Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/07/2021, a pag.15, con il titolo "A Hong Kong la prima condanna con la legge cinese" l'analisi di Cecilia Attanasio Ghezzi.
Tong Ying-kit
Tong Ying-kit, ex cameriere 24enne, è la prima persona ad essere arrestata e processata secondo la nuova legge sulla sicurezza nazionale, in vigore ad Hong Kong dal primo luglio 2020. È stato giudicato colpevole di terrorismo e incitamento alla secessione e rischia l'ergastolo, nonostante lui si professi completamente innocente per tutti e due i capi di accusa. Il processo è durato appena quindici giorni e il verdetto è avvenuto in assenza di giuria «per tutelare la sicurezza dei giurati visto il clima politico». Ma in una città che si vanta della sua dottrina giuridica di stampo anglosassone questo è un fatto più unico che raro. E il timore è che diventi la norma. I fatti contestati risalgono a un anno fa quando, a meno di 24 ore dall'entrata in vigore della nuova legge draconiana, il ragazzo si univa a una manifestazione di protesta.
Guidava una moto su cui aveva montato una bandiera che inneggiava alla liberazione di Hong Kong «la rivoluzione dei nostri tempi», una moto che non è riuscito a fermare quando tre poliziotti in tenuta antisommossa gli hanno intimato l'alt. Così è sbandato ed è caduto proprio di fronte a loro. Per l'accusa si è trattato di «una sfida deliberata all'ordine costituito», aggravata da uno slogan che «incita alla secessione». Quel giorno Hong Kong ribolliva come un calderone. La nuova legge puniva con anni di galera comportamenti fino ad allora considerati afferenti alla libertà di espressione. I partiti più indipendentisti si scioglievano, chi poteva espatriava e tutti cancellavano i propri profili social. «È la fine di Hong Kong e l'inizio del regno del terrore», aveva sintetizzato su Twitter il giovanissimo leader dei movimenti pro-democrazia Joshua Wong, ormai in galera. Eppure le strade si riempivano nuovamente per quella che sarebbe stata l'ultima oceanica manifestazione per Hong Kong. Una manifestazione non autorizzata. Da allora è passato poco più di un anno, e oltre cento arresti per attività secessioniste. E evidente che ormai la città ha perso il suo status speciale «un Paese, due sistemi».
Margaret Thatcher e Deng Xiaoping avevano promesso all'ex colonia britannica una mini-Costituzione che le garantisse libertà di espressione e giusti processi, un sistema pluripartitico ed elezioni a suffragio universale almeno fino al 2047. Ma negli ultimi anni questi diritti sono stati erosi e le contestazioni, soprattutto da parte di quei giovani che per motivi anagrafici non si sono mai sentiti cinesi, si sono fatte sempre più accese. Nel 2012 gli studenti hanno protestato contro la propaganda del Partito comunista nei libri di storia e nel 2014 il movimento degli ombrelli ha bloccato la città per 79 giorni per evitare che i candidati alle elezioni fossero soggetti all'approvazione di Pechino. Le piazze del 2019 hanno costretto il governo a ritirare una contestata legge sull'estradizione, ma poi è stata varata la legge sulla sicurezza nazionale. E così che Hong Kong si è trasformata in una metropoli cinese. Una delle tante.
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