il tempo della vita ritrovata e della morte annunciata. II resto, proprio perché causa di quella storia, non è neanche da considerarsi negativo. Solo la sorte che gli tocca. Un libro magistralmente concepito e ineccepibilmente scritto. Ciascun lettore deciderà se, in conclusione, il protagonista perde ancora l'occasione di vivere o, all'opposto, non se la lascia sfuggire e torna alla sua normalità. Ed è proprio sul finire che la storia grande riprende il sopravvento, segnando l'epilogo cui nessun treno consentirà di sfuggire.