La scienza aggredita dai populisti Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica Data: 25 luglio 2021 Pagina: 1 Autore: Maurizio Molinari Titolo: «La scienza aggredita dai populisti»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/07/2021, a pag. 1, con il titolo "La scienza aggredita dai populisti", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.
Maurizio Molinari
Una manifestazione contro l'obbligo vaccinale
La pandemia Covid 19 ha indebolito il populismo in Europa come in Nordamerica, dimostrando la necessità dello Stato per difendere la salute pubblica, ma ora il movimento No Vax fa percepire a questi leader e partiti basati sulla protesta anti-istituzionale l’occasione di un possibile riscatto. C’è infatti una coincidenza evidente fra populismo e rifiuto dei vaccini ovvero la carenza di fiducia nello Stato, nelle sue istituzioni e dunque anche nel sistema sanitario, in ultima istanza perfino nei dottori. Come le manifestazioni avvenute ieri in più città hanno dimostrato, l’Italia è al centro di questo confronto fra istituzioni e populismo in corso in Occidente: prima del Covid 19 aveva la percentuale più alta di elettori di partiti populisti — la somma di Cinquestelle e Lega nelle elezioni del marzo 2018 — e ora esprime uno dei più significativi movimenti No Vax in Europa.
Ad attestare in maniera scientifica la coincidenza fra il populismo e lo scetticismo sui vaccini è stato, nel 2019, uno studio dell’European Journal of Public Health documentando come in più nazioni «si tratta di fenomeni spinti da una dinamica simile, basata sulla profonda sfiducia nei confronti delle élite e degli esperti». Da allora tale tendenza è aumentata, fino all’indagine di Eurobarometro, secondo cui la sfiducia nei vaccini è in crescita fino a sfiorare la metà dei cittadini europei con i picchi più alti nei Paesi dove vi sono partiti anti-establishment particolarmente popolari: Italia, Francia e Grecia. L’opinione No Vax è priva di credibili basi scientifiche perché i vaccini — secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità — ogni anno salvano la vita ad almeno 2-3 milioni di persone senza contare quanto avvenuto proprio in Europa e Nordamerica dopo l’inizio della somministrazione dei vaccini anti Covid, che hanno ovunque abbattuto drasticamente il numero di decessi e ricoveri in terapia intensiva. Ma ciò che alimenta i No Vax — al pari del populismo — sono motivazioni diverse come il richiamo a false teorie: ad esempio quella di Andrew Wakefield che nel 1998 pubblicò su Lancet un articolo in cui collegava il vaccino MPR (contro morbillo, parotite e rosolia) all’autismo ma poi tale testo è stato ritirato e l’autore stesso espulso dal "medical register" britannico per aver agito «in maniera disonesta e irresponsabile». Il sociologo britannico Harry Collins definisce le teorie No Vax come "populismo tecnologico" perché indirizzano la sfiducia dei singoli nei confronti dell’esperienza scientifica e della competenza medica. L’estrema carta giocata dai No Vax per delegittimare il vaccino contro il Covid 19 è il diritto alla libertà di scelta sulla propria salute ma è una tesi discutibile perché c’è oramai consenso della comunità scientifica sul fatto che l’immunità di gregge si raggiunga quando un Paese ha il 95 per cento degli abitanti vaccinati. E dunque rifiutare il vaccino significa mettere a rischio la salute degli altri.
È interessante notare a tale riguardo che in Gran Bretagna, uno dei pochi avversari della proibizione di fumare in pubblico — largamente condivisa per proteggere la salute dei non fumatori — è Nigel Farage, l’ex leader dell’Ukip promotore della Brexit e volto di spicco del populismo britannico, secondo il quale si tratta di «un’interferenza del mega-Stato che vogliamo smantellare». Quest’idea dell’opposizione al vaccino come forma di "resistenza allo Stato" emerge anche da quanto sta avvenendo negli Stati Uniti: secondo un’inchiesta della Kaiser Family Foundation a fronte di un 55 per cento di adulti americani che hanno già preso il vaccino — o intendono farlo il prima possibile — c’è un 45 per cento diviso a metà fra chi lo rifiuta e chi «preferisce attendere e vedere cosa succede». E se andiamo a vedere come è composto questo 45 per cento di scettici vediamo che fra i No Vax prevalgono i repubblicani sostenitori dell’ex presidente Donald Trump mentre fra gli "attendisti" gli afroamericani, ovvero due componenti della società americana che per ragioni diverse non hanno fiducia nel governo federale. Nel tentativo di aggredire il movimento No Vax alle sue stesse radici il team di ricercatori sulla Digital Economy del Massachusetts Institute of Technology di Boston ha dialogato con 1,5 milioni di user di Facebook, dimostrando che illustrando i tassi di efficacia del vaccino si aumenta di «almeno il 5 per cento» il numero di chi sceglie di immunizzarsi. Da qui il suggerimento di tentare di avere quanto più possibile un dialogo diretto con chi esita davanti al vaccino perché assai spesso lo scetticismo si basa non sull’opposizione totale e ideologica alla scienza medica — che distingue i leader populisti a corto di ossigeno politico — quanto invece sulla convinzione personale che "a me non serve" o "io non ne ho bisogno" per le ragioni più disparate. Questo spiega perché Anthony Fauci, direttore dell’Istituto nazionale Usa contro le allergie e malattie infettive, sta lavorando assieme a un crescente numero di governatori e sindaci americani per poter raggiungere direttamente il numero più alto di cittadini — usando di tutto, dalle farmacie a Instagram — al fine di metterli a conoscenza dell’efficacia dei vaccini. Per battere il "populismo tecnologico" grazie alla forza della ragione.
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