Usciti il giorno dopo la sua morte, i due ultimi libri di Roberto Calasso, Bobi e Memè Scianca, prima che memoir, sono libri memorabili: il testamento intellettuale dell'editore italiano che più d'ogni altro, nel secolo breve, ha contrastato le ideologie novecentesche, devote ai totalitarismi. Mentre dei cataloghi a lungo considerati mainstream dalle università e dall'intellighenzia (Feltrinelli, Einaudi) non rimane più niente, o molto poco, giusto qualche titolo pubblicato per calcolo o per caso, il catalogo Adelphi non ha fatto concessioni alle demagogie culturali imperanti e ha conservato intatta la sua inattualità. Adelphi nasce nel 1965 dalle idee editoriali controcorrente di Calasso e Bobi Blazen, dal progetto di Giorgio Colli e Mazzino Montinari per un'«edizione critica di Nietzsche con più di tremila pagine inedite e un radicale sconvolgimento nell'impostazione» e dalle letture senza devozioni, sconfinate, dei redattori, Bazlen per primo: «Da ragazzino a Trieste, con la schiena appoggiata ai cuscini, Bazlen aveva letto tutto ciò che di significativo appariva. Nomi mai sentiti, forme nuove (erano i brevi anni delle avanguardie), continue sorprese. La sua prima lingua era il tedesco, poi l'italiano, l'inglese e il francese, con la massima familiarità. Che i libri del Jüngste Tag di Kurt Wolff fossero da conoscere era ovvietà - così arrivavano Kafka, Benn, Trakl, fra gli altri. Tutto ciò che la Nouvelle Revue Française segnalava veniva letto. In Italia la scena era tutt'altra. I più audaci (Debenedetti, Solmi) si spingevano fino a Proust o Radiguet.
Roberto Calasso
La Mitteleuropa rimaneva terra ignota. Fra i vicini, solo Svevo suscitava reazioni, a buon diritto. Ma, anche qui, era stato Bazlen a obbligare Montale a leggerlo e a scriverne». Calasso, da parte sua, aggiunse alla combinazione la sua passione per il mito e per la storia delle religioni, specie orientali, per René Guénon e gli esoterismi alti, per il Signor Bonaventura e per le Avventure di Saturnino Parandola, per Georges Simenon, per «i classici del giallo anglo-americano: Van Dine, Dickson Carr, Rex Stout, Edgar Wallace, Peter Cheney» e per il cinema (come testimonia il suo Allucinazioni americane, Adelphi 2021, dedicato a due film di Alfred Hitccock, La donna che visse due volte e La finestra sul cortile, opere classicamente voyeuriste). Mentre gli altri editori consacravano i propri cataloghi alle chimere del tempo presente, marxismo e derivazioni in testa, Adelphi esplorava le culture che il profondo, idolatrico e minaccioso irrazionalismo comunista bollava come «irrazionali» (e senza che a nessuno venisse da ridere). Nata tra i tumulti degli anni sessanta, Adelphi passò indenne attraverso le derive (e le aberrazioni) sessantottesche, quando «un gregge antigregge - come diceva Bazlen - «s'oppose al mondo prefabbricato con reazioni prefabbricate, nel nostro caso con una terminologia prefabbricata più pericolosa di quella della massa». Adelphi scoprì le opere di autori da noi sconosciuti oppure dannati dalla vulgata marxleninista (e mica soltanto Nietzsche, ma persino Leonardo Sciascia).
Di altri autori (Joseph Roth, Leo Perutz, Simone Weil, Faulkner, Lernet-Holenia, Sándor Márai, Landolfi) ravvivò il ricordo. Suscitò best seller dai cataloghi stranieri che l'edito- ria italiana dava per appestati. Dal genio di Alasso e dei suoi collaboratori e amici - di Luciano Foà, del «binomio Colli-Montinari» - sono nate collane fondamentali per la salute culturale (e mentale) d'un paese tenuto a lungo sotto scacco dal cattocomunismo: «La sapienza greca», «Ammalia», «Ethologica», «La biblioteca scientifica» e «La biblioteca orientale», le opere di Sergio Solmi, di Carlo Michelstaedter, di René Daumal, «Il ramo d'oro». Marchio snob, apparentemente votato soltanto all'altissima cultura, Adelphi ha pubblicato libri di Groucho Marx, tutte le avventure di James Bond-007 e tutte le inchieste del commissario Maigret, le classiche spy stories di Eric Ambler, e poi Raymond Chandler, i Cristalli sognanti di Theodore Sturgeon, le grandi inchieste giornalistiche ignorate dall'editoria senza più bussole dopo la débâcle del progressismo e del realismo socialista (gli articoli di Anna Politkovskaja, i reportage da India e Iran di V.S. Naipaul, e poi i titoli sull'11 settembre, sulle epidemie, sulla condizione della classe operaia in Cina, sul «post umanesimo», su virus ed epidemie, su Scientology, sulla Silicon Valley). Oltre che un eminente saggista, Calasso è stato anche l'impareggiabile autore di migliaia di risvolti di copertina, tutti perfetti e tutti più eloquenti di qualsiasi recensione (molti sono raccolti nel suo Cento lettere a uno sconosciuto, Adelphi 2003). Bobi e Memè Scianca sono in qualche modo il risvolto di copertina che illustra con un'impeccabile sintesi la storia d'una grande casa editrice e quella del suo editore. Bobi è il panegirico di Roberto Blazen, le cui vaste e labirintiche letture hanno suscitato il fenomeno Adelphi (marchio editoriale di statura planetaria) nel più improbabile dei paesi, l'Italia rococò degli Editori Riuniti e delle Edizione Mediterranee. Invece Memè Scianca, il nome con cui Calasso si firmava da bambino, è la storia della sua infanzia fiorentina, dell'attentato a Gentile e dell'arresto per rappresaglia di suo padre, dei topi nell'armadio, dell'«immensa farsa del fascio», di nonno Ernesto Codignola che fu filosofo e tra i fondatori delle edizioni La Nuova Italia, della prosa italiana «sotto la cappa di D'Annunzio, sontuosa per obbligo, spesso soffocante, iperlavorata senza necessità», di «Giustizia e libertà, partito degl'intellettuali» senza stabile dimora, delle divise impeccabili dei soldati americani mentre «sparano» cioccolatini e caramelle ai bambini che li raccolgono «in stato di beatitudine», dei ritratti che il pittore Leonid Pasternak (padre di Boris, il poeta) aveva fatto a sua madre Melisenda, dell'amica di famiglia «Frau Broch» che in un'altra vita forse «aveva avuto un figlio da Kafka» e che in un'altra vita ancora «fu arrestata e trasportata ad Auschwitz, dove mori». Non soltanto di tutta la grande cultura europea ma anche di tutte queste esperienze umane è fatta Adelphi.